TAORMINA BNL FILM FESTIVAL 2002
Tutti i film del festival



7 / 8 / 9 / 10 / 11 / 12 / 13
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UMUR

di Kai Lehtinen

E' un film finlandese ad aprire il BNL FilmFest e l'impatto non è dei più soffici: infatti, UMUR di Kai Lehtinen è una storia triste, ma di quelle senza speranza dall'inizio alla fine. Umur è il nome di una ragazza, che scopre di avere un male incurabile e che, per non far soffrire il suo folle amore - una guardia di frontiera conosciuta tra i monti della Finlandia - lo allontana bruscamente, senza metterlo al corrente della sua malattia. Ma non ci sono sorprese - né nello sviluppo della storia, né nella struttura della pellicola - che salvino questo film dalla noia del già visto, dalla retorica del dolore facile, dalla freddezza della mancanza di una vera ispirazione. E anche se in Umur ci sono in nuce delle buone idee, solo il volto incisivo del protagonista, Heikki Rantanen, cattura per qualche attimo l'attenzione, anche se i buchi di sceneggiatura rendono questo personaggio troppo indefinito e contraddittorio per entrare fino in fondo nel cuore dello spettatore.

FRANCESCA MANFRONI
Voto: 20/30


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BAD COMPANY - PROTOCOLLO PRAGA

di Joel Schumacher

Quando crollano ideologie e schieramenti e bruciano le bandiere ci si può trovare dinanzi ad uno scenario fantapolitico in cui la mafia russa commercia in ordigni nucleari portatili, la CIA tenta le strategie più fini per salvare il mondo dall'ennesima minaccia di distruzione e gruppi terroristici serbi votati al suicidio assoldano killer afgani per ingrossare le fila del doppio gioco. Il nuovo film di Joel Schumacher, formidabile concentrato di materiale, idee ed azione, fa propria questa ipotesi così vicina alla realtà della storia più recente e confeziona uno dei blockbuster più divertenti della prossima stagione mescolando con arte generi e situazioni, agitando le caratteristiche dei protagonisti esaltandone paradossi e diversità, e giocando coi luoghi comuni della spy story fino a renderli l'ossatura principale della commedia che sopra vi costruisce. Caratteristica di questa pellicola, infatti, è la commistione: di generi, di personaggi, di toni e narrazione. Evidenza ne è data sin dalla scelta della coppia dei protagonisti che devono sì incarnare l'eterno gioco hollywoodiano dei diversi che convivendo si accetteranno e completeranno a vicenda battendo un nemico potenzialmente molto più forte, dei caratteri incompatibili ed intoccabili che, insieme per forza, matureranno una diversa e più sana concezione della collaborazione e della squadra, ma anche non risultare del tutto fuori luogo, incongruenti e di difficile immedesimazione, falsi ed artatamente preordinati.. La scelta di Anthony Hopkins e Chris Rock, azzardata, sulla carta, per la discrepanza evidente di maturità e percorso artistico oltre che di scelte professionali dei due, si dimostra, a risultato completo, assolutamente vincente superando qualsiasi aspettativa. Il carattere del maturo e solitario Oakes (Hopkins) ben si sposa con l'intelligenza arguta e pronta del giovane Jake (Rock) e dà vita a duetti esilaranti fatti delle reciproche diffidenze che crollano sotto le sferzate di una crescente stima. La missione da compiere è difficile e pericolosa. Dopo anni di lavoro sotto copertura, infatti, l'agente Kevin Pope (Chris Rock), lavorando sotto la falsa identità di Michael Turner, sofisticato e ricchissimo antiquario, è riuscito a guadagnarsi la fiducia di Adrik Vas, esponente di spicco della cupola russa, ed ad intavolare le trattative per la compravendita di una potente bomba atomica così potente e sofisticata da essere contenuta in una valigetta. Gaylord Oakes impersona il compratore straordinariamente facoltoso che il mercante d'arte raccomanda al gangster russo. Quando l'affare sembra concluso e l'appuntamento per lo scambio viene fissato in pochi giorni, Kevin viene assassinato da un gruppo di terroristi serbi che vuole mettere le mani sull'ordigno per punire, con un atto dimostrativo di eccezionale cruenza, l'Occidente capitalistico ed opulento, insensibile al grido d'aiuto dei Paesi che patiscono per la fame e la guerra. Kevin muore solo nove giorni prima dell'acquisto prestabilito ed è proprio lui l'unico di cui Adrik Vas si fidi. Ultima chance per la CIA di portare a termine la missione è rintracciare il gemello di Kevin ed istruirlo nel breve tempo a disposizione per interpretare il personaggio di Michael Turner. L'addestramento di Jake, scaltro ragazzo di strada che vive di espedienti ai margini della legalità, metterà in luce, tra risvolti buffi e battute esilaranti, quanto due persone identiche nell'aspetto possano essere completamente diverse nello spirito e nel modo di affrontare le cose. Naturalmente la missione, tra colpi di scena inattesi che giungono a spezzare la linearità di una serie di finali annunciati che sembrano più volte mettere fine alla pellicola, avrà buon esito ed il legame di rispetto e fiducia creato tra i protagonisti in una situazione di eccezionalità non sarà compromesso neppure dalla scelta di Jake per una vita semplice. Azione, umorismo, spionaggio, amicizia sono gli elementi che, combinati tra di loro in un legame mai superficiale o stanco, fanno di questo film una godibile sorpresa che piacerà anche a chi non limita il proprio amore per il cinema ai film da pop-corn.

ELISA SCHIANCHI
Voto: 27/30

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ABOUT A BOY

di Weitz bros

I fratelli Weitz stupiscono tutti con la presentazione a Taormina di un film brillante, intelligente, acuto e caustico al tempo stesso, abbandonando la facile risata di AMERICAN PIE e sfruttando al massimo le grandi potenzialità del romanzo omonimo di Nick Hornby alla base del soggetto per affrontare, sotto l'apparenza rassicurante di una commedia patinata, temi gravi ed importanti come la solitudine, la depressione, il divorzio, l'abbandono, i figli della separazione.. Uno script eccezionale ed una sceneggiatura piena ed armoniosa affilano le armi di quello che sarà un sicuro successo di critica e botteghino del prossimo autunno cinematografico. Tutto concorre alla confezione di un prodotto condito di amore, ironia e dramma.. le scelte sono vincenti: dagli interpreti, uno smagliante Hugh Grant affrancato dalle stantie espressioni che lo avevano intrappolato in ruoli da imbranato tipo QUATTRO MATRIMONI ED UN FUNERALE e NOTTING HILL ABOUT, una meravigliosa Toni Collette, perfetta nel ruolo della mamma hippy e depressa, una rivelazione come il piccolo Nicholas Hoult, fino ai registi che hanno vinto la difficile sfida della maturazione artistica. ABOUT A BOY è la terza pellicola tratta da un best seller di Nick Hornby dopo FEBBRE A 90 e ALTA FEDELTA' e tratta, con originale disincanto e leggerezza, della confusione generazionale che, una volta tanto, tocca gli uomini alla soglia degli ANTA. La storia è quella di Will, ricco, single e senza figli che trascorre la sua vita, felice di non dover essere nulla di diverso da un'isola, aborrendo le responsabilità ed occupando il suo tempo con DVD, shopping e massaggi. La breve relazione con una mamma single gli dischiuderà il panorama di un universo edenico fatto di donne appassionate che diffidano dei legami seri e lo porterà a frequentare gli incontri di auto-sostegno per genitori single fingendo di essere un papà abbandonato al solo scopo di collezionare appuntamenti. Tutto procede per il meglio finché Will non si imbatte in Marcus, bambino difficile con gravi problemi di adattamento, che lo costringe ad un confronto con le proprie bugie e la propria desolazione. Un'amicizia tanto inattesa quanto vitale e dirompente porterà i due a salvarsi reciprocamente sconfiggendo i propri demoni e sarà foriera di nuove svolte nella vita di entrambi che si combineranno tutte in un finale di speranza ed ottimismo che guarda alla famiglia allargata come nuova soluzione di convivenza e sostegno della società moderna.

ELISA SCHIANCHI
Voto: 28/30


GLI ASTRONOMI
di Diego Rosinsvalle

Finalmente un film italiano al Taormina BNL FilmFest: si tratta de GLI ASTRONOMI di Diego Ronsisvalle, con Paolo Bonacelli e Marisa Fabbri. La storia è ambientata nel 1843 e racconta della realizzazione di una meridiana nella cattedrale di Acireale, da parte dello scienziato danese Peters. Realizzazione che, sebbene sia stata commissionata dalla Chiesa, viene però continuamente ostacolata, per la presenza di un misterioso segreto. Opera prima per il giovane regista, che sceglie, per il suo esordio, una vicenda tratta dall'omonimo libro di suo padre, Vanni Rosisvalle. L'idea di mettere in scena una storia così complessa, sia nel contenuto che nelle sue forme, fa di questo film un progetto davvero ambizioso, come se ne vedono pochi oggi in Italia. Ma a discostarlo dal resto del cinema italiano sono anche altre cose, come ad esempio lo stesso tema trattato, che sembra non seguire l'italianissimo filone intimista e contemporaneo dei nostri registi. L'unico parallelo possibile è con IL CONSIGLIO D'EGITTO di Emidio Greco, per la scelta della Sicilia come luogo in cui si svolge la vicenda, per l'ambientazione storica e perché entrambi prendono spunto da un romanzo. "Mi è sembrata subito una storia molto bella perché ha l'aspetto di una memoria non cronicistica, ma interiore." commenta Marisa Fabbri che in questo film interpreta coraggiosamente il ruolo maschile del canonico Stupendo. Ma a lei sembra normale: "A teatro ho interpretato molte volte personaggi maschili e so fare 1000 voci, altro che Robin Williams ".

FRANCESCA MANFORNI
Voto: 27/30

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RABBIT-PROOF FENCE
di Phillip Noyce

Il recinto a prova di coniglio dell'originale titolo scelto da Phillip Noyce per il suo ultimo lavoro è un enorme telaio di ferro e vergogna costruito lungo tutto il crinale dell'Australia dell'Ovest per tenere segregati gli Aborigeni in povere riserve legalizzate e controllarne lo sviluppo e le nascite. La pratica dell'epurazione razziale si sviluppa dai primi del 900 e si consolida sotto la guida del Protettore degli Aborigeni, una carica istituzionale che si occupa, nella prima metà del secolo, di impedire le congiunzioni tra meticci ed aborigeni ed ottenere, attraverso una serie di incroci pilotati, la recessione del gene nero e la nascita di una nuova razza in grado di inserirsi nella società dei bianchi. Il programma prevedeva il sequestro dei piccoli meticci ed il loro inserimento coatto in strutture di rieducazione, veri campi di concentramento, dove gli stessi sarebbero stati educati al lavoro ripudiando le proprie radici. Questa orribile storia di razzismo e violenza fa da sfondo alla vicenda vera e toccante di tre bambine meticcie sottratte alla propria famiglia dalla cecità di un Potere obnubilato da una paradossale e falsa interpretazione dei propri compiti che, nel 1932, riuscirono a tornare nel proprio villaggio fuggendo dal campo di Moore River dove erano state rinchiuse per essere addestrate a lavorare per i bianchi. Molly, la più grande, 14 anni di dignità e coraggio, riuscì a riportare la sua sorellina tra le braccia della mamma, non perdonandosi mai di aver perso lungo le 1500 miglia di strada del ritorno la cuginetta Gracie, ripresa dagli inseguitori. Onore, forza, determinazione sono i valori di un popolo isolato e soffocato perché diverso ed incapace di piegarsi.. vergogna, razzismo, stupidità sono le tare che hanno minato la mente dei governanti bianchi.. centinaia di migliaia di bambini rapiti dalle proprie famiglie, il prezzo dell'ingiustizia.. un popolo snaturato ed avvilito, l'onta di un peccato per cui nessuno ha pagato mai..

ELISA SCHIANCHI
Voto: 28/30

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A' LA FOLIE… PAS DU TUOT
di Laetitia Colombani

Cosa succederebbe se Amelie - quella de IL FAVOLOSO MONDO DI AMELIE - si rivelasse improvvisamente un'erotomane omicida? E' quello che racconta A' LA FOLIE… PAS DU TUOT di Laetitia Colombani, dove una giovane e carina ragazza francese, che ha tutte le caratteristiche di Amelie, compreso il fatto di essere interpretata dalla stessa Audrey Tautou, è vittima della sua ossessione amorosa nei confronti del vicino di casa. La bella Angèlique, vive nella sua testa una storia d'amore idilliaca, che non ha nessun aggancio con la realtà. Ma quando dovrà scontrarsi con la verità, inizieranno i guai… Pellicola intelligente e ben costruita, A' LA FOLIE… PAS DU TOUT è il primo lungometraggio della ventisettenne Laetitia Colombani. E anche se si notano delle ingenuità un po' di maniera, che tradiscono l'inesperienza della regista, è anche evidente il suo talento. Con una buona dose di ironia e ed un montaggio snello e curato, questo film riesce a far riflettere su temi profondi e spessi, senza mai sembrare apertamente ingombrante e didascalico.

FRANCESCA MANFRONI
Voto: 27/30



QUICKSAND
di John Mackenzie

Se un action movie dozzinale e partigiano si propone quale traino al recupero di una Star un po' appassita come Michael Keaton e si avvale come comprimario di lusso di un Michael Caine pesante ed improbabile, qualche campanello d'allarme sul livello della confezione potrebbe cominciare a trillare nella mente dello spettatore.. Ma se poi, nonostante ciò, pur sapendo cosa ci attende, ci si dovesse comunque trovare in sala a seguire la proiezione di QUICKSAND, ci sorprenderemmo, tra l'infastidito e l'annoiato, a dover tollerare una serie inesausta di luoghi comuni usati con poca onestà intellettuale in un film che, sulla carta, mira chiaramente ad intrattenere e divertire. La storia del protagonista integerrimo che viene incastrato da cattivi senza scrupoli coinvolti in operazioni di riciclaggio di denaro sporco è stata vista decine di volte ed a poco serve l'inserimento, quali elementi preziosi, del bel viso dell'altrove brava Judith Godreche o dell'ambientazione sontuosa nel sud della Francia perché il tutto non funziona mai: gli inseguimenti non sono avvincenti, i malavitosi russi sono ridicoli e caricaturali, non c'è nessun personaggio di spicco che avvii il procedimento di immedesimazione del pubblico che, solo, fa il successo del film.. alla fine non c'è nemmeno una storia portante visto che le azioni del protagonista sembrano quelle di una falena impazzita che continua a sbattere le ali contro una lampada illuminata. Unica consolazione, in questo crogiolo di banalità e nessi claudicanti, la durata della proiezione che si prolunga solo per 90 minuti primi, pungenti sì come spilli ma comunque sopportabili.

ELISA SCHIANCHI
Voto: 16/30


FOGBOUND
di Ate de Jong

FOGBOUND è un gioco al massacro: tre amici intrappolati nella nebbia nella loro macchina vivono un degrado progressivo della calma apparente e dell'equilibrio artefatto fino ad esplodere nella violenza e collassare nell'omicidio. Una gita in montagna si trasforma in un sottile gioco psicologico in cui ciascuno dei tre protagonisti prende turnariamente il sopravvento per indagare, sopraffare, investire e ferire gli altri. La nebbia, come muro imbottito che avviluppa ed isola i tre amici in un'ideale unità di tempo e di luogo è l'elemento costrittore, la dimensione dell'irreale che induce a rilasciare i freni inibitori in confessioni che mai altrove avrebbero trovato sfogo. L'amicizia che lega i protagonisti si rivela simulacro ormai vuoto di sentimenti perduti ed i segreti che separano ed allo stesso tempo legano per altri fili e vie ultronee i tre, saranno forieri di reazioni critiche ai limiti dell'isteria. Tre persone in superficie pacifiche, all'apparenza molto legate, felici, salde, si trovano ingoiate in una dimensione atemporale, fuori dagli schemi, dagli inquadramenti e dalle imposizioni della società civile e diventano belve sfogando la loro istintualità attraverso il sesso, la furia, la passione.. I racconti che i tre si scambiano, tra la fantasia, la metafora ed il simbolo, racchiudono in sé significati reconditi che solo l'analisi postuma del non detto e del sussurrato riuscirà a penetrare. L'idea che tutto questo materiale al fuoco lascia è di un'eccessiva frantumazione del narrato, di un quadro esasperatamente composito che, a lungo andare, compromette il risultato finale che, dopo un avvio interessante ed originale, non supera mai la soglia del prodotto medio animato di ambizioni pretenziose.

ELISA SCHIANCHI
Voto: 24/30


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TICKET TO JERUSALEM
di Rashid Masharawi

Un proiezionista palestinese contro i posti di blocco, i carri armati, i soldati, per regalare un sorriso ai bambini che non hanno avuto un'infanzia, per concedere una speranza alla gentilezza del cuore ed alla fiducia nel domani.. Un proiezionista, la sua macchina malandata, le strade del deserto, i pericoli del compromesso e di una situazione politica sull'orlo del precipizio.. Tra gente che sopravvive ai livelli minimi del sostentamento e della dignità, tra bombe, mine e campi fatiscenti, anche la rappresentazione di un cartone animato può essere un chiaro simbolo di normalità, un baluardo contro l'arresa ad uno stato di cose che mai dovrebbe essere giustificato. Una denuncia coraggiosa contro la mancanza di libertà presentata nell'Occidente libero per lanciare un messaggio: occorre dire no all'indifferenza, all'assuefazione con cui ogni giorno salutiamo le immagini del telegiornale che riportano gli orrori di un conflitto accettato ormai come parte della nostra vita. In un mondo che manca di qualsiasi certezza sul domani, la pellicola di Rashid Masharawi punta l'attenzione su ciò che di privato è possibile fare per salvare il piccolo mondo che ognuno ha accanto a sé.. al di là delle missioni internazionali, oltre le interferenze dei contingenti armati, a prescindere dalle imposizioni cadute dall'alto e dalla coazione della violenza, la ricostruzione dei valori può partire dal basso, dai passi minuscoli che percorrono lunghe strade e dalla proiezione di immagini di felicità ad opera di un piccolo uomo che crede nel suo lavoro e nel messaggio catartico che questo può dare.

ELISA SCHIANCHI
Voto: 26/30

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SUR LE BOUT DES DOIGTS
di Yves Angelo

Juliette è un'insegnante di pianoforte che vive in una cittadina di provincia insieme alla figlia, Julie. Le due hanno un rapporto molto intenso dove la musica fa da collante: infatti anche Julie suona il pianoforte sotto la guida ossessiva di sua madre, ma ha un incredibile talento, che invece manca a Juliette. Ed è la musica che parla per tutta la pellicola, comunicando allo spettatore la vera natura dei sentimenti di queste due donne, i loro dissidi, le passioni ed i tormenti che stanno dietro al loro fortissimo amore. Ma se da una parte la storia ha un incredibile fascino, il film non riesce a trasmettere emozioni altrettanto profonde ed intense. SUR LE BOUT DES DOIGTS si è comunque aggiudicato il premio del pubblico del Taormina BNL FilmFest, che, non essendo un festival competitivo, ha affidato ad una giuria di appassionati - che hanno visto tutti i film in rassegna - il compito di eleggere il vincitore.

FRANCESCA MANFRONI
Voto: 24/30


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