
1 - HUGH GRANT
2 - WILLEM DAFOE
3 - ISABELLE HUPPERT
4 - ABBAS KIAROSTAMI
5 - MIKE LEIGH
6 - STEFANIA SANDRELLI
7 - LAURA MORANTE
8 - GRETA
SCACCHI
ISABELLE HUPPERT
Registi: "Quello che io cerco di fare è scegliere
dei registi che abbiano un occhio particolare. Mi piace lavorare con quei
cineasti che prendono una distanza dal mondo, dando un'idea della realtà
che è nello stesso tempo soggettiva ed oggettiva. Il loro sguardo
non è mai patetico, anche se questo non esclude le emozioni."
L'attrice: "Per me recitare
non è niente di più e niente di meno di un lavoro. Io non
confondo mai me stessa con i miei personaggi, anche perché altrimenti
dopo il primo film sarei già finita in un ospedale psichiatrico.
D'altra parte io lavoro con qualcosa che ha già una forma, non
è una mia creazione, perciò non lo riporto mai dentro di
me. Leggo le mie battute decido se mi piacciono e poi le recito".
Il teatro: "Per me recitare al cinema è molto semplice.
E' come se andassi in vacanza. Invece il teatro è come la scuola.
Però ogni tanto fa bene tornare a scuola. Per questo faccio anche
teatro, anche se è molto più faticoso. Con il teatro azzardo
di più, faccio cose davvero coraggiose e questo mi piace molto."
Cinema italiano: "I registi italiani mi piacciono tutti.
Io ho già lavorato con Bolognini, con i fratelli Taviani e con
Marco Ferreri e credo che in Italia oggi, anche se ci sono grandi talenti
come Nanni Moretti, manchi una figura come Marco Ferreri."
Politica: "Non so dire cosa succederà in Francia,
credo che sia ancora presto e che bisognerà aspettare 5 anni per
capirlo. Spero solo che il mio Paese non cambi."
Uomini e donne: "Ho interpretato molti ruoli di donne che
avevano qualcosa di mascolino in loro. In questo momento la differenza
tra i sessi è sempre più sfumata. Mi interessa molto questo
aspetto, mi interessa tutto quello che c'è tra l'uomo e la donna.
Per esempio mi piacerebbe interpretare Amleto sul grande schermo. O anche
Federico di Prussia!"
FRANCESCA MANFRONI
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ABBAS KIAROSTAMI
Il suono:
"Ha un ruolo fondamentale nel mio cinema, spesso superiore alle immagini.
Infatti la vita è un cubo e il cinema è solo un lato di
questa figura. Noi con il suono possiamo dargli la tridimensionalità.
Con la troupe diciamo scherzando che andiamo a registrare dei suoni e
che, già che ci siamo, ci portiamo anche le cineprese. Inoltre,
il sonoro dà peso al silenzio, dà ritmo alla struttura del
film, e dà spessore all'immagine. I miei film passano per dei film
silenziosi e invece ci sono 15-20 piste di sonoro. Inoltre il suono aiuta
l'immaginazione dello spettatore: in TEN ci sono 7-8 personaggi che non
compaiono mai, ma si sentono le loro voci e la maggior parte degli spettatori
non si rende conto di non averli mai visti. Quando ero bambino sentivo
sempre uno spettacolo alla radio con vari personaggi. Poi hanno inventato
la tv e lo spettacolo si è trasformato in una show televisivo.
Solo che vedere i visi di quei personaggi mi ha molto deluso."
L'automobile: Nei miei film uso molto l'automobile per vari motivi.
Prima di tutto perché passo molto tempo in macchina. E poi perché
simbolicamente la macchina rappresenta un luogo dove le due persone che
si parlano sono sullo stesso piano e possono comunicare in modo paritetico.
Non solo, possono anche decidere di non guardarsi, o di guardare fuori
dal finestrino e di voltarsi verso l'altro solo quando lo sentono necessario.
Inoltre la macchina ha tanti occhi: ci sono i finestrini, il lunotto,
il parabrezza gli specchietti laterali e quello centrale, che mi permettono
di ottenere tanti fotogrammi diversi. Ultima cosa, la macchina dà
movimento alle scene: per esempio, TEN è girato tutto in macchina
e con sole due inquadrature, ma il paesaggio che scorre dà l'idea
del movimento e permette all'attenzione dello spettatore di rimanere viva."
Il buio: "Le reazioni alle immagini buie che metto nei miei
film sono sempre state molto creative. Perché lo spettatore vede
nel buio ciò che più, per lui, rappresenta la mancanza di
luce. Per me significa la non esistenza, di cui la morte è solo
una possibilità. E il buio mi serve per far apprezzare l'immagine.
E' come quando nel mio Paese manca l'energia elettrica: solo allora ci
rendiamo conto di quanto sia importante. Solo con l'assenza si può
apprezzare la presenza."
Il ruolo del regista: "Credo che il regista debba essere
una figura invisibile. La sua bravura deve essere quella di sparire, anche
se è molto difficile spiegare come sia possibile esserci senza
farsi vedere. Mi ricordo di una volta che incontrai due persone alla dogana,
mentre stavo partendo per uno dei miei viaggi. La sera prima avevano trasmesso
un mio film ed evidentemente questi due amici l'avevano visto, perché
quando uno dei due mi ha riconosciuto ha spiegato all'altro che ero il
regista del film della sera prima. Allora quello mi ha guardato stupito
ed ha esclamato: "Perché quel film aveva un regista?! Quando
è venuto a scusarsi gli ho detto che mi aveva fatto un gran complimento.
Cinema italiano: Io sono cresciuto guardando film italiani, perché
nel mio Paese al cinema ne proiettavano molti. Il primo che ho visto è
stato un film di Totò che mi ha divertito molto. Ma il cinema italiano
mi ha anche fatto capire che si poteva parlare di se stessi e non solo
di persone che non si conoscono e che sono lontane da noi, come facevano
gli americani. Perciò mi ha insegnato molto, compresa la capacità
di ironizzare che è fondamentale nel mio cinema. Infatti l'umorismo
deriva dalla vita e non dal cinema e anche il film più drammatico
deve avere dei momenti ironici, perché così è la
vita.
FRANCESCA MANFRONI
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HUGH GRANT
La commedia: "Io amo molto fare delle commedie per vari motivi.
Prima di tutto perché credo che in ogni commedia ci sia un filo
di dolore e che con la risata si possano trattare anche argomenti molto
seri. E poi perché mi rifiuto di recitare in film che la gente
non va a vedere. Ma sto lavorando a questo problema!"
La televisione: "Non credo che la TV stia omologando la recitazione.
Sì, è vero che nel mio Paese è pieno di fiction televisive,
ma penso che siano delle palestre per gli attori che possono trovare degli
spazi dove esprimersi. E non trovo pericolosa la televisione, anzi credo
che sia importante la sua funzione divulgativa."
I bambini: "Non so se avrò mai un bambino, per ora
non ci penso. La mia esperienza con i bambini mi ha insegnato che bisogna
stare molto attenti. Comunque, recitare con Nicholas Hoult è stato
divertente, anche se non credo che abbiamo fatto un buon lavoro con lui,
visto che quando è arrivato era un ragazzo serio e posato, mentre
alla fine delle riprese si è dato all'alcol e al gioco d'azzardo."
La Sicilia: "Amo l'Italia e la Sicilia in particolare, perché
mi piacciono i posti caldi ed assolati. Una scena di Maurice è
stata girata in un teatro greco qui in Sicilia, ma non era questo di Taormina.
Sarei contento di tornare a girare qui. So anche qualche frase in italiano:
"Sono andato in spiaggia" e "Mia sorella è malata",
però devo ancora migliorare…"
Nick Hornby: "Adoro i suoi libri, per questo ho fatto di
tutto per acquisire i diritti. Mi piace tanto perché parla dell'uomo
medio di Londra, insomma di me! Ed è normale che le persone si
identifichino con i suoi personaggi. Anche io mi sono identificato con
il personaggio, per questo mi sono divertito molto a fare questo film.
FRANCESCA MANFRONI
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WILLEM DAFOE
Il teatro: Ho accettato di lavorare nel progetto di Paul McGuigan
soprattutto perché il ruolo che dovevo interpretare era quello
del Direttore di una Compagnia Teatrale. Amo il teatro visceralmente,
forse più del Cinema, è un mezzo espressivo che non ha filtri,
ti mette alla mercè del pubblico, non ti consente errori né
deconcentrazione.. volevo portare tutto questo sul grande schermo.. comunicare
la mia ansia di arte. Io faccio teatro 365 giorni l'anno e due - tre film
l'anno: questo significa qualcosa per me. All'inizio ho accettato la paga
sindacale pur di essere coinvolto nella rappresentazione dei progetti
che mi interessavano e stimo molto Madonna per aver fatto lo stesso ultimamente,
ma allo stesso tempo non giudico i colleghi che si dedicano solo ai bluckbuster
perché ognuno ha la libertà e la maturità di fare
le scelte che ritiene più opportune per la propria crescita professionale
ed il proprio successo personale.
I ruoli: Ritengo di essere un attore molto fluido, capace di cambiare
faccia e temperamento a seconda del carattere da interpretare. Nella mia
carriera, dunque, ho fatto scelte che mi hanno portato a personaggi diversissimi
tra di loro, difficili e controversi, purchè non banali o vuoti.
La mia filmografia è piena di ruoli sconcertanti e duri o spiazzanti
e moderni: dal Gesù de L'ULTIMA TENTAZIONE DI CRISTO ai personaggi
interpretati per Abel Ferrara fino allo stesso Goblin, mostro orribile
interpretato in SPIDER-MAN. Tutti mi hanno dato qualcosa, mi hanno aiutato
a mettermi in discussione, a superare i limiti sempre credendo moltissimo
in quello che ho fatto. Non rinnego nulla e non posso nemmeno dire se
ho preferito lavorare in un progetto piuttosto che per un altro: ho fatto
ciò che ho ritenuto giusto e questo è stato grande, a prescindere
dal risultato.
Una faccia da cattivo: E' pur vero che tutti i miei personaggi,
differenti per spessore, provenienza, ambientazione storica ed ambizione
del progetto in cui erano inseriti, sono per la maggior parte dei c.d.
CATTIVI.. Ebbene (sorride).. credo sia per via della mia faccia e del
mio temperamento focoso.. Ho iniziato con un ruolo da cattivo ed ero talmente
preso, concentrato, avvinto dalla parte ed entusiasta del mio lavoro da
aver dato il massimo.. a quanto pare la mia interpretazione è talmente
piaciuta che registi e produttori l'hanno ritenuta un marchio di qualità
ed una garanzia di successo..
La regia: Non mi interessa fare il direttore di un film. Sono e
mi sento un attore, mi piace essere irresponsabile e perdermi senza altro
pensiero che la recitazione in quello che faccio. Non voglio essere imbrigliato
nel dovere di pianificare o organizzare o coordinare l'altrui lavoro né
legato a scadenze, budget, programmi rigidi.. non fa per me.. Io sono
e mi sento un attore (sorride).
ELISA SCHIANCHI
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MIKE LEIGH
Cinema e letteratura: "Non ho mai pensato di fare un film
tratto da un libro perché sono fondamentalmente un narratore: io
creo direttamente una storia in termini cinematografici, ma non solo per
le immagini, quanto piuttosto per raccontare una vicenda, di cui le immagini
sono solo uno strumento di razionalizzazione. E poi mi piace narrare delle
cose che ho vissuto e che vivo direttamente."
Teatro: "Ho fatto molto teatro, anzi ho iniziato dal teatro,
ma questo solo perché all'epoca non costava nulla. Bastavano gli
attori ed il pubblico, non serviva nemmeno avere il luogo fisico per la
rappresentazione. Poi negli anni '70 ho iniziato a fare cinema e sono
stato comunque influenzato dal teatro: per esempio, ancora oggi prima
di girare faccio 6 mesi di prove. Ma la mia passione vera è il
cinema, per questo non faccio più teatro da 10 anni, anche se ogni
tanto ritirano fuori qualche mio vecchio lavoro."
Cinema: "La prima volta che ho pensato di voler fare il regista
è stato quando avevo 12 anni al funerale di mio nonno. Era una
giornata molto fredda e degli anziani signori portavano a fatica la bara.
Uno aveva una goccia di sudore che gli pendeva dal naso. Io ho pensato
che avrei voluto un giorno raccontare quelle immagini."
La parola e l'immagine: "Il mio cinema è molto parlato,
nel senso che al centro ha delle persone con il loro mondo e le loro storie.
L'immagine è la sintesi di questo mondo. La prima immagine cinematografica
della mia vita, quella del funerale di mio nonno, era bella per quello
che nascondeva: io sapevo che quell'anziano signore che era morto veniva
dalla Russia e ora sarebbe stato seppellito in una giornata tanto fredda
da farlo sentire a casa. E poi sapevo che da 10 anni soffriva di bronchite
cronica e che veniva curato da suo figlio - mio padre - che era medico.
Insomma quell'immagine era solo una parte della storia che però
riusciva a rappresentare bene un insieme di emozioni. E' questo che cerco
di fare nei miei film."
Il cinema e la vita: "Nessuno dei miei film è un vero
ritratto. Io voglio raccontare la vita. E la vita non è mai una
cosa personale, nel senso che non appartiene solo ad una persona né
ad un Paese. Per questo io non parlo né solo di quella persona,
né solo dell'Inghilterra. Io parlo di qualcosa di universale. E
non c'è niente di più universale dei sentimenti. Ad esempio
la solitudine, che è molto presente nei miei film, è qualcosa
che ci accomuna tutti."
FRANCESCA MANFRONI
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STEFANIA SANDRELLI
L'esordio: Ho iniziato con MATRIMONIO ALL'ITALIANA.
Pietro Germi mi ha provinato a Roma e, per mia fortuna, mi ha scelta interrompendo
quello che sino ad allora era stato il mio percorso artistico: la danza
classica, ambizione che probabilmente sarebbe stata destinata a fallire.
Di quell'esperienza ricordo soprattutto il superamento del pregiudizio
verso un sud per definizione arretrato e maschilista. Quello che ho trovato
è stato un ambiente aperto, pieno di coetanee colte ed intelligenti
come se non più di me che provenivo dalla Versilia erudita.
I registi: Ho un ricordo incancellabile di Antonio Pietrangeli: era
un regista con una grandissima sensibilità femminile ed un'altrettanto
grande attenzione per i personaggi femminili dei suoi film. Questa, forse,
è la caratteristica comune che lega tutti i registi con cui ho
amato lavorare. Il mio sogno nel cassetto, al momento, è di lavorare
con un grande come Woody Allen: credo di essere pronta. Senza allargarmi
troppo, comunque, devo dire che amo molto lavorare con i giovani registi
italiani e mettermi alla prova continuamente con personaggi controversi.
Sono fortunata: i giovani mi vogliono e mi trattano come una principessa..
quello a cui io guardo, quando scelgo un personaggio, è il progetto
in cui è inquadrato. Accetto proposte che siano appaganti e solide:
preferisco non buttarmi in avventure in cui sia necessario un mio continuo
intervento cesellatore: mi piace essere servita bene.
I colleghi: Tra attori si crea un rapporto speciale. Il partner
di un film diventa il tuo amico, il tuo amante, tuo fratello, tuo padre..
Io ho avuto il privilegio di avere questo legame unico con dei mostri
sacri del nostro cinema come Gassman, Tognazzi, Mastroianni.. e la loro
scomparsa è stata per me un dolore che ancora non si risana. La
mia consolazione è che la grande magia del cinema ha il potere
di rendere immortali i veri talenti, perciò ho l'ambizione di affermare
che un film può fermare il tempo e non far morire mai i suoi protagonisti.
La fiction: Credo che il prodotto televisivo ben confezionato sia
una bella opportunità di espressione anche per un attore prettamente
cinematografico. Il problema serio della fiction è che diventa
ripetitiva e cliché.. bisogna saper abbandonare al momento giusto
prima di esserne intrappolati. Al momento ho finito di girare la seconda
serie de IL BELLO DELLE DONNE che uscirà sugli schermi televisivi
la prossima stagione. Apprezzo tantissimo i tempi della televisione che
consentono di dipanare la trama con coerenza ed articolazione evitando
i c.d. "spiegoni", ossia quelle spiegazioni messe in bocca all'attore
per giustificare un dato sviluppo degli eventi che risulterebbe altrimenti
avulso dal contesto e che talvolta il cinema impone.
Senza rimpianti: Non ho mai rimpianto né rinnegato alcuna
tra le mie scelte. Anche quando ho commesso errori come, per esempio,
rifiutare IL GIARDINO DEI FINZI CONTINI o LA RAGAZZA DI BUBE, ho avuto
la grande fortuna di vederli poi al cinema e di amarli comunque, così
come erano, con altre interpreti che avevano dato tanto ai personaggi
e, quindi, di separare da me la delusione di non essere io sullo schermo
al loro posto a raccogliere il successo. Vedere sullo schermo una cosa
che mi piaceva mi ha resa felice.
I progetti: Uscirà a breve l'ultimo film di Stefano Incerti:
LA VITA COME VIENE, di cui io e Tony Musante interpretiamo uno degli episodi.
Mi piace essere coinvolta nel racconto ironico e disperato di due solitudini
che si incontrano. Inoltre sarò Agnese nella nuova versione de
I PROMESSI SPOSI. Si tratta di uno sceneggiato TV in due puntate di Francesca
Archibugi. E' stato divertente il modo in cui sono giunta ad accettare
questo personaggio, così lontano dalle mie corde.. Quando Francesca
me l'ha proposto ho pensato che mai avrei potuto interpretare la santa
donna, mamma di Lucia, così come Manzoni l'aveva descritta e resa
immortale nel suo capolavoro. Quando ho letto la sceneggiatura, invece,
ho visto le potenzialità dei moventi sottesi al comportamento di
Agnese e, convinta dal lavoro di Francesca che aveva arricchito il personaggio
di motivazioni più umane e comunque diverse da quelle manzoniane,
ho pensato di poterlo rendere mio e così mi sono imbarcata in questa
nuova avventura. Un rimprovero che certo non mi si può fare è
di non aver rischiato nella mia carriera.
ELISA SCHIANCHI
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LAURA MORANTE
Nanni Moretti: "Sono molto grata a Nanni Moretti ancora una
volta, perché grazie alla possibilità che mi ha dato di
interpretare un ruolo interessante ne LA STANZA DEL FIGLIO, ho attirato
l'attenzione di altri registi italiani e sono tornata a lavorare, oltre
che a vivere, qui in Italia."
Sibilla Aleramo: "Mi è piaciuto molto interpretare
Sibilla Aleramo nel film di Michele Placido sulla vita di questa famosa
scrittrice dei primi del '900. Lei era un personaggio molto appassionato
ed ha avuto molti amori, non amanti, ma proprio amori, perché ognuno
è stato vissuto come l'unico e l'ultimo. Però abbiamo scelto
di concentrarci solo su una di queste tumultuose storie d'amore e cioè
quella con Dino Campana. Questo perché, anche se la storia è
durata solo un anno, in realtà ci sembrava quella più toccante,
anche perché, per Dino, Sibilla è stata l'unica donna della
sua vita. Poi lui è stato internato in un ospedale psichiatrico."
Renzo e Lucia: "In Renzo e Lucia di Francesca Archibugi faccio
la Monaca di Monza. All'inizio avevo rifiutato perché mi sembrava
un personaggio troppo cupo: una cosa è avere un destino tragico,
un'altra è dover interpretare il ruolo di qualcuno che ha già
il destino segnato. Però poi Francesca mi ha convinto a dare al
personaggio una vena di follia, che lo ha reso, anche ai miei occhi, più
interessante. Vediamo un po' cosa è venuto fuori…"
Ricordati di me: "Le riprese del nuovo film di Gabriele Muccino
inizieranno a fine luglio e la storia è quella di una famiglia,
un po' disastrata che ad un certo punto esplode. La causa è l'insoddisfazione
dei singoli elementi che non hanno trovato una vera identità come
persone, ma alla fine c'è una specie di falsa ricomposizione, molto
amara. Muccino d'altra parte è un pessimista… Io e Fabrizio Bentivoglio
saremo marito e moglie e Silvio Muccino sarà nostro figlio adolescente
accanto ad un'altra giovane attrice esordiente."
FRANCESCA MANFRONI
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GRETA SCACCHI
I conflitti: "Io ho capito che mi piacciono i ruoli difficili:
nel senso che amo i personaggi sfumati e soprattutto in conflitto. Per
esempio in TERZA GENERAZIONE faccio la parte di una mamma - cosa che ormai
mi capita spesso - che però ha molte contraddizioni, anche interiori."
Il ronzio delle mosche: "Così si chiama il mio prossimo
film. La pellicola è diretta da Dario D'Ambrosi, che è al
suo primo lungometraggio, ma è un famoso regista teatrale. Lui
è molto affascinato dalla malattia mentale e da anni esplora questo
mondo. A Roma mi ha portato in uno di questi ospedali psichiatrici dove
è stato accolto come un dio da un esercito di fan. Solo dopo mi
ha detto che quelle persone, che sembravano totalmente sane davanti a
lui, erano tra le più pericolose del Lazio. Io però nel
film interpreto il ruolo di una dottoressa."
Basic Instinct: "Non mi sono pentita di non aver accettato
il ruolo che poi è stato di Sharon Stone in Basic Instinct perché
mano mano che passano gli anni ho imparato ad essere più fatalista.
Nel senso che, mentre quando ero giovane vedevo solo il bianco e il nero,
adesso sento l'importanza delle sfumature e ho anche ridimensionato la
portata di certi eventi. Credo perciò che la vita vada vissuta
con leggerezza, concedendo anche spazio alla casualità. D'altra
parte non saprò mai come sarebbero andate le cose se avessi fatto
la scelta inversa. Come non so se ho fatto altri errori, dato che non
è stata l'unica volta che ho rifiutato un ruolo."
Il viaggio: "Ho sempre amato viaggiare, fin da bambina. Per
questo adesso cambio spesso Paese. Sono nata a Milano, poi ho vissuto
in Australia dall'età di 15 anni e lì mi sono integrata
davvero con la popolazione, perché sono tutti stranieri. Anche
come attrice, in Australia ho recitato come australiana, cosa che invece
non mi succede in Italia, dove non ci sono registi che vogliono farmi
fare il ruolo dell'Italiana."
FRANCESCA MANFRONI
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