STRUGGLE
(LOTTA)

di Ruth Mader
(Austria, 2003, 35mm, 74')

di Alberto CASINI


Tra i lungometraggi presentati quest’anno al Festival di Torino sembra esserci un sottile filo rosso che lega i film in concorso: quello delle terre di confine. Che siano le terre di mezzo del Sud-Italia, piuttosto che i paesaggi mentali del giapponese Hako, o le storie di formazione (confine tra età diverse) dei film Sudamericani fino alla provincia Coreana, rurale e desolata, teatro tragico di crimini ed indagini. Non sfugge a questo ideale tema di fondo del concorso Struggle; opera prima di Ruth Mader, giovane cineasta austriaca già al Festival di Cannes 2001 con il corto Null Defizit. Il confine questa volta è quello orientale dell’Unione Europea; linea labile ed indefinita, non solo per il futuro allargamento ad Est della UE nella logica contemporanea dell’economia globale. Due blocchi (per quanto se ne voglia dire), due sistemi socio-economici che si compenetrano continuamente fra di loro; vite di lavoratori semiclandestini o clandestini, schiacciati tra regole ferree, spiegate come in una pessima rappresentazione da avanspettacolo dal “caporale” di turno. Che siano campi di fragole, fabbriche, uffici, squallidi sottoscala, strade o macchine la lotta per la sopravvivenza fisica e mentale rimane uguale sia ad Est che ad Ovest. Due storie che si sviluppano verso e dalla metà esatta della pellicola (un altro confine), per poi incrociarsi sul finale. La lavoratrice dell’Est e l’agente immobiliare viennese uniranno le loro solitudini attraverso il sesso (anche se deviato): unico possibile incontro-scontro tra corpi ed identità.
Lo stile registico, secco e asciutto, può ricordare Canicola o il primo Haneke; ancora Austria, ancora confini.
 

05.12.2003