A ROTTERDAM LA PRIMA CONTINENTALE DEL
FILM SCANDALO IN GIAPPONE:
"BATTLE ROYALE" di Fukasaku Kinji


Una sala gremita e affollata era pronta ad accogliere, curiosa e trepidante, sulla scia di notizie sfocate d'oltreoceano l'anteprima continentale del film scandalo in Giappone BATTLE ROYALE di Fukasaku Kinji.
Giappone: alba del terzo millennio. La popolazione nazionale ha avuto un incremento demografico insostenibile e il 15% di disoccupazione sta conducendo il Paese ad uno stato di caos e alienazione.

battle royale

La gioventù studentesca nipponica non ha più valori, l'entropia domina in una scuola di assenteismo e violenza. Il governo, esasperato da una situazione sociale divenuta incontrollabile, decide di emanare il "B.R.ACT" (Battle royale act), secondo il quale ogni anno verrà sorteggiata, in tutta la nazione, una classe di studenti di scuola superiore i quali, con l'inganno, saranno condotti su un'isola deserta e, sotto il controllo del loro professore e di un intero esercito, dovranno uccidersi vicendevolmente finché non rimanga un solo superstite.

battle royale

Ad un'analisi superficiale il film potrebbe apparire solo come un susseguirsi di gratuite ed efferate violenze, ma in realtà si dimostra una critica attenta ed estremamente ironica al sistema educativo giapponese e alle sue folli regole. La violenza e la brutalità che permeano il film vengono smorzate dalla sapiente capacità satirica del regista, in grado di suscitare risate mettendo in scena una crudeltà che diviene ironica in quanto assurda. Gli studenti, portati sull'isola con un sotterfugio, all'inizio stentano a credere alla realtà che gli viene imposta, poi l'istinto di conservazione prenderà il sopravvento innestando in loro il macabro piacere di vivere uccidendo quelli che ormai sono solo nemici e non più compagni.

battle royale

La figura del professore - controllore, interpretata magistralmente da T. Kitano, rappresenta il deus ex machina dell'intera vicenda. Sarà lui a decidere sulla vita e la morte dei protagonisti di questo giuoco di sangue.
Con una regia sapientemente orchestrata e di grande impatto visivo e con una fotografia attenta al dettaglio, questo film è ritmato sui toni della crudeltà e del realismo non fini a sé stessi ma rivolti ad una critica, forse dai toni eccessivi, ma comunque lucida e meditata di un sistema che non considera più l'individuo come uomo ma come un mezzo di produzione, un mero numero senza identità.