VENEZIA 2000 : QUALI "NOVITA'"?
di Gabriele Francioni e Andrea De Candido

A Roma, presentando il suo lavoro, Alberto Barbera ha detto che il compito di un grande festival, come quello che dovrà essere l'edizione 2000 della Mostra di Venezia, è di offrire un panorama della produzione cinematografica mondiale quanto più possibile completo.
Ora, la speranza è che molte delle opere figlie di tale produzione effettivamente approdate in Laguna (alcune di certo non erano pronte, ma altri hanno rifiutato di esserci, come, purtroppo, KATHRYN BIGELOW e il suo attesissimo "The weight of water" ) possano passare alla storia (anche solo alla storia di questo festival) più di quanto accaduto a film come NON UNO DI MENO di Zhang Yimou o COSI' RIDEVANO di Amelio; il primo premiato come si celebra comunque una "sicurezza" (vedi anche quanto accaduto a Cannes con L'ETERNITA' E UN GIORNO), e il secondo nonostante le accuse di spinte "politiche " in favore di una rinascita un po' "pilotata" del nostro cinema. Entrambi, comunque sia, sono stati pressoché ignorati dal pubblico dopo la presentazione veneziana: è questo l'aspetto che dovrebbe far meditare maggiormente, laddove, ad esempio, Cannes ha prodotto-negli ultimi dieci anni - diversi successi mondiali o addirittura opere diventate veri e propri "cult", che hanno indicato la strada del rinnovamento (PULP FICTION, BARTON FINK, UNDERGROUND). Può servire, a questo proposito, dare un'occhiata ai film premiati con la Palma d'oro a Cannes (che ci vengono tutti, o quasi, in mente) e tentare di ricordare quelli che hanno conquistato il Leone d'oro nello stesso periodo (operazione assai ardua…):

1990: WILD AT HEART, David Lynch (presidente di giuria : B. BERTOLUCCI)
1991: BARTON FINK, Ethan Coen ( " " " : R.POLANSKI)
1992: CON LE MIGLIORI INTENZIONI, Billie August ( " " " : G.DEPARDIEU)
1993: LEZIONI DI PIANO, JANE Campion ( " " " : L.MALLE)
1994: PULP FICTION, QUENTIN Tarantino ( " " " : C.EASTWOOD)
1995: UNDERGROUND, Emir Kusturica ( " " " : J.MOREAU)
1996: SEGRETI E BUGIE, Mike Leigh ( " " " : F.F.COPPOLA)
1997: L'ANGUILLA, Shohei Imamura e IL SAPORE DELLA CILIEGIA, Abbas Kiarostami ( " " " : I.ADJANI)
1998: L'ETERNITA' E UN GIORNO, Theo Anghelopulos (" " " : M.SCORSESE)
1999: ROSETTA, fratelli Dardenne ( " " " : D.CRONENBERG)
2000: DANCING IN THE DARK, L. V. Trier ( " " " : L.BESSON)

1992: LA STORIA DI QJU JU, Zhang Yimou
1993: ?
1994: VIVE L'AMOUR!, Tsai Ming-Liang
1995: ?
1996: MICHAEL COLLINS, Neil Jordan
1997: HANA BI, Takeshi Kitano
1998: COSI' RIDEVANO, Gianni Amelio
1999: NON UNO DI MENO, Zhang Yimou

Ben otto degli undici film premiati a Cannes sono veri e propri capolavori o, perlomeno, pellicole che hanno fatto lungamente discutere per innegabili elementi d'innovazione (quelli segnati in maiuscolo) .Senza contare che sono stati quasi tutti grossi successi al botteghino…
Che dire di quelle veneziane?
Zhang Yimou lo si sarebbe dovuto premiare per LANTERNE ROSSE (1991), e non per i due presenti in lista; con tutta la buona volontà, Tsai Ming-Liang non poteva essere "trainato" al punto da ottenere chissà quale visibilità, mentre, al contrario, un MICHAEL COLLINS aveva già le spalle coperte a livello promozionale, perdipiù considerando la presenza, quell'anno, di THE FUNERAL di Ferrara…. ; apprezzabile la scelta di Kitano; assolutamente fuori luogo Amelio, nell'anno di Kusturica (GATTO NERO GATTO BIANCO).
Scelte, quindi, schizofreniche e prive di un'impronta chiara data dalla Mostra come istituzione dotata di tradizione. Da considerare, a questo proposito, ma non a discolpa delle scelte operate, il tourbillon dei direttori succedutisi alla guida della manifestazione.
Anche questo, infatti, è un aspetto dello stesso problema, perché denota come ognuno di essi abbia lasciato un'impronta, ma anche che ciò non si è tradotto in una serie di scelte equilibrate e adatte alla buona riuscita dei festival (si veda a proposito l'intervista a MARCO MULLER, quasi un "manuale per i neo-direttori di mostra" !!!).
Cosa sarebbe bello aspettarsi allora dalla nuova edizione della mostra? Esiste un giusto equilibrio tra "autorialità", visibilità (intesa sia in quanto distribuzione che come effettiva possibilità di "sostenere" la visione di un film) e innovazione? E' preferibile augurarsi l'epifania di un altro HANA-BI, ovvero di un'altra pellicola senz'altro poco vista ma quantomeno in grado di farsi portatore di un linguaggio e di uno stile narrativo senza dubbio innovativi, senza per questo cestinare alcune direttive del cinema di genere (Kitano sarà a Venezia con BROTHER, un'altra yakuza-story, per la quale ha però richiesto il fuori-concorso)? O meglio sarebbe augurarsi che tra i 91 lungometraggi selezionati si nasconda il nuovo PULP FICTION (e non certo nel senso dell'ennesimo clone spurio) capace di rimescolare l'esistente cavandone l'inedito, oppure un altro UNDERGROUND (anche qui ben oltre il senso della moda gitana lanciata dal suo autore), cioè l'epica senza l'enfasi, la retorica ma con maestria di stile?
Non ci sono risposte sicure, altrimenti il cinema avrebbe finito di evolversi. E' certo che il rischio che continua a corrersi è quello di una produzione a volte di sicuro interesse, ma dal respiro che spesso si limita a collimare con quello del suo autore. Nulla contro gli autori, sia chiaro, ma chi è o è stato veramente grande ha sempre saputo, oltre ad inventarsi un cinema assolutamente personale, parlare, magari a più livelli, con ogni tipo di pubblico. Raccontare delle storie, in primo luogo e come livello base; poi, detto banalmente, "condirle" di significati sotterranei e di uno STILE in grado di significare più dei semplici fatti.
Ecco cosa spera KINEMATRIX: che emerga qualcuno capace di parlare, senza per questo blaterare, ad un pubblico il più vasto possibile, senza che ciò significhi per forza cedere le armi alle regole del mercato o alla tristezza di uno stile asfittico. Un discorso, questo, che giocoforza investe anche il cinema italiano, della cui crisi tanto si dibatte, e così massicciamente presente al Lido. Gli anni passati, oltre al già citato Amelio, si è vista l'Italia, ma chi ricorda, se non per sforzo di memoria, alcuni titoli? Cosa hanno lasciato nella storia del cinema di casa nostra? E sono tanti i casi che potremmo citare.
Questa volta Barbera ha scelto 9 opere nostrane, di cui ben 4 in concorso: qualcosa che sembra avere dell'incredibile date le premesse. Come? Un cinema dato per morto ha pronte tutte insieme 4 pellicole degne di un concorso di livello mondiale? Può darsi. Ciò che lascia più perplessi è che il direttore si sia detto certo dell'importanza del ritorno in concorso dei due filoni forti del cinema italiano, ovvero la commedia (LA LINGUA DEL SANTO di Mazzacurati e, in parte, DENTI di Salvatores) e il genere storico-politico (Guido Chiesa con IL PARTIGIANO JOHNNY e I CENTO PASSI di Giordana). Si tratterà senza dubbio di ottime pellicole e, senza pretese, sulla carta il nostro favore va al lavoro di Salvatores, già capace con NIRVANA di tentare strade alternative.
D'altronde è stato proprio un innovatore come Bernardo Bertolucci ad avanzare, nei giorni scorsi, alcune perplessità relative proprio all'ennesima (poco auspicabile) riproposizione del classico binomio storia-commedia. Il fatto che si tratti ancora dei generi tipicamente italiani dovrebbe quantomeno preoccupare: è possibile che non vi siano autori che provino a scartare rispetto alla tradizione del nostro cinema, che dimentichino gli avi neorealisti e i nonni con la faccia di Alberto Sordi? Non lo sappiamo, non conosciamo i meccanismi che stanno alla base di una selezione così complessa: ci chiediamo a questo punto se sia preferibile credere ad una certa "timidezza" da parte dei selezionatori piuttosto che ad un'effettiva mancanza di giovani forze scardinatrici. Se, pur con le migliori aspettative e nonostante la lunga attesa, un'opera come SUD SIDE STORI della Torre si annuncia "carino", un film come ALMOST BLUE di Alex Infascelli, tanto per fare un esempio, avrebbe potuto rappresentare per qual che se ne sa l'indizio di qualcosa di diverso e in ogni caso legittimato ad apparire come un elemento di quel panorama che si vuole riprodurre. Non è forse il caso, almeno per il 2001, di andare a scovare nuovi talenti all'interno dei concorsi minori sparsi per l'Italia durante tutto l'anno e di riproporli a Venezia? Magari si troverebbe un nuovo Alessandro Piva (LA CAPAGIRA) o, quantomeno, altri "isolati", che non hanno mai potuto contare sulla "protezione" garantita dall'ambiente romano ai suoi prodotti.
Viene anche il sospetto, dopo un'edizione a dir poco "morettiana" (Zanasi - Di Majo - Maderna erano stati tutti premiati al Sacher Festival…..) che effettivamente, come ha ipotizzato "L'Espresso", questa volta la presenza "torinese" al festival sia, perlomeno, un po' sospetta : ma, ancora, può valere una considerazione di M. Muller relativa alla "generosità" di Alberto Barbera nell'organizzare le selezioni degli ultimi due anni.
Che ci voglia, eventualmente, una voce fuori dal coro o un "tecnico" straniero?
Rimandiamo il tutto alle pagine di KMX successive alla Mostra del cinema, dove troverà spazio il primo di una serie di FORUM, che la Redazione ha intenzione di proporre per discutere, ancor più che di "come organizzare una mostra", di "COSA FARE PER IL CINEMA ITALIANO" (vedasi, sempre su KMX, il nostro intervento apparso l'anno scorso su "CIAK" ).
Alcune idee le abbiamo già (ruolo delle istituzioni nella formazione scolastica, dal liceo all'università, tale da favorire il cinema; modifica dei criteri di assegnazione dei finanziamenti statali o revisione del concetto di "interesse nazionale" (…..); creazione di - almeno - un duopolio di grandi produttori privati, etc ), ma ci riserviamo di verificare, prima, le proposte che ci verranno dai GIOVANI CHE INTERVISTEREMO A VENEZIA per conto di un noto portale nazionale e, ovviamente, anche per conto di KINEMATRIX.
Seguiteci e, volendo, vi farete un'idea d'insieme più completa del problema.