SEOM - THE ISLE
di Kim Ki-Duk
recensione di
Andrea DE CANDIDO
Per amore si può giungere a fare di tutto, anche ingoiare un mazzetto
di ami da pesca con tanto di filo, e poi scegliere di tirarli fuori, con
le orribili conseguenze del caso. Così la pensa il regista sudcoreano
Kim Ki-Dum, responsabile anche della sceneggiatura di Seom - The Isle,
presentato in concorso.
L'ex poliziotto Hyun-Shik ha ucciso per gelosia e sceglie l'isolamento;
conosce però Hee-Jin che vive, prostituendosi, tra i pescatori.
Si incontrano in un non-luogo (perché lontano dalla società,
e dalle sue convenzioni) fatto di casette galleggianti avvolte dalla foschia.
I due rappresentano altrettante incarnazioni estreme del sentimento amoroso.
Estreme come i lavori che giungono ai festival (e raramente nelle sale)
dalla Corea del Sud, un paese in cui si produce molto cinema d'azione
ma anche opere di più problematica interpretazione per le platee
d'Occidente. Il confine tra ciò che ha dignità drammaturgica
e il ridicolo laggiù ha infatti coordinate ben diverse dalle nostre,
anche in ragione di un significato altro attribuito al rapporto (e, di
nuovo, al confine) tra carnalità e supplizio, tra estasi dei sensi
e torture fisiche. La memoria corre soprattutto a Lies di Jang Sun Woo,
visto sempre a Venezia ma un anno fa. Anche in quella occasione si parlò
soprattutto dell'eccessivo ricorso a scene crude, della loro inutile reiterazione
e del comico involontario di molte situazioni (specie quanto i due amanti
sado-maso, lui anziano lei minorenne, se le davano di brutto). Oggi, invece,
la prima impressione è di un'esplicita ricerca del disgusto, in
modo da creare "il caso". Ma poi è d'obbligo domandarsi
fino a dove sia lecito adottare parametri di giudizio come i nostri di
ritmo, ribrezzo, noia o provocazione. Come fare, altrimenti, a tentare
un'analisi che non si limiti a fare di film come The Isle puri casi extracinematografici?
(La pellicola di Kim Ki-Dum è divenuta infatti celebre solo in
ragione dei malesseri fisici che ha provocato, in sala, ad alcuni spettatori
veneziani.)
IL VOTO DI KINEMATRIX: 24/30
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