Festival noir di Courmayeur
Venerdì 8 dicembre 2000
da Courmayeur Elena SAN PIETRO
UNE AFFAIRE DE GOUT
di Bernard Rapp
con Bernard Giraudeau, Jean-Pierre Lorit e Florence Thomassin
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Difficile esprimere a parole la straordinaria ricchezza e complessità
di questo film. Comincio col dire che soltanto una pellicola francese
poteva tratteggiare l'eleganza, il gusto, lo stile, l'amore per i piaceri
più raffinati della vita con sguardo così sottile e penetrante.
Da sempre la letteratura ha dovuto affrontare il problema di rapportarsi
con i cinque sensi, come trasmettere delle sensazioni attraverso un elemento
indiretto come il linguaggio?
Molti scrittori, soprattutto nell'Ottocento, si sono limitati ad aggirare
se non evitare del tutto la questione considerandola materia bassa e scarsamente
interessante; solo l'elemento visivo ha trovato subito una felice espressione:
basti pensare alle dettagliatissime descrizioni di Flaubert. Fortunatamente
non sono mancate le eccezioni, come il capolavoro di Suskind Il profumo,
dove la vita del protagonista è descritta attraverso le sue sensazioni
olfattive e la capacità di manipolare l'animo umano attraverso gli odori.
Il cinema, per sua natura, ha superato le reticenze letterarie per quanto
riguarda la vista e l'udito, ma continua a doversi rapportare con i restanti
tre sensi: tatto, olfatto e gusto. Se l'olfatto, si sa, è in grado di
evocare memorie e sensazioni legate al passato, il gusto è sinonimo di
un piacere sublime e quasi sensuale ("Fate l'amore con il sapore! " esorta
la famosa pubblicità di uno yogurt).
UNE AFFAIRE DE GOUT analizza l'impero dei sensi per sviscerare i personaggi
creando un noir della mente e del corpo. Il nucleo narrativo, già di per
sé piuttosto originale, è la storia di un egocentrico uomo d'affari (Delamont)
che assume un giovane cameriere (Nicolas) per farne il suo "assaggiatore".
Uno spettatore conforme alla logica del thriller si aspetta subito che
l'"assaggiatore" debba testare le pietanze per controllare che non siano
avvelenate; di fatto egli mette a repentaglio la sua vita, ma per tutt'altra
ragione: tecnicamente il suo lavoro si limita a controllare che i cibi
non contengano né formaggio, né pesce, ingredienti banditi dalle fobie
alimentari di Delamont. Rapp, con un abile colpo di coda, chiarisce subito
che il motore dell'azione non sono i soldi o l'omicidio, ma un thriller
psicologico che si snoda attraverso labirintici rapporti di seduzione,
di amore ed odio, di dipendenza, plagio e manipolazione esclusivamente
mentali. Del thriller classico il cineasta mantiene solo l'espediente
dell'omicidio come naturale conseguenza nell'eterno legame fra amore e
morte. L'intreccio è avvolto da un ulteriore alone di mistero grazie ai
frequenti flash-forward che mostrano gli interrogatori dei personaggi
ed il cui legame con il passato non è mai scontato: Rapp, che è anche
sceneggiatore, utilizza magistralmente le ellissi narrative tenendo lo
spettatore legato a un filo sempre diverso.
Lo scopo di Delamont è di sedurre completamente il giovane Nicolas attraverso
una fascinazione puramente intellettuale. Quando raggiunge i suoi punti
più alti, il rapporto fra i due uomini sembra la perfetta realizzazione
dell'amore platonico, tanto più se consideriamo che secondo i greci il
vero amore poteva realizzarsi solo fra uomini ed in particolare tra un
uomo maturo e saggio ed un ragazzo nel pieno della giovinezza. Il potente
uomo d'affari manipola totalmente Nicolas fino a renderlo un perfetto
clone sensoriale: i due condividono gli stessi gusti, le stesse donne,
gli stessi piaceri e gli stessi dolori, sempre sdoppiandosi nei ruoli
dell' "assaggiatore" che prepara il prodotto per il vero "consumatore".
Delamont e Nicolas sono come due gemelli siamesi: il loro attaccamento
è menomante eppure l'uno non può vivere senza l'altro, sono sul punto
di fondersi in un'unica persona, veramente completa, come risposta al
dilagante senso di vuoto e solitudine che caratterizza i rapporti umani
nell'era delle comunicazioni. In un primo momento sembra che il giovane
arrivi a rinunciare consapevolmente alla sua identità in un rapporto di
dipendenza totale dal compagno. Ma il film, nella sua complessità, ci
fa continuamente intravedere le profonde insicurezze di colui che pare
condurre il gioco in modo dispotico, l'irrefrenabile senso di vertigine
che sottende le vite degli uomini di potere. Nella sua presunta, o effettiva,
superiorità rispetto alla vacuità ed alla mancanza di stile del mondo
circostante Delamont ha bisogno di una persona in tutto e per tutto simile
a lui e se la crea secondo un processo di filiazione che ricorda la nascita
di Atena dalla coscia di Zeus. Nicolas, attratto dalla vertigine che si
prova restando sull'orlo di un baratro, accetta di spingersi sempre oltre
fino a trovare il punto di rottura.
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Anche il precedente lungometraggio di Rapp, TIRE' A' PART (1997), era
una riflessione sullo scontro tra due personalità maschili, sempre in
chiave noir. Sulle orme di Chabrol, Rapp predilige uno stile freddo e
tagliente per scandagliare una borghesia malata e sofferente evitando
i facili moralismi. Come afferma Pierre Eisenreich su Positif:
" Rapp ha preferito sondare i suoi protagonisti piuttosto che mettere
in piedi un sistema di valori "; un'operazione di questo tipo è stata
sicuramente facilitata dalla bravura di Bernard Giraudeau nei panni dell'eccentrico
uomo d'affari: attore poliedrico, approdato al cinema solo in età adulta,
Giraudeau è uno dei migliori attori francesi che vi siano in circolazione.
Dopo aver già lavorato con Rapp, nel '99 Giraudeau ha interpretato la
parte principale in ben due film: UNE AFFAIRE DE GOUT e GOUTTES D'EAU
SUR PIERRES BRULANTES di Francois Ozon. Nel capolavoro di Ozon, Giraudeau
dà vita ad un personaggio molto simile a Delamont: altrettanto
affascinante e, se possibile, ancora più egocentrico e vampirizzante;
anche GOUTTES D'EAU SUR PIERRES BRULANTES ruota intorno al rapporto omosessuale
di un uomo maturo che trasforma un giovane fino a farne la sua "creatura".
In questo caso, però, il rapporto di dipendenza e spersonalizzazione sembra
univoco tanto che alla domanda ricorrente "Hai bisogno di me?" I' uomo
implacabilmente risponde: "No, sei tu che hai bisogno di me".
Sia l'esempio de LA VIE MODERNE, il lungometraggio di Laurence Ferreira
Barbosa in concorso al 18° Torino Film Festival, sia UNE AFFAIRE DE GOUT
dimostrano che il cinema francese non ha perduto del tutto l'eccezionale
abilità nel descrivere la mente umana ed i suoi fantasmi. Se i registi
orientali incarnano l'innovazione e l'originalità verso nuove frontiere
cinematografiche, i francesi continuano a portare sullo schermo le nostre
paure più recondite con raffinata ironia.
Purtroppo UNE AFFAIRE DE GOUT, che ha trovato in Francia numerosi estimatori,
non ha avuto nessun riconoscimento al festival di Courmayeur; tuttavia
gli resta il merito di aver magistralmente descritto uno dei volti del
noir, l'introspezione psicologica spinta al punto di non-ritorno, attraverso
una storia d'amore infinitamente più inquietante di tanti polizieschi.
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