Mi auguro
tante cose per il cinema che verrà, sicuramente troppe, ma ho
deciso di non porre limiti alle mie richieste come nelle letterine
che scrivo a Babbo Natale. E poi credo che sarebbe doveroso dare
un po' d'ossigeno ad un'arte così magica e potente come il cinema,
rendere onore a questo mezzo meraviglioso che Baudelaire chiamava
"il lucernaio dell'infinito".
Negli ultimi decenni ho visto proliferare una quantità terrificante
d'aborti cinematografici che sono un insulto al cinema e che fanno
rigirare i cineasti del passato nelle tombe. Giuro che mi piange
il cuore pensando a tutti i soldi che vengono sprecati in opere
del genere. Non vorrei tenere un comizio, anche perché non sarei
in grado, ma credo che la nostra società non esprima nè inventi
più niente di nuovo e significativo. Siamo impigriti, omologati,
ingrassati, annoiati ed instupiditi da una televisione aberrante.
Non si ha più voglia di pensare, di porsi delle domande, di provare
emozioni forti ed autentiche, di rischiare, di sognare; la superficialità
e la mediocrità dilagano con successo.
Perciò io chiedo al cinema del futuro di svincolarsi almeno un
po' dalla logica del commercio, da ciò "che vende", da quel sesso
profondamente antierotico e dalla violenza palese che piacciono
tanto al pubblico. Un po' di mistero! Recuperiamo la suspence,
la raffinatezza, quel mostrare e non mostrare che è un elemento
costitutivo del cinema fatto bene. Vorrei che i registi la piantassero
di cercare di stupire a tutti i costi puntando tutto sulla potenza
dell'immagine, sugli effetti speciali sulla tecnica portata al
parossismo.
Il cinema, in generale, ha perso il piacere di raccontare una
bella storia, una storia densa di significati. Non occorre a tutti
i costi provocare per stupire e se proprio si vuole provocare
lo spettatore bisogna lanciargli delle bombe cinematografiche
che siano in grado di sioccarlo nel profondo e non solo nella
retina, che lo costringano a riflettere o, perlomeno, a scappare
in lacrime. Vorrei che proliferassero film aggressivi, a cui non
si possa restare indifferenti: o li ami o li odi. Perchè il cinema
possa essere un rifugio dall' idiozia dilagante e dalla vita automatizzata
che beviamo col contagocce, che sia gelido come la nostra incapacità
d' amare e comunicare o passionale senza paura di essere kitsch
e far rivivere il melodramma. D'altronde Kundera sosteneva che
il kitsch è una delle componenti fondamentali dell'animo umano,
non possiamo farne a meno senza tradire la nostra vera natura.
Ma allora, se proprio dobbiamo farlo, facciamolo alla maniera
di Almodovar! Basta con questo livellamento, con questa morigeratezza
di sentimenti, col buonismo o con la falsa provocazione autocompiacente!
Resuscitiamo il gusto per la semplicità, perdio, un po' di sana
modestia! Basta con l'intelletualismo e l'impotenza di fronte
agli spettri del passato: i grandi registi del passato erano dei
pazzi scatenati che non avevano paura di lasciare la loro impronta.
E che amavano ogni singolo film come la creatura di un parto tormentato
che piaceva innanzitutto a loro e che non doveva, necessariamente,
piacere al pubblico. Erano film che costruivano senso attraverso
ogni inquadratura, film curati ed amati in ogni dettaglio che
più della forma ricercavano l'espressione, l'intenzionalità. E
poi c'erano grandi storie che scavavano nei buchi neri dell' inconscio,
che sapevano parlare anche attraverso il linguaggio dei sogni.
Via libera, allora, al Lynch vecchio e nuovo ed ai registi di
Dogma '95 con la speranza che si lascino un po' andare: le regole
sono fatte per essere infrante. Infine vorrei un cinema comico
che faccia sorridere e non solo ridere sguaiatamente a ripetizione,
che non funzioni solo grazie agli sketch di grandi teatranti,
ma anche attraverso una regia intelligente.
Riprendendo la celebre immagine di Bunuel in UN CHIEN ANDALOU
auguro al cinema del 2001 di arrivare a tagliare in due l'occhio
dello spettatore per scuoterlo dal suo torpore, ammutolirlo e
fargli andare di traverso i pop-corns!
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