Duetto
Libero adattamento da "La Locandiera" di Carlo Goldoni.
Venezia, 25-26 luglio 2006
Regia: Marcello Scuderi, con Vittoria
Scognamiglio e Marcello Scuderi
La ricchezza del teatro goldoniano è tale che basta un singolo personaggio,
una singola figura (qui Mirandolina), per costruire uno spettacolo che
ragiona secondo percorsi metatestuali sulla rappresentazione in sé. E su
alcune dinamiche interne al processo di allestimento, di creazione in fieri
dell'arte scenica, come il rapporto tra regista e prima attrice, che quasi
sempre sconfina nel privato e genera un "doppio" di ciò che è nel testo.
Solo due corpi sulla scena, ogni cosa ridotta all'osso: décor al
minimo - un tavolino, una sedia - per lasciare in primo piano la voce, in
una strana versione di attori italiani che recitano in francese (tale è la
produzione), salvo brevi e necessari momenti di comicità partenopea.
Nel breve scorrere di un'ora di teatro puro, ridotto allo scheletro di un
solo apparente assunto (l'attrazione tra i sessi e le menti trascende le
scelte di vita, spezza le convenzioni), assistiamo alla dimissione dell'idea
di libertà personale e all'assunzione di nuove categorie relazionali
basate sull'amore.
In realtà si vuole raccontare questo: ognuno di noi indossa maschere,
dispone schermi tra sè e la multiversità, che attrae, del mondo, per
difendere una privatezza che non esiste.
La compromissione che la recitazione comporta, poi, spoglia ogni figura
coinvolta (registi e attori in primis) di tale inconsistente difesa,
di quello schermo, al punto che, in definitiva, nell'atto di togliere
quella maschera per indossare l'altra una volta sul palco, si acquisisce
dato di realtà, si chiama a raccolta ogni vero se stesso.
Mirandolina, insomma, è più vera del vero, così come il regista che recita
brani del testo in cui è il Cavaliere, si dispone involontariamente a
ricevere indicazioni su ciò che realmente prova per le donne, per quella
donna.
Non si parla di amore per amore, di sesso per sesso, ma di mascheramenti e
smascheramenti, di vita come teatro e viceversa.
La coppia di attori - Marcello Scuderi è anche regista, non a caso, e
Mirandolina è la molto napoletana Vittoria Scognamiglio, voce rauca da fumo
inclusa - prende possesso del testo con facilità e snellezza recitativa,
sottolineando alcuni passaggi rallentati e mai pestando sull'acceleratore
della comicità, che si garantisce solide ma limitate nicchie.
è ovviamente dominante la
fisicità di lei, tracciata sul palco per vie diagonali: amore, semmai. come
benzina per il corpo che si desquama e diventa oggetto pulsante.
Il (non)corteggiamento è una cosa che va acquisendo struttura: prima accenno
elusivo, poi lapsus, infine abbandono.
Scognamiglio e Scuderi si intrecciano sapientemente, scandendo i tempi di un
"DUETTO" arricchito, come si diceva, dall'anomala e piacevole doppiezza
del francese lingua-guida e dell'italiano che emerge funzionalmente a
tratti. La Mirandolina di Napoli, in particolar modo, ha accenti forti e
coinvolgenti su vari registri e dispone in bellissima vista un notevole
campionario di gestualità e vocalità.
Pubblico attento, nonostante l'afa e grazie all'acqua generosamente
distribuita, a conferma di un ottimo successo dell'originale
rappresentazione.
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