il commento di RICCARDO FASSONE |
Vince il pubblico quest’anno al Gay&Lesbian di
Torino. Un pubblico che affolla le serate che “contano”
(inaugurazione/chiusura, gli incontri con Waters, le anteprime) e appare
curioso di fronte alle proposte meno convenzionali del festival, che vede
premiata con buoni dati di affluenza l’attenzione particolare rivolta al
documentario in questa edizione. Non è un’eresia pensare di aver visto cose
migliori tra i documentari (quasi tutti autoprodotti e decisamente
low-budget) che nella più “ricca” sezione di concorso dedicata alla fiction.
Belli, ad esempio, due documentari molto diversi tra loro, ma certamente
convergenti nella voglia entusiasta di raccontare. Il primo, THAT MAN: PETER
BERLIN è il ritratto tutt’altro che agiografico dell’icona porno-gay Peter
Berlin, aitante ragazzone tedesco divorato dal culto della (propria)
immagine che racconta l’epoca d’oro del porno gay e il ciclone AIDS. Il
secondo, bello davvero eppure ignorato dalla giuria, è THE GAY REPUBLICANS,
attualissimo, ironico, intelligente ritratto della sezione gay del partito
repubblicano americano; una riflessione sulla percezione della propria
identità (politica, sociale, sessuale) e uno sguardo su percorsi di vita
individuali che sorprende per acume e lucidità. Chi vince davvero è TROPICAL
MALADY, premiato come miglior lungometraggio e con il premio della giuria.
Il film di Apichatpong Weerasethakul, coproduzione allargata che vede la
partecipazione anche di Raicinema e della bolognese Downtown di Marco Muller,
è un melodramma a tematica omosessuale, diviso tra romanticismo e
simbolismo, tra fiaba silvestre e melò orientale. Costruito su tempistiche
dilatate, su un senso fortissimo e straniante di disgiunzione narrativa, il
film è in effetti interessante, forse la cosa migliore vista in un concorso
che non ha regalato enormi sorprese se si eccettua quella, negativa, di
COLOR BLOSSOM, nuovo, scadentissimo, film dell’hongkongese (ex aiuto e ora
pupillo prediletto di Fruit Chan) Yonfan. |