HANNIBAL
di Ridley Scott
con Anthony Hopkins, Julianne Moore, Ray Liotta,
Gary Oldman e Giancarlo Giannini
recensione di
Andrea DE CANDIDO
Niente a che vedere con IL SILENZIO DEGLI INNOCENTI, perché HANNIBAL
non è uno di quei - peraltro rari - sequel all'altezza dell'episodio pilota,
se non perfino migliori (pensiamo a ALIENS, IL PADRINO PARTE II, L'ESORCISTA
2: L'ERETICO e pochi altri). Ma chiudiamo qui una questione che non ci
sembra poi così centrale.
Ridley Scott non è più quel regista visionario e "mitico", dei suoi esordi:
quello di I DUELLANTI, BLADE RUNNER o ALIEN, per intenderci. Ma non lo
è da un po', perché anche buoni film come THELMA & LOUISE o BLACK RAIN
non sono rimasti nella memoria, se non per valenze prevalentemente extrafilmiche.
O lui ha perso quell'ispirazione, il che è tutt'altro che improbabile;
oppure, eventualità ancora più verosimile, ha deciso di adattarsi ai nuovi
standard hollywoodiani di "intrattenimento misto qualche contenuto", stando
così al passo coi tempi senza perdere l'occasione di lavorare e magari
ottenere un buon successo (vedi l'ultimo IL GLADIATORE, per giunta premiato
a Golden Globe e, pare, in corsa per un buon numero di Oscar). In quest'ottica
vanno letti - al di là di ovvie ragioni di carattere economico - anche
l'idea di De Laurentiis di affidargli la regia del seguito del film di
Demme ed il suo consenso. Perché, comunque sia, Scott è un solido professionista
cui, in linea di massima, affidarsi per ottenere un buon prodotto "medio",
in grado di piacere ad una larga fascia di pubblico, quella che magari
cerca il divertimento piuttosto che i picchi di stile. Ecco perché dicevamo
che il confronto con il primo (in realtà è il secondo, dato che Hannibal
the cannibal appariva già nello splendido MANHUNTER - FRAMMENTI DI UN
OMICIDIO di Michael Mann) film della serie, oltre a non potersi nemmeno
porre, non ha molto senso, perché praticamente escluso - una volta escluso
il ritorno di Demme - già in fase produttiva dalle scelte di cui sopra.
E la regia di HANNIBAL non ha né momenti memorabili ma neppure cadute
degne di nota (tranne forse qualche velocissima concessione, totalmente
fuori luogo, allo stile post-SEVEN o alla FIGHT CLUB, fatto di un montaggio
sincopato).
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Proviamo a calarci nei panni di quello spettatore che - caso che crediamo
comunque raro - decide di vedere HANNIBAL senza conoscere IL SILENZIO
DEGLI INNOCENTI: crediamo che uscirebbe convinto di aver assistito a quello
che si usa definire come "un buon film", di quelli "che si lasciano tranquillamente
gustare". HANNIBAL è un thriller che si alza rispetto alla media dei (moltissimi)
prodotti analoghi usciti negli ultimi tempi, che ha una sceneggiatura
(opera di David Mamet, non uno qualunque) discreta e degli attori, compresa
Julianne Moore, in forma discreta.
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La struttura è più classica rispetto a quella de IL SILENZIO DEGLI INNOCENTI,
perché fin dall'inizio Lecter è il criminale che deve essere catturato,
non lo sgradevole quando necessario aiuto per le indagini della polizia.
Ma la vicenda vede - nota di merito - almeno tre personaggi le cui esistenze
vengono ad incrociarsi grazie ad un punto di contatto, rappresentato proprio
dall'avere a vario titolo a che fare col vecchio Hannibal: prima c'è una
delle prima vittime di Lecter, orribilmente sfigurato in volto, deciso
a vendicarsi; l'ispettore italiano Pazzi (Giannini) che prova ad affrontare
il nuovo mostro (era lui, nella finzione, ad occuparsi di Pacciani e dei
compagni di merende) per puro interesse; e naturalmente Clarice Starling.
Hannibal (come suggerisce infatti il titolo) è allora il centro di attrazione
(non solo in senso figurato) per tutti e tre e, nonostante i rischi che
ciò comportava, Scott è riuscito a non farne la caricatura di se stesso,
spingendolo magari in giro per il mondo a mangiarsi chiunque. Se il confronto
con l'ex-vittima è forse la parte più superficiale, il duello con il personaggio
di Giancarlo Giannani è migliore rispetto alla sfida con la Moore. La
parte centrale, quella fiorentina, è difatti senza dubbio il momento di
maggior spessore, specie quando i due si incontrano per la prima volta
dopo che Pazzi ha capito chi si trova di fronte: lì la tensione è decisamente
alta. Così nel corso della chiacchierata al cellulare.
IL VOTO DI KINEMATRIX: 27/30
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