
BENZINA è opera che appartiene ad una categoria diversa, quasi
anomala rispetto alla produzione media italiana, poiché tenta la
strada di un rischioso e coraggioso incontro tra testo - è tratto
dall'omonimo libro di Elena Stancanelli, edito da Einaudi - e sperimentazione
visiva.
Una storia di amore omosessuale al femminile, che alterna fasi oniriche
e dettagli realistici legati all'omicidio iniziale, viene sviluppata all'interno
di un road movie dichiaratamente lynchiano [CUORE SELVAGGIO è il
riferimento più vicino], con ampi riferimenti anche a THELMA &
LOUISE, in particolar modo nell'idea della sfida totale all'universo maschile,
qui rappresentato dalla coppia di ragazzi che insegue le protagoniste
durante tutta la pellicola, a segnare il controcanto tragico ad un'idea
di liberazione difficile da vivere, ma che si intende portare fino alle
sue conseguenze estreme.
Quello che colpisce è l'ostinata volontà della regista di
organizzare un apparato visivo ricco e articolato, che attinge al cinema
del regista di TWIN PEAKS, come nella costante presenza del fuoco, vero
e proprio elemento di accensione del racconto, utilizzato per segnarne
raccordi, punti di svolta e conclusione. La stessa scelta, peraltro già
presente nel testo, di ambientare la storia in luoghi deputati al passaggio
[le stazioni di servizio, gli autogrill], o in "non-luoghi"
[un cinema lungo la strada, la discarica, il rave party] è riflesso
spaziale di un mondo che sembra non poter ospitare le due protagoniste,
senza che, prima o poi, queste debbano - forzatamente o per scelta - fuggire.
Ma a ben guardare ciò che permette a BENZINA di elevarsi rispetto
ad una media produttiva che spesso privilegia un'ottima storia al suo
essere strettamente cinematografica, è l'elaborazione di una fonte
letteraria, in cui - in una sorta di cortocircuito tra forme d'espressione
- è proprio la matrice visuale ad emergere. Se è vero infatti
che la generazione dei "cannibali" è stata in grado di
segnare una svolta non esclusivamente teorica, molto si deve senz'altro
alle nuove tematiche ma è proprio lo stile ad mostrarsi con forza:
uno stile legato a doppio filo alle visioni cinematografiche che hanno
influenzato i suoi autori. Ecco allora che l'ulteriore elaborazione registica
della Stambrini è all'origine di una ricerca visuale per così
dire "di secondo grado", i cui riflessi sullo schermo, pur con
qualche discontinuità, sono momenti di cinema puro, lontano - come
dicevamo - da una prassi fatta di dialoghi e immagini vuote.
Voto: 29/30
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