incontro con
FRANCESCA COMENCINI
regista di LE PAROLE DI MIO PADRE
liberamente ispirato a La coscienza di Zeno di Italo Svevo
intervista di
Andrea DE CANDIDO
KINEMATRIX: Per quale motivo ha scelto di ambientare il
suo film a Roma e non a Trieste, città e ambiente culturale di fondamentale
importanza per la genesi e lo sviluppo del romanzo di Svevo?
FRANCESCA COMENCINI: "In un primo tempo avevo pensato di
girare proprio a Trieste, ma dopo i primi sopralluoghi mi è sembrato che,
in fondo, fosse più giusto scegliere una città che con la quale avevo
un rapporto di maggiore interiorità. Trieste, per tutti quelli che amano
la cultura e la letteratura italiana, non è un luogo solo fisico, ma soprattutto
astratto. Ambientare il mio film lì, per me che non sono di Trieste, non
sarebbe stato giusto e non sarei stata in grado di filmarla in questo
senso "interiorizzato", correndo il rischio di scadere nella mera illustrazione.
Nel film, poi, Roma non è riconoscibile come tale: è piuttosto "triestinizzata",
è soprattutto una città dell'anima; per fare questo è stato necessario
partire da un luogo che io conoscevo molto bene".
KMX: Lei ha scelto di portare sullo schermo solamente due
capitoli de La coscienza di Zeno: è solamente una questione di
effettiva impossibilità di tradurre il romanzo in tutta la sua lunghezza,
o il vero motivo è un altro?
FC: "No, non è assolutamente una questione di lunghezza.
Si trattava piuttosto di avere un angolo d'attacco tematico molto preciso,
legato al motivo del padre. Nel voler affrontare un opera del peso
de La coscienza di Zeno è necessario adottare un punto di vista
preciso ma molto personale, e tentare di rendere conto di tutta la struttura
dell'opera (che è ampia: è il romanzo di tutta una vita): questo, per
il mezzo cinematografico, è molto difficile. Io ho fatto il contrario
di una riduzione: ho preso un frammento del libro e ho lasciato che si
espandesse; l'ho fatto cozzare con me, con la mia vita, con quello che
sono. Ne è uscito una sorta di sfregamento, qualcosa di sanguinante".
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una
scena del film
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KMX: Pensa quindi che un personaggio come Zeno Cosini, al di là
del contesto spazio-temporale, resti un carattere universale, moderno,
sempre attuale?
FC: "È molto, molto presente! È un personaggio di una grandissima
modernità. Zeno è una di quelle figure letterarie che non è semplicemente
un personaggio. Miracolosamente, attraverso la forma narrativa scelta,
di grande ricerca, Svevo è riuscito attraverso il racconto di una sequenza
di avvenimenti quotidiani, in parte anche banali, della vita di un uomo
(il lavoro, il matrimonio, la dipendenza dal fumo…) a creare qualcosa
che è più di un personaggio. È proprio il nome Zeno che nasconde non un
personaggio ma uno spazio interiore presente in ogni individuo
del 900: fonda qualcosa che oggi appartiene a chiunque, anche a chi non
dovesse aver letto il romanzo. Chiunque viva quest'epoca è infatti alla
ricerca della propria identità, sente il bisogno di una autoanalisi, vive
una soggettività quasi ipertrofica che impedisce l'azione: tutte queste
cose sono il fondamento del carattere dell'uomo moderno. Direi allora
che non solo Zeno è un personaggio molto attuale ma, ancora oltre, è una
corda tesa all'interno di ogni individuo moderno".
KMX: Lei ha appena detto che il film può "appartenere"
anche a chi non ha letto il libro. La coscienza di Zeno, almeno
a livello di istruzione scolastica, non sempre - anche per ragioni di
tempo - viene affrontato a dovere. Al di là dei contenuti, è comunque
certo che la quantità di tempo e "fatica" richiesta per la visione di
un film è inferiore rispetto a quanto richiesto dalla lettura e, in un
certo senso, "spaventa" meno. Crede allora che un film come LE PAROLE
DI MIO PADRE - per quanto diverso - posso stimolare alla lettura di Svevo?
Andrebbe proiettato nelle scuole?
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chiara
mastroianni
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francesca
comencini
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FC: "Assolutamente sì! Constato però che gran parte della critica
cinematografica ha schivato un aspetto che, al di là delle qualità o meno
del mio film, credo sia molto interessante, ovvero l'operazione stessa.
Il rapporto tra cinema e letteratura, il fatto di rapportarsi ad un tale
monumento della nostra cultura e di averlo messo al centro della vita
di oggi: se ci fosse una critica più attenta a questi aspetti e anche
delle scuole… Io sono colpita nel trovare tra il pubblico singole persone,
anche a me sconosciute, molto toccate dal film, che mi scrivono e mi parlano
con un'emozione molto grande. Sono stupita però anche dal fatto che non
si avverta questo aspetto di lui lei mi parla che, al contrario, secondo
me, è assolutamente notevole, ovvero il tentativo di spostare un classico
della nostra letteratura da uno scaffale polveroso della memoria e del
nostro apprendistato a quella che è davvero la nostra vita. Se questo
film, in un modo o nell'altro, riesce a far capire ad un ragazzo che Zeno
è lui, e riesce ad aiutarlo ad essere più profondo nei rapporti con le
ragazze, con i libri ma anche nel suo modo di vivere, mi sembra una cosa
fondamentale. Questa cosa è un po' schivata: non ho richieste di scuole,
non sento dibattiti intorno al film, sul fatto stesso di essersi rapportati
a Svevo: pochissima critica si è occupata del film; a tutti gli altri
interessava piuttosto il colore, la Mastroianni…".
Ci sono dei film sbagliati, e può darsi che il mio sia un film sbagliato:
ma quando in Francia sono stati realizzati dei film - anche ritenuti sbagliati
- da Proust, c'è stato un dibattito nazionale per un mese! Per capire
i francesi bisogna leggere Proust, e quindi questo significa che quel
libro è considerato il fondamento della loro identità moderna, e Svevo
è lo stesso per noi! Io preferirei che mi si dicesse ma che film ha fatto!
Ma come osa?! Ma che sia ignorato questo aspetto è una cosa veramente
preoccupante!"
KMX: Ma voi registi non potete fare nulla per smuovere
una situazione come questa?
FC: "No! Non posso far nulla. Io faccio un film, seguo
un percorso (anche tragico, in questo caso), appartiene a me. Fortuna
vuole poi che il film sia selezionato a Un certain regard, che
il film piaccia e commuova alcune persone, e per me la soddisfazione è
molto grande. Più di questo, però, non posso fare, non posso dire cosa
è interessante a chi non lo sa vedere. Io ho lavorato forse sul più grande
testo italiano del 900: posso aver mancato l'operazione, ma è comunque
impossibile che questo non venga contestato, o applaudito, e comunque
notata! Adesso impera la televisione, e qui ci dimentichiamo l'importanza
del testo cui il mio film fa riferimento: poi non ci si deve meravigliare
se succede quello che succede in Italia. Quello che salva un paese è la
sua cultura!"
KMX: A livello di distribuzione come vanno le cose? Il
film lo sta distribuendo la Mikado…
FC: "Sì, e non sta andando male. In Italia ci sono 23 copie,
e per un film d'autore non è affatto male. Il film, comunque, è molto
difficile: io non ho fatto alcuna concessione, il film è molto interiorizzato,
teso. Io non mi lamento della situazione anche se, certo, si può sempre
fare meglio: ho chiesto alla distribuzione di seguire il film, di presentarlo
al pubblico e di parlarne. L'ho fatto a Trieste, perché l'ho voluto fortemente
fare, però non mi hanno organizzato nulla: a Trieste poi il pubblico è
attento, avvisato, perché in media conosce Svevo meglio che nel resto
d'Italia. In ogni caso non c'è la stessa passione con cui noi registi,
attori e tecnici lavoriamo al film, per quanto credo che la Mikado stia
facendo un buon lavoro e garantisca al film una buona tenuta.
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