|
|||
![]() |
|||
Bel documentario, leccato (musica di Philiip Glass, tra l’altro) ma senza presunzioni estetizzanti. È sostanzialmente un’intervista all’ex segretario di stato americano McNamara, mescolata a materiali di repertorio, commenti visivi di vario genere, (poche) riprese del McNamara di oggi eccetera. Il monologo si stende su tutto il secolo: grande guerra, new deal, seconda guerra mondiale, vietnam… Inutile giudicare l’ex politico (pentito il giusto delle sue azioni e delle sue decisioni belliche e non, come insegnerebbe qualsiasi bignami taroccato delle pubbliche relazioni) da un punto di vista morale, come essere umano, perché semplicemente essere umano non lo è. Infatti, saggiamente, Morris si guarda bene dal giudicare alcunché. Piuttosto il senso della sua operazione è un altro; l’alternanza continua tra intervista diretta e materiali di repertorio risponde a un preciso atteggiamento formale.
Quest’alternanza affianca in modo
decisivo la pragmaticità oltranzista della ragion di stato (il
personaggio-McNamara nella sua impermeabile camaleonticità) e la
neutralità intrinseca delle immagini di repertorio che il regista si
limita a giustapporre fra loro senza farne una conferma né una
smentita delle affermazioni dell’ex segretario di stato, anzi senza
far loro prendere alcuna piega in direzione di alcun concetto
specifico. Ciò che dice il protagonista del documentario in tal modo
perde automaticamente affidabilità; non perché siano semplici “bugie”,
quanto perché viene formalmente equiparato al semplice affiancamento
di immagini che gli fa da controcampo, e che dunque appare come queste
impenetrabile, parziale, insufficiente, in qualche maniera muto. Viene
così raggiunta una salutare ambiguità, che ci ribadisce come un solo
punto di vista unitario sia immagine tra le immagini, e che dunque non
possa bastare a darci il quadro esauriente di un avvenimento o della
Storia. 21.11.2003
|
|||