SADE
di Benoît Jacquot
recensione di
Francesca MANFRONI
Apollinaire ha definito Donatien Alphonse François de Sade, passato alla
storia semplicemente come il marchese de Sade, "l'uomo più libero che
sia mai esistito". Ed è un'affermazione paradossale se si pensa che almeno
30 dei 74 anni di vita del "divin marchese" sono stati consumati tra prigioni
e manicomi. Ma quella a cui si riferisce Apollinaire è prima di tutto
una libertà interiore, la libertà dagli schemi che tutto il settecento,
età dei lumi, cercò poi di raggiungere a vari livelli e in tutti i campi.
Attraverso lo spaccato di vita di un personaggio così trasgressivo e discusso,
Benoît Jacquot ci descrive un'epoca, quella della Francia post-rivoluzionaria,
e nello stesso tempo ci racconta una filosofia che incarna nella figura
di de Sade l'estremo trionfo del materialismo illuminista settecentesco;
ed insieme la sua fine, nell'urto profondo di tutta l'opera dissacratoria
di de Sade con i valori della ragione illuministica e nel rapporto tra
natura e distruzione, violenza ed istituzioni.
E' il 1794 e Sade (Daniel Auteuil), imprigionato a Saint-Lazare perché
nobile, viene trasferito nella clinica di Picpus, grazie all'aiuto della
sua fedele amante Marie Costance Quesnet (Marianne Denicourt), la quale
ottiene favori per lui, concedendosi al giacobino Fournier (Grégoire Colin),
braccio destro di Robespierre. Siamo nell'epoca del Terrore e Picpus è
una falsa casa di cura dove si rifugiano gli aristocratici abbienti per
scampare alla ghigliottina, in cambio di denaro. Qui Sade ritorna alla
vita, attraverso la riscoperta dei piaceri e della scrittura, riuscendo
a stravolgere la sua condizione di emarginato, dovuta alla fama di libertino,
in quella di trascinatore. Al suo fascino non è indifferente la giovane
e bella Emilie da Lancris (Isild Le Besco), che viene introdotta nel mondo
della sensualità sotto la guida esperta di Sade, umanizzato e addolcito
dal tempo e dalla sofferenza. E così, nell'eterna dicotomia di buoni e
cattivi, da una parte c'è Sade, il dissacratore ateo e perverso, e dall'altra
Emilie, innocente ed ingenua, mentre sullo sfondo trionfa Roberbierre,
il liberatore. Ma tutto viene continuamente stravolto dagli eventi e alla
fine Robespierre diventa un freddo e logico tiranno, mentre Emilie viene
"salvata" da Sade, che si trasforma nel distruttore di ogni catena contro
la liberazione dell'individuo.
Intensa opera di equilibrio nelle forme e nei contenuti, questo film riesce
a trasmettere il senso degli orrori assoluti, mettendo a nudo tutte le
contraddizioni dell'uomo e di un epoca che più di ogni altra le rappresenta.
Nell'uso frequente dei primi piani Jacquot si concentra sulla natura umana
che si materializza in storia e, senza eccedere nella violenza, sintetizza
nelle pulsioni e nelle parole di un solo personaggio quelli che sono i
desideri e le paure di un'umanità stravolta dall'incertezza.
IL VOTO DI KINEMATRIX: 28/30
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