recensione di
GABRIELE FRANCIONI
Primo [e forse unico?] esempio di
cinema realista all'interno di una rassegna immaginifica quasi per
definizione, TELL ME YOUR SECRET trasmette allo spettatore, ma ribaltato,
lo stesso senso di disagio che s'insinua nella vita della protagonista:
una madre colpevole di mancato soccorso alla ragazza che ha appena
investito. Il marito, testimone dell'accaduto, combatte tra protezione
e speranza che la moglie opti per un outing liberatorio, salvo scoprire
l'abisso di incertezze e debolezze attorno alle quali ruota l'universo
familiare, completato dall'unico adulto responsabile e politically
correct della storia: il loro bambino di otto anni, che familiarizza
con la figlia della vittima. Quest'ultima cerca possibili testimoni
piantonando la zona dell'accaduto, con un cartello [banner] appeso
al collo, che il bimbo custodisce nella sua stanza. Tra dramma e
tensione appena abbozzata, il nostro disagio prende forma attorno
all'ambiguità dello sviluppo, che premia l'intervento riparatore
del marito - una donazione anonima a favore della poveretta - come
percorso di una presa di coscienza mancata, fallita. E' più importante,
ci dice il film, che un bambino non perda la madre, se costituitasi
alla polizia, piuttosto che arrivare alla verità vera; è meglio
che la vittima, dai ricordi annebbiati, confonda l'auto con un altro
mezzo, restituendo una cieca tranquillità al nucleo familiare, graniticamente
compattato attorno ai must dell'educazione scolastica del piccolo,
che mai potrebbe fare a meno della figura materna, pronta a conquistare,
al prossimo incidente d'auto, un'altra fetta di generale condiscendenza.
voto:
24/30
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