recensione di
DANIELA KAPPLER
Una storia sentimentale destinata
a complicarsi non solo per un triangolo amoroso, ma anche per un
rapporto che spazia oltre le frontiere temporali, grazie al quale
un ragazzo nel 2000 giunge ad una nuova consapevolezza identitaria.
Nel 1979 la studentessa coreana Hyun-Ji prende coraggio e inizia
a parlare e a frequentare un compagno universitario, militante prima
per forza nell'esercito e poi per scelta in gruppi di protesta contro
il governo dittatoriale del tempo. Colpa di una radio trasmittente
rotta, Ji-In il ragazzo a noi contemporaneo, entra in contatto con
Hyun-Ji e scopre quindi come una giovane donna vive, e vive l'amore,
circa vent'anni prima, così come una più ampia versione della sua
origine. Guarda caso, la ragazza per la quale ha una innocente infatuazione
via etere era l'innamorata di suo padre e la migliore amica di sua
madre, fino a quando tra questi ultimi non sboccia l'amore. Alla
prima occhiata questo melò dai risvolti fantastici pare troppo mieloso
e pretenzioso, ma in seguito si assapora l'originalità e la speranza
che vigono tra le scene, accuratamente studiate all'interno di un
complesso sottofondo storico-sociale. In particolare il momento
in cui il ragazzo esce dal suo freddo e solitario appartamentino
per incontrare Hyun-Ji nel 2000 - la scena dello sguardo di Ji-In
fisso su Hyun-Ji è finemente rallentata - per vedere la ragazza
che gli stava sempre accanto con occhi diversi e per vivere finalmente
una propria storia d'amore. Il fatto che il regista permetta alla
donna di riscattare l'uomo dalle sue incertezze, con le sue qualità
classiche come calore e mitezza, è prova tuttavia che certi stereotipi
sui generi non sono ancora state superate, malgrado il tentativo
esplicito di lasciare fiorire un rapporto diverso dagli altri.
voto:
27/30
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