NADAR SOLO

(NUOTARE DA SOLO)

di Ezequiel Acuña

(Argentina, 2003, 35mm, 102')

di Marco GROSOLI

Nient’affatto facile la leggerezza di questo film argentino. Davvero arduo riuscire a sospendere similmente il racconto in un’atmosfera di quotidiana incompiutezza. Lo spunto narrativo (la timidissima ricerca del fratello del protagonista Martin, andatosene di casa), piuttosto che la solita “traccia” minimale attorno a cui costruire il film, assume le sembianze come di un corpo estraneo che si infiltra tra un tessuto di allusioni, situazione ordinarie, false partenze della storia, eventi sapientemente casuali, denso e aereo al tempo stesso. La regia è sommessa fino all’umiltà, e di conseguenza riesce a fare pieno affidamento alla recitazione degli attori senza che ciò si avverta, senza che appaia come artificioso espediente espressivo. Soprattutto per quanto riguarda l’ottimo attore che interpreta Martin, Nicolas Matéo, che sfrutta una buona gamma di gestualità indecise, reticenti, opache. L’opacità è una valida chiave di lettura del film, confermata da un significativo e fuggevole istante del film in cui Luciana, una ragazza incontrata per caso da Martin che ne è subito visibilmente interessato, fotografa il protagonista con un fondo di bicchiere davanti all’obbiettivo della macchina fotografica. È l’opacita che pervade Nadar Solo a fare del fratello scomparso non un vuoto angoscioso che ci si sforza affannosamente di riempire, ma un senso di assenza soffuso, vaghissimo, dolce perfino, mai banale, che si fa strada insinuante tra i ripetitivi rituali del quotidiano (i superficiali incontri con i genitori, freddi e distanti, le prove con il gruppo rock, le incertezze scolastiche e così via). Acuña possiede il raro tocco capace di non far prendere a questo senso di assenza una forma definita, mantendolo come una sorta di lieve stonatura permanente.
 

21.11.2003