Massimo Bontempelli è uno scrittore tra meno frequentati anche
dai lettori italiani, spesso perfino sconosciuto. A portarlo sullo schermo
ci ha pensato il cileno trapiantato in Francia Raul Ruiz, i cui trascorsi
cinematografici lo rendevano, sulla carta, forse il più adatto
a tentare una riduzione filmica di quello stile particolarissimo noto
come "realismo magico". Ruiz - in lungometraggi come Le tre
corone del marinaio (1982), o i recenti Tre vite e una sola morte (1996)
e Genealogia di un crimine (1997) - ha sempre cercato di oltrepassare
l'aspetto piattamente descrittivo alla ricerca di qualcosa, a volte di
inquietante, nascosto oltre la superficie delle cose. Un'operazione sempre
rischiosa - e a volte infatti non riuscita - che si ripete anche in Fils
de deux mères, ou comedie de l'innocence dove, già al livello
del titolo, ricompare un numero superiore all'unità, a suggerire
una possibile partizione della realtà in gioco. Due sono infatti
le madri del piccolo Camille: oltre a quella naturale, un giorno egli
afferma di averne un'altra, che in effetti dimostra di conoscere bene
e di frequentare con regolarità. Teatro dell'esplorazione ruiziana
di mondi paralleli diviene allora il rapporto madre/figlio, dove la prima
è troppo impegnata per curarsi del piccolo che, a modo suo, trova
il sistema di vendicarsi. |