ET RIGTIG MENNESKE (Dogma)
di Ake Sandgren

Ecco un altro adepto di questa setta geniale e misteriosa che è Dogma. Già essendo danese il nostro Ake Sandgren parte bene e si può dire che "gioca in casa". Ma con questo lungometraggio in concorso forse va oltre le regole, o almeno non ne rimane ingabbiato, e riesce a modellarle intorno ad una sceneggiatura che non scende a compromessi, che non deve essere mutilata, ma al limite integrata durante le riprese che seguono strettamente l'ordine cronologico della narrazione. Il regista ci tiene a sottolineare che proprio il Dogma può essere una forma di grande libertà: la prima regola stabilisce che la sceneggiatura sarà girato interamente ed il prodotto finito ricalcherà fedelmente le indicazione del testo. In breve questo significa che i produttori non ci possono mettere le mani ed influenzare il film. E poi ci si trova a girare con una piccola troupe di "fedelissimi" molto più facile da gestire e più affiatata in nome di un credo comune, quello del Dogma, appunto (e non a caso i titoli di testa mostrano il documento firmato d'adesione al Dogma). Il Dogma è libertà, spiega Sandgren, anche perché è molto più facile star dentro a dei paletti ben definiti piuttosto che misurarsi con un mare di possibilità in cui si finisce per affogare. Come sappiamo il Dogma annulla gli abbellimenti fittizi per dare più peso alla storia, alla recitazione e all'emozione che possono suscitare negli spettatori, con coraggio, senza nascondere le perversità, l'infelicità, l'incomunicabilità dell'essere umano. Il titolo danese significa "veramente umano" ed è la storia di un ragazzo danese (soprannominato Ahmed) che vive in un muro, ma che poi è costretto ad uscire, affrontare la società e diventare veramente "uomo fra gli uomini". Questo contrasto mette in evidenza le bassezze degli uomini veri, il loro accanirsi contro i deboli e gli innocenti, che siano essi malati o troppo ingenui, per non dire "buoni".
Questa storia surreale ci regala delle immagini che sono insieme sogno e incubo, visione rarefatta, come miraggio, lo sguardo "dell'altro", il non-umano. Ed allora il film diventa anche una metafora sull'esclusione, l'emarginazione, per esempio degli immigrati (non a caso il ragazzo verrà accolto in una comunità), o di quei "malati" mentali che semplicemente non riescono a tenere il ritmo assurdo della realtà. Il ragazzo è totalmente digiuno delle dinamiche sociali, si muove e parla come un bambino, risponde sfoderando un magnifico sorriso indifeso; ma anche i bambini hanno una logica, sicuramente molto più istintiva e diretta, del genere (ho voglia di giocare quindi gioco, ho voglia di carezze quindi abbraccio qualcuno). Con questo tipo di logica Ahmed va contro le regole della società, calpesta (involontariamente) le convenzioni e dimostra quanto siano ridicole ed
insensate. E non si può fare a meno di affezionarsi a lui. Accanto a questa vicenda, che ha la struttura narrativa di una fiaba, si dipana una storia molto più reale ed in un certo senso più vicina alle tematiche trattate dal Dogma: il dolore di due genitori per la perdita della figlia ed il conseguente degeneramento dei rapporti famigliari. Da qui il problema, molto sentito nei paesi occidentali, di conciliare carriera e famiglia, con spesso il sacrificio della seconda. A livello sociale ET RIGTIG MENNESKE mostra anche la psicosi collettiva della pedofilia che ha messo in crisi i danesi (e non solo) scatenando una violenza cieca, alimentata dal terrore.
Si tratta insomma di un film molto interessante, tanto più se consideriamo che Sandgren è riuscito a raccontare una storia fantastica dentro il recinto fortemente realistico del Dogma, rimanendo abbastanza credibile. Il Dogma dà buoni frutti, film veritieri e coraggiosi, scioccanti, ma anche
trasognati (a quanto pare). C'è solo una cosa che non mi convince: il Dogma può essere paragonato alla Nouvelle Vague o al cinema indipendente americano (come quello di Cassaventes), dal momento che propone una rottura rispetto ai film commerciali e "ben confezionati", troppo patinati. Ma questa scelta antiestetica non diventerà paradossalmente un marchio di fabbrica ovvero un'altra forma d'estetica?


Voto:

Elena SAN PIETRO
16 - 11 - 01