recensione di
ANDREA DE CANDIDO
Un film sul
senso di colpa, costruito per continui flashback che sono lampi
di una coscienza che ha bisogno di pace. Lei è presente mentre
due balordi stuprano una ragazza che non conosce, ma il caso ha
voluto che stesse dormendo. Si sveglia: puoi fuggire e lo fa, anche
se, per un momento, incontra gli occhi pietosi della giovane. Lu
Xuechang ha costruito questo suo film come un thriller, con tanto
di continui colpi di scena e salti temporali: così la coscienza
e la consapevolezza spettatore sono le stesse di Lei, per cui un
film sui tormenti interiori diventa anche una continua ricorsa al
particolare mancante, quasi un poliziesco ma dalla parte delle vittime.
Fa piacere che un prodotto del genere venga dalla Cina, la cui cinemaografia
porta solitamente ai festival ber altri ambasciatori, magari splendidi
nella fotografia, nella rececitazione o negli ambienti, ma spesso
simili tra loro e terribilmente noiosi. Forse tra le cose migliori
viste fin qui a Udine, dove il carattere di popolarità è
centrale: a dimostrazione che autore e pubblico non a tutti i costi
debbano restare nemici.
voto:
28/30
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