La sezione che risulta maggiormente fedele alle premesse contenute nell'enunciato/
titolo della rassegna riminese, è proprio MONDO DE-GENERE. Questo perché,
non solo i contesti e i personaggi analizzati nei film esplicitano, a
livello di contenuti, un attestarsi dell'interesse sul piano di sofferte
marginalità socio-politiche deragliate (MARSAL, ORFEU) o su quello del
Male attivato in forme più esplicite - LUPO MANNARO (di Antonio Tibaldi,
con Maya Sansa e Gigio Alberti; prodotto da Domenico Procacci e scritto
da Laura Paolucci) e FROM DUSK TILL DAWN 3 - ma anche in ragione di un'interessantissima
rivisitazione - appunto, deviata - di generi quali la fantascienza di
PEUT-ETRE.
E' importante notare come ogni nuovo contributo diretto a provocare uno scarto rispetto ai canoni del cinema fantastico (da DUNE, BLADE RUNNER o BRAZIL fino a L'ESERCITO DELLE 12 SCIMMIE), ci porti sempre più - e forse definitivamente - verso un futuro/passato dove i cliché della modernità sono ormai scomparsi e l'apparato tecnologico, impacciato e retro', fa da controcanto a un'umanità neo-antica che ha perso il centro e, con esso, ogni senso di appartenenza a luoghi e situazioni a senso unico, come tali facilmente classificabili.
Ecco allora la Parigi coperta dalle sabbie portate dal vento del Maghreb,
dove i cammelli passano accanto ai tetti degli edifici e sembra ormai
portata a termine la colonizzazione al contrario da parte del popolo algerino.
Anche lo spunto iniziale del figlio settantenne che, dal futuro, chiede
al genitore, restio, d'essere concepito, non indugia nel gioco degli equivoci
dovuti all'inversione dell'età anagrafica dei due. Indaga felicemente,
invece, i dubbi e le ansie di una generazione-X che non vede e non si
vede al di là dei problemi materiali legati alle bollette da pagare e
allo stipendio da fame.
In ORFEU, di Carlos Diegues, il mito di colui che con la lira commuoveva
le divinità infernali per riavere la moglie, prende i toni della tragedia
contemporanea ambientata nelle favelas di Rio de Janeiro e realizzata
all'interno di un atipicissimo musical dove le cadenze della bossanova
entrano in cortocircuito a contatto col gangsta-rap dei teppisti; la m.d.p.
segue irrequieta il denso cromatismo del carnevale e l'instabilità dei
sentimenti su per strade dove ogni baracca è il regno di anime nude ma
ricche di spirito. Il film sta all'ORFEO NEGRO di Marcel Camus/Vinicius
de Moraes come ROMEO+GIULIETTA di Luhrmann alle pellicole di Czinner e
Zeffirelli.
In MARSAL del croato Vinko Bresan il fantasma di Tito sembra ben più
che un'abusata formula cui riferirsi in ragione del declino jugoslavo
post-1980. Alcuni abitanti di un'isola si dicono infatti testimoni diretti
delle apparizioni notturne di un ectoplasma dalle fattezze fin troppo
simili a quelle del Maresciallo comunista che ruppe con Stalin. Ribaltando
la formula del sottosuolo adottata da Kusturica in UNDERGROUND, i toni
della commedia astorica sono metafora di un paese (o ex-tale) che, come
la storia recente ha dimostrato, non ha saputo affrontare la perdita del
proprio uomo-guida, e per il quale il passato è sempre pronto a riemergere
come se fosse custodito nei sotterranei di un museo o per divenire attrattiva
turistica.
WILD SIDE è la discesa agli inferi di un terzetto anomalo, due donne
strette attorno al fulcro del Male Christopher Walken. Anne Heche e Joan
Chen, mai così sensuali e diverse dai ruoli precedenti, individuano il
cuore di tenebra nell'intreccio di dramma finanziario, prostituzione alta
e amore saffico. Nella versione director's cut dedicata alla memoria del
suicida Donald Cammell, degenerato autore del cult PERFORMANCE, Walken
è superbo nel dettare i tempi di un'opera malata e vitale, disordinata
e lucida al tempo stesso.
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