BERGAMO FILM MEETING
un bilancio del Festival

servizio di
Sabrina PISU

Il Bergamo film meeting di quest'anno guarda al passato, al proprio passato definendolo "discreto". Guarda al passato perché il futuro di questo festival è incerto, quello che manca è una sicurezza progettuale ed economica legata ai finanziamenti pubblici. La regione Lombardia ha deciso di tagliare un terzo dello stanziamento destinato al settore cinema. Quello che sconvolge di più è il silenzio in cui sta avvenendo tutto questo, senza nessun dialogo queste decisioni scendono come imposizioni immotivate che vanno ad isterilire un panorama già di per sé arido di iniziative cinematografiche.
Il notiziario del film meeting di Bergamo si apre con una pagina che denuncia questa situazione, la mancanza totale o quasi d'interesse della classe politica e amministrativa nei confronti delle iniziative culturali e cinematografiche in particolare, che nel resto d'Europa sono in continua crescita. Credo che questo sia una vergogna nei confronti del film meeting che, giunto alla sua diciannovesima edizione dopo aver superato ogni anno difficili ostacoli economici, ha dimostrato di amare e credere nel cinema, nei film di un passato che ha costruito le radici solide di questa arte che come un albero alto e forte stende le sue fronde in tutti i Paesi anche nei più dispersi e lontani, e nei film di un futuro costruito da giovani talenti. E' una vergogna nei confronti di tutti quelli che vivono e lavorano nel cinema e per il cinema come arte. Mentre tutti gli altri Paesi europei (e non solo) investono nei propri talenti, nelle creazioni di menti sognatrici o visionarie, o nella voglia di chi vuole rappresentare l'esistenza forse difficile, forse bella e inquieta, noi stiamo a guardare e a sognare che un giorno il nostro Paese torni a investire sul presente, sul passato e sul futuro del cinema. Non c'è cosa più deprimente di vedere tanta voglia che stenta nel trovare un terreno sul quale costruire. Tutto questo fa solo rabbia.
Suonano ironiche queste pagine introduttive che lanciano un appello affinché qualche finanziatore tra gli spettatori si faccia avanti e al più presto. Io spero che questo accada. Questa carenza di fondi, sempre in drastica diminuzione, si scontra con la grande voglia di fare, organizzare, parlare di cinema che è emersa in questa edizione piena di iniziative. Probabilmente se questa pagina non avesse risuonato così, nessuno se ne sarebbe accorto proprio perché la programmazione è stata ricca, come sempre, di retrospettive personali, film culto, anteprime, sorprese, ospiti d'eccezione. Questo grazie a persone che hanno lavorato senza alcuna ricompensa se non l'unica, che è poi la più grande, di vedere il loro amore per il cinema prendere anche quest'anno una forma concreta: quella del film meeting.
Tra l'altro il festival di Bergamo occupa un posto di prestigio nel panorama delle mostre italiane. Questo festival si definisce, sempre in questa pagina introduttiva, che è una sorta di riflessione che il film meeting fa su se stesso, "alla pari con gli altri festival di ricerca, medi ma non certo mediocri, che in Italia non sono molti, che stanno sulle dita di una mano e che si danno da fare con passione intelligenza, con cura ed impegno". Credo che definirlo un festival di ricerca sia esatto proprio per la cura con cui ha organizzato un programma finalizzato alla scoperta o, in alcuni casi, riscoperta di grandi film di un passato più o meno lontano. Ricerca inoltre dei giovani registi europei e dei loro film : la mostra concorso e il suo premio simbolico (le Rose Camune d'oro, d'argento e di bronzo) diventano un espediente per far conoscere al pubblico i film di registi esordienti che sono stati premiati da una giuria costituita dagli stessi spettatori che hanno espresso il loro giudizio su schede consegnate all'inizio della proiezione e ritirate alla fine.
Oltre ai sette film in concorso (per la prima volta quest'anno ci sono due titoli italiani), il programma si è articolato di due proposte meravigliose: l'opera completa di Jacques Demy raccontata da una splendida A. Varda e i film tratti dai romanzi di Graham Greene.
Inoltre i film d'animazione dei fratelli Fleischer, i film francesi dell'ACID (acrostico di Agence du cinema independant pour sa diffusion) che è un'associazione di cineasti che scopre e lancia nuovi talenti e favorisce dunque la diffusione e la crescita dei film d'autore.
I "classici ritrovati" (AU HASARD BALTHAZARD, 1966, di R. Bresson), i "Midnight movies" (LES YEAUX SANS VISAGE di G. Franju e THE WICKER MAN di R. Hardy).
L'anteprima del film che l'anno scorso ha vinto al festival di Cannes la camera d'or come migliore opera prima I CAVALLI UBRIACHI dell'iraniano Bahman Ghobad, anteprima italiana per questo film gentilmente concesso dalla Lucky Red e il film, sempre presentato a Cannes l'anno scorso ma fuori concorso, di A. Varda LES GLANEURS ET LA GLANEUSE.
Questo festival si è costruito un passato molto più che discreto ma che non può certo garantirgli un futuro, la passione degli organizzatori li lascia però sperare e a mo' di sfida essi hanno già annunciato il programma della ventesima edizione, interessante e variegato come quello di quest'anno.
Suona un po' triste, forse solo realista, la frase scelta per questa edizione come slogan, è una frase di Jerry Lewis: "Piuttosto che sognare un meraviglioso futuro, meglio costruirsi giorno per giorno un discreto passato".
Anche quest'anno Bergamo è riuscita comunque ad organizzare la propria festa del cinema, una festa di pochi decori, di poche luci e slogan per le strade, di spazzi semplici, una festa che l'auditorium ha vissuto con i suoi spettatori, ospiti e organizzatori in modo interiore. Un dialogo questo che non può finire.

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