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UMUR
di Kai Lehtinen
E' un film finlandese ad aprire il BNL FilmFest e
l'impatto non è dei più soffici: infatti, UMUR di Kai Lehtinen
è una storia triste, ma di quelle senza speranza dall'inizio alla
fine. Umur è il nome di una ragazza, che scopre di avere un male
incurabile e che, per non far soffrire il suo folle amore - una guardia
di frontiera conosciuta tra i monti della Finlandia - lo allontana bruscamente,
senza metterlo al corrente della sua malattia. Ma non ci sono sorprese
- né nello sviluppo della storia, né nella struttura della
pellicola - che salvino questo film dalla noia del già visto, dalla
retorica del dolore facile, dalla freddezza della mancanza di una vera
ispirazione. E anche se in Umur ci sono in nuce delle buone idee, solo
il volto incisivo del protagonista, Heikki Rantanen, cattura per qualche
attimo l'attenzione, anche se i buchi di sceneggiatura rendono questo
personaggio troppo indefinito e contraddittorio per entrare fino in fondo
nel cuore dello spettatore.
FRANCESCA MANFRONI
Voto: 20/30
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BAD COMPANY - PROTOCOLLO PRAGA
di Joel Schumacher
Quando crollano ideologie e schieramenti e bruciano
le bandiere ci si può trovare dinanzi ad uno scenario fantapolitico
in cui la mafia russa commercia in ordigni nucleari portatili, la CIA
tenta le strategie più fini per salvare il mondo dall'ennesima
minaccia di distruzione e gruppi terroristici serbi votati al suicidio
assoldano killer afgani per ingrossare le fila del doppio gioco. Il nuovo
film di Joel Schumacher, formidabile concentrato di materiale, idee ed
azione, fa propria questa ipotesi così vicina alla realtà
della storia più recente e confeziona uno dei blockbuster più
divertenti della prossima stagione mescolando con arte generi e situazioni,
agitando le caratteristiche dei protagonisti esaltandone paradossi e diversità,
e giocando coi luoghi comuni della spy story fino a renderli l'ossatura
principale della commedia che sopra vi costruisce. Caratteristica di questa
pellicola, infatti, è la commistione: di generi, di personaggi,
di toni e narrazione. Evidenza ne è data sin dalla scelta della
coppia dei protagonisti che devono sì incarnare l'eterno gioco
hollywoodiano dei diversi che convivendo si accetteranno e completeranno
a vicenda battendo un nemico potenzialmente molto più forte, dei
caratteri incompatibili ed intoccabili che, insieme per forza, matureranno
una diversa e più sana concezione della collaborazione e della
squadra, ma anche non risultare del tutto fuori luogo, incongruenti e
di difficile immedesimazione, falsi ed artatamente preordinati.. La scelta
di Anthony Hopkins e Chris Rock, azzardata, sulla carta, per la discrepanza
evidente di maturità e percorso artistico oltre che di scelte professionali
dei due, si dimostra, a risultato completo, assolutamente vincente superando
qualsiasi aspettativa. Il carattere del maturo e solitario Oakes (Hopkins)
ben si sposa con l'intelligenza arguta e pronta del giovane Jake (Rock)
e dà vita a duetti esilaranti fatti delle reciproche diffidenze
che crollano sotto le sferzate di una crescente stima. La missione da
compiere è difficile e pericolosa. Dopo anni di lavoro sotto copertura,
infatti, l'agente Kevin Pope (Chris Rock), lavorando sotto la falsa identità
di Michael Turner, sofisticato e ricchissimo antiquario, è riuscito
a guadagnarsi la fiducia di Adrik Vas, esponente di spicco della cupola
russa, ed ad intavolare le trattative per la compravendita di una potente
bomba atomica così potente e sofisticata da essere contenuta in
una valigetta. Gaylord Oakes impersona il compratore straordinariamente
facoltoso che il mercante d'arte raccomanda al gangster russo. Quando
l'affare sembra concluso e l'appuntamento per lo scambio viene fissato
in pochi giorni, Kevin viene assassinato da un gruppo di terroristi serbi
che vuole mettere le mani sull'ordigno per punire, con un atto dimostrativo
di eccezionale cruenza, l'Occidente capitalistico ed opulento, insensibile
al grido d'aiuto dei Paesi che patiscono per la fame e la guerra. Kevin
muore solo nove giorni prima dell'acquisto prestabilito ed è proprio
lui l'unico di cui Adrik Vas si fidi. Ultima chance per la CIA di portare
a termine la missione è rintracciare il gemello di Kevin ed istruirlo
nel breve tempo a disposizione per interpretare il personaggio di Michael
Turner. L'addestramento di Jake, scaltro ragazzo di strada che vive di
espedienti ai margini della legalità, metterà in luce, tra
risvolti buffi e battute esilaranti, quanto due persone identiche nell'aspetto
possano essere completamente diverse nello spirito e nel modo di affrontare
le cose. Naturalmente la missione, tra colpi di scena inattesi che giungono
a spezzare la linearità di una serie di finali annunciati che sembrano
più volte mettere fine alla pellicola, avrà buon esito ed
il legame di rispetto e fiducia creato tra i protagonisti in una situazione
di eccezionalità non sarà compromesso neppure dalla scelta
di Jake per una vita semplice. Azione, umorismo, spionaggio, amicizia
sono gli elementi che, combinati tra di loro in un legame mai superficiale
o stanco, fanno di questo film una godibile sorpresa che piacerà
anche a chi non limita il proprio amore per il cinema ai film da pop-corn.
ELISA SCHIANCHI
Voto: 27/30
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ABOUT A BOY
di Weitz bros
I fratelli Weitz stupiscono tutti con la presentazione a Taormina di un
film brillante, intelligente, acuto e caustico al tempo stesso, abbandonando
la facile risata di AMERICAN PIE e sfruttando al massimo le grandi potenzialità
del romanzo omonimo di Nick Hornby alla base del soggetto per affrontare,
sotto l'apparenza rassicurante di una commedia patinata, temi gravi ed
importanti come la solitudine, la depressione, il divorzio, l'abbandono,
i figli della separazione.. Uno script eccezionale ed una sceneggiatura
piena ed armoniosa affilano le armi di quello che sarà un sicuro
successo di critica e botteghino del prossimo autunno cinematografico.
Tutto concorre alla confezione di un prodotto condito di amore, ironia
e dramma.. le scelte sono vincenti: dagli interpreti, uno smagliante Hugh
Grant affrancato dalle stantie espressioni che lo avevano intrappolato
in ruoli da imbranato tipo QUATTRO MATRIMONI ED UN FUNERALE e NOTTING
HILL ABOUT, una meravigliosa Toni Collette, perfetta nel ruolo della mamma
hippy e depressa, una rivelazione come il piccolo Nicholas Hoult, fino
ai registi che hanno vinto la difficile sfida della maturazione artistica.
ABOUT A BOY è la terza pellicola tratta da un best seller di Nick
Hornby dopo FEBBRE A 90 e ALTA FEDELTA' e tratta, con originale disincanto
e leggerezza, della confusione generazionale che, una volta tanto, tocca
gli uomini alla soglia degli ANTA. La storia è quella di Will,
ricco, single e senza figli che trascorre la sua vita, felice di non dover
essere nulla di diverso da un'isola, aborrendo le responsabilità
ed occupando il suo tempo con DVD, shopping e massaggi. La breve relazione
con una mamma single gli dischiuderà il panorama di un universo
edenico fatto di donne appassionate che diffidano dei legami seri e lo
porterà a frequentare gli incontri di auto-sostegno per genitori
single fingendo di essere un papà abbandonato al solo scopo di
collezionare appuntamenti. Tutto procede per il meglio finché Will
non si imbatte in Marcus, bambino difficile con gravi problemi di adattamento,
che lo costringe ad un confronto con le proprie bugie e la propria desolazione.
Un'amicizia tanto inattesa quanto vitale e dirompente porterà i
due a salvarsi reciprocamente sconfiggendo i propri demoni e sarà
foriera di nuove svolte nella vita di entrambi che si combineranno tutte
in un finale di speranza ed ottimismo che guarda alla famiglia allargata
come nuova soluzione di convivenza e sostegno della società moderna.
ELISA SCHIANCHI
Voto: 28/30
GLI ASTRONOMI
di Diego Rosinsvalle
Finalmente un film italiano al Taormina BNL FilmFest: si tratta de GLI
ASTRONOMI di Diego Ronsisvalle, con Paolo Bonacelli e Marisa Fabbri. La
storia è ambientata nel 1843 e racconta della realizzazione di
una meridiana nella cattedrale di Acireale, da parte dello scienziato
danese Peters. Realizzazione che, sebbene sia stata commissionata dalla
Chiesa, viene però continuamente ostacolata, per la presenza di
un misterioso segreto. Opera prima per il giovane regista, che sceglie,
per il suo esordio, una vicenda tratta dall'omonimo libro di suo padre,
Vanni Rosisvalle. L'idea di mettere in scena una storia così complessa,
sia nel contenuto che nelle sue forme, fa di questo film un progetto davvero
ambizioso, come se ne vedono pochi oggi in Italia. Ma a discostarlo dal
resto del cinema italiano sono anche altre cose, come ad esempio lo stesso
tema trattato, che sembra non seguire l'italianissimo filone intimista
e contemporaneo dei nostri registi. L'unico parallelo possibile è
con IL CONSIGLIO D'EGITTO di Emidio Greco, per la scelta della Sicilia
come luogo in cui si svolge la vicenda, per l'ambientazione storica e
perché entrambi prendono spunto da un romanzo. "Mi è
sembrata subito una storia molto bella perché ha l'aspetto di una
memoria non cronicistica, ma interiore." commenta Marisa Fabbri che
in questo film interpreta coraggiosamente il ruolo maschile del canonico
Stupendo. Ma a lei sembra normale: "A teatro ho interpretato molte
volte personaggi maschili e so fare 1000 voci, altro che Robin Williams
".
FRANCESCA MANFORNI
Voto: 27/30
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RABBIT-PROOF FENCE
di Phillip Noyce
Il recinto a prova di coniglio dell'originale titolo
scelto da Phillip Noyce per il suo ultimo lavoro è un enorme telaio
di ferro e vergogna costruito lungo tutto il crinale dell'Australia dell'Ovest
per tenere segregati gli Aborigeni in povere riserve legalizzate e controllarne
lo sviluppo e le nascite. La pratica dell'epurazione razziale si sviluppa
dai primi del 900 e si consolida sotto la guida del Protettore degli Aborigeni,
una carica istituzionale che si occupa, nella prima metà del secolo,
di impedire le congiunzioni tra meticci ed aborigeni ed ottenere, attraverso
una serie di incroci pilotati, la recessione del gene nero e la nascita
di una nuova razza in grado di inserirsi nella società dei bianchi.
Il programma prevedeva il sequestro dei piccoli meticci ed il loro inserimento
coatto in strutture di rieducazione, veri campi di concentramento, dove
gli stessi sarebbero stati educati al lavoro ripudiando le proprie radici.
Questa orribile storia di razzismo e violenza fa da sfondo alla vicenda
vera e toccante di tre bambine meticcie sottratte alla propria famiglia
dalla cecità di un Potere obnubilato da una paradossale e falsa
interpretazione dei propri compiti che, nel 1932, riuscirono a tornare
nel proprio villaggio fuggendo dal campo di Moore River dove erano state
rinchiuse per essere addestrate a lavorare per i bianchi. Molly, la più
grande, 14 anni di dignità e coraggio, riuscì a riportare
la sua sorellina tra le braccia della mamma, non perdonandosi mai di aver
perso lungo le 1500 miglia di strada del ritorno la cuginetta Gracie,
ripresa dagli inseguitori. Onore, forza, determinazione sono i valori
di un popolo isolato e soffocato perché diverso ed incapace di
piegarsi.. vergogna, razzismo, stupidità sono le tare che hanno
minato la mente dei governanti bianchi.. centinaia di migliaia di bambini
rapiti dalle proprie famiglie, il prezzo dell'ingiustizia.. un popolo
snaturato ed avvilito, l'onta di un peccato per cui nessuno ha pagato
mai..
ELISA SCHIANCHI
Voto: 28/30
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A' LA FOLIE… PAS DU TUOT
di Laetitia Colombani
Cosa succederebbe se Amelie - quella de IL FAVOLOSO
MONDO DI AMELIE - si rivelasse improvvisamente un'erotomane omicida? E'
quello che racconta A' LA FOLIE… PAS DU TUOT di Laetitia Colombani, dove
una giovane e carina ragazza francese, che ha tutte le caratteristiche
di Amelie, compreso il fatto di essere interpretata dalla stessa Audrey
Tautou, è vittima della sua ossessione amorosa nei confronti del
vicino di casa. La bella Angèlique, vive nella sua testa una storia
d'amore idilliaca, che non ha nessun aggancio con la realtà. Ma
quando dovrà scontrarsi con la verità, inizieranno i guai…
Pellicola intelligente e ben costruita, A' LA FOLIE… PAS DU TOUT è
il primo lungometraggio della ventisettenne Laetitia Colombani. E anche
se si notano delle ingenuità un po' di maniera, che tradiscono
l'inesperienza della regista, è anche evidente il suo talento.
Con una buona dose di ironia e ed un montaggio snello e curato, questo
film riesce a far riflettere su temi profondi e spessi, senza mai sembrare
apertamente ingombrante e didascalico.
FRANCESCA MANFRONI
Voto: 27/30
QUICKSAND
di John Mackenzie
Se un action movie dozzinale e partigiano si propone
quale traino al recupero di una Star un po' appassita come Michael Keaton
e si avvale come comprimario di lusso di un Michael Caine pesante ed improbabile,
qualche campanello d'allarme sul livello della confezione potrebbe cominciare
a trillare nella mente dello spettatore.. Ma se poi, nonostante ciò,
pur sapendo cosa ci attende, ci si dovesse comunque trovare in sala a
seguire la proiezione di QUICKSAND, ci sorprenderemmo, tra l'infastidito
e l'annoiato, a dover tollerare una serie inesausta di luoghi comuni usati
con poca onestà intellettuale in un film che, sulla carta, mira
chiaramente ad intrattenere e divertire. La storia del protagonista integerrimo
che viene incastrato da cattivi senza scrupoli coinvolti in operazioni
di riciclaggio di denaro sporco è stata vista decine di volte ed
a poco serve l'inserimento, quali elementi preziosi, del bel viso dell'altrove
brava Judith Godreche o dell'ambientazione sontuosa nel sud della Francia
perché il tutto non funziona mai: gli inseguimenti non sono avvincenti,
i malavitosi russi sono ridicoli e caricaturali, non c'è nessun
personaggio di spicco che avvii il procedimento di immedesimazione del
pubblico che, solo, fa il successo del film.. alla fine non c'è
nemmeno una storia portante visto che le azioni del protagonista sembrano
quelle di una falena impazzita che continua a sbattere le ali contro una
lampada illuminata. Unica consolazione, in questo crogiolo di banalità
e nessi claudicanti, la durata della proiezione che si prolunga solo per
90 minuti primi, pungenti sì come spilli ma comunque sopportabili.
ELISA SCHIANCHI
Voto: 16/30
FOGBOUND
di Ate de Jong
FOGBOUND è un gioco al massacro: tre amici intrappolati nella nebbia
nella loro macchina vivono un degrado progressivo della calma apparente
e dell'equilibrio artefatto fino ad esplodere nella violenza e collassare
nell'omicidio. Una gita in montagna si trasforma in un sottile gioco psicologico
in cui ciascuno dei tre protagonisti prende turnariamente il sopravvento
per indagare, sopraffare, investire e ferire gli altri. La nebbia, come
muro imbottito che avviluppa ed isola i tre amici in un'ideale unità
di tempo e di luogo è l'elemento costrittore, la dimensione dell'irreale
che induce a rilasciare i freni inibitori in confessioni che mai altrove
avrebbero trovato sfogo. L'amicizia che lega i protagonisti si rivela
simulacro ormai vuoto di sentimenti perduti ed i segreti che separano
ed allo stesso tempo legano per altri fili e vie ultronee i tre, saranno
forieri di reazioni critiche ai limiti dell'isteria. Tre persone in superficie
pacifiche, all'apparenza molto legate, felici, salde, si trovano ingoiate
in una dimensione atemporale, fuori dagli schemi, dagli inquadramenti
e dalle imposizioni della società civile e diventano belve sfogando
la loro istintualità attraverso il sesso, la furia, la passione..
I racconti che i tre si scambiano, tra la fantasia, la metafora ed il
simbolo, racchiudono in sé significati reconditi che solo l'analisi
postuma del non detto e del sussurrato riuscirà a penetrare. L'idea
che tutto questo materiale al fuoco lascia è di un'eccessiva frantumazione
del narrato, di un quadro esasperatamente composito che, a lungo andare,
compromette il risultato finale che, dopo un avvio interessante ed originale,
non supera mai la soglia del prodotto medio animato di ambizioni pretenziose.
ELISA SCHIANCHI
Voto: 24/30
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TICKET TO JERUSALEM
di Rashid Masharawi
Un proiezionista palestinese contro i posti di blocco, i carri armati,
i soldati, per regalare un sorriso ai bambini che non hanno avuto un'infanzia,
per concedere una speranza alla gentilezza del cuore ed alla fiducia nel
domani.. Un proiezionista, la sua macchina malandata, le strade del deserto,
i pericoli del compromesso e di una situazione politica sull'orlo del
precipizio.. Tra gente che sopravvive ai livelli minimi del sostentamento
e della dignità, tra bombe, mine e campi fatiscenti, anche la rappresentazione
di un cartone animato può essere un chiaro simbolo di normalità,
un baluardo contro l'arresa ad uno stato di cose che mai dovrebbe essere
giustificato. Una denuncia coraggiosa contro la mancanza di libertà
presentata nell'Occidente libero per lanciare un messaggio: occorre dire
no all'indifferenza, all'assuefazione con cui ogni giorno salutiamo le
immagini del telegiornale che riportano gli orrori di un conflitto accettato
ormai come parte della nostra vita. In un mondo che manca di qualsiasi
certezza sul domani, la pellicola di Rashid Masharawi punta l'attenzione
su ciò che di privato è possibile fare per salvare il piccolo
mondo che ognuno ha accanto a sé.. al di là delle missioni
internazionali, oltre le interferenze dei contingenti armati, a prescindere
dalle imposizioni cadute dall'alto e dalla coazione della violenza, la
ricostruzione dei valori può partire dal basso, dai passi minuscoli
che percorrono lunghe strade e dalla proiezione di immagini di felicità
ad opera di un piccolo uomo che crede nel suo lavoro e nel messaggio catartico
che questo può dare.
ELISA SCHIANCHI
Voto: 26/30
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SUR LE BOUT DES DOIGTS
di Yves Angelo
Juliette è un'insegnante di pianoforte che vive in una cittadina
di provincia insieme alla figlia, Julie. Le due hanno un rapporto molto
intenso dove la musica fa da collante: infatti anche Julie suona il pianoforte
sotto la guida ossessiva di sua madre, ma ha un incredibile talento, che
invece manca a Juliette. Ed è la musica che parla per tutta la
pellicola, comunicando allo spettatore la vera natura dei sentimenti di
queste due donne, i loro dissidi, le passioni ed i tormenti che stanno
dietro al loro fortissimo amore. Ma se da una parte la storia ha un incredibile
fascino, il film non riesce a trasmettere emozioni altrettanto profonde
ed intense. SUR LE BOUT DES DOIGTS si è comunque aggiudicato il
premio del pubblico del Taormina BNL FilmFest, che, non essendo un festival
competitivo, ha affidato ad una giuria di appassionati - che hanno visto
tutti i film in rassegna - il compito di eleggere il vincitore.
FRANCESCA MANFRONI
Voto: 24/30
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