elena san pietro





Mi auguro tante cose per il cinema che verrà, sicuramente troppe, ma ho deciso di non porre limiti alle mie richieste come nelle letterine che scrivo a Babbo Natale. E poi credo che sarebbe doveroso dare un po' d'ossigeno ad un'arte così magica e potente come il cinema, rendere onore a questo mezzo meraviglioso che Baudelaire chiamava "il lucernaio dell'infinito".
Negli ultimi decenni ho visto proliferare una quantità terrificante d'aborti cinematografici che sono un insulto al cinema e che fanno rigirare i cineasti del passato nelle tombe. Giuro che mi piange il cuore pensando a tutti i soldi che vengono sprecati in opere del genere. Non vorrei tenere un comizio, anche perché non sarei in grado, ma credo che la nostra società non esprima nè inventi più niente di nuovo e significativo. Siamo impigriti, omologati, ingrassati, annoiati ed instupiditi da una televisione aberrante. Non si ha più voglia di pensare, di porsi delle domande, di provare emozioni forti ed autentiche, di rischiare, di sognare; la superficialità e la mediocrità dilagano con successo.
Perciò io chiedo al cinema del futuro di svincolarsi almeno un po' dalla logica del commercio, da ciò "che vende", da quel sesso profondamente antierotico e dalla violenza palese che piacciono tanto al pubblico. Un po' di mistero! Recuperiamo la suspence, la raffinatezza, quel mostrare e non mostrare che è un elemento costitutivo del cinema fatto bene. Vorrei che i registi la piantassero di cercare di stupire a tutti i costi puntando tutto sulla potenza dell'immagine, sugli effetti speciali sulla tecnica portata al parossismo.
Il cinema, in generale, ha perso il piacere di raccontare una bella storia, una storia densa di significati. Non occorre a tutti i costi provocare per stupire e se proprio si vuole provocare lo spettatore bisogna lanciargli delle bombe cinematografiche che siano in grado di sioccarlo nel profondo e non solo nella retina, che lo costringano a riflettere o, perlomeno, a scappare in lacrime. Vorrei che proliferassero film aggressivi, a cui non si possa restare indifferenti: o li ami o li odi. Perchè il cinema possa essere un rifugio dall' idiozia dilagante e dalla vita automatizzata che beviamo col contagocce, che sia gelido come la nostra incapacità d' amare e comunicare o passionale senza paura di essere kitsch e far rivivere il melodramma. D'altronde Kundera sosteneva che il kitsch è una delle componenti fondamentali dell'animo umano, non possiamo farne a meno senza tradire la nostra vera natura.
Ma allora, se proprio dobbiamo farlo, facciamolo alla maniera di Almodovar! Basta con questo livellamento, con questa morigeratezza di sentimenti, col buonismo o con la falsa provocazione autocompiacente! Resuscitiamo il gusto per la semplicità, perdio, un po' di sana modestia! Basta con l'intelletualismo e l'impotenza di fronte agli spettri del passato: i grandi registi del passato erano dei pazzi scatenati che non avevano paura di lasciare la loro impronta. E che amavano ogni singolo film come la creatura di un parto tormentato che piaceva innanzitutto a loro e che non doveva, necessariamente, piacere al pubblico. Erano film che costruivano senso attraverso ogni inquadratura, film curati ed amati in ogni dettaglio che più della forma ricercavano l'espressione, l'intenzionalità. E poi c'erano grandi storie che scavavano nei buchi neri dell' inconscio, che sapevano parlare anche attraverso il linguaggio dei sogni. Via libera, allora, al Lynch vecchio e nuovo ed ai registi di Dogma '95 con la speranza che si lascino un po' andare: le regole sono fatte per essere infrante. Infine vorrei un cinema comico che faccia sorridere e non solo ridere sguaiatamente a ripetizione, che non funzioni solo grazie agli sketch di grandi teatranti, ma anche attraverso una regia intelligente.
Riprendendo la celebre immagine di Bunuel in UN CHIEN ANDALOU auguro al cinema del 2001 di arrivare a tagliare in due l'occhio dello spettatore per scuoterlo dal suo torpore, ammutolirlo e fargli andare di traverso i pop-corns!





kinematrix per il 2001
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