festival:

"t" come trieste
 

di Paolo N. ROSSINI

 

FESTIVAL: “T” come TRIESTE

E come Triveneto, per essere più precisi.

 

Il mese di novembre era tradizionalmente quello di Torino, la “T” che è stata cancellata da molta critica, mentre ora è senza ombra di dubbio il mese di Trieste.

Eravamo stati facili profeti, anzi Cassandre (si veda l’articolo del dicembre 2006 apparso su Kinematrix,”ECCE BOMBO”, n.d.r.), in merito al ribaltone che non ha rinnovato, ma sostituito con qualcosa di fantasmatico la  rassegna che lanciò Marco Muller (Ombre Elettriche) e che con Steve della Casa e l’accoppiata Vallan/Turigliatto aveva oltrepassato lo scoglio epocale del nuovo millennio senza ferite, bensì rinforzata da eventi come la retrospettiva-Carpenter e quella su Boetticher, o la celebrazione di un genere rinato (“Masters of Horror”, 2005/06), anticipata dalla risurrezione dell’“Esorcista” nella fatidica data del 17 novembre 2000.

Senza dimenticare “Americana” e “Detours” (sezioni senza le quali quel festival non può più dirsi la continuazione del lavoro iniziato nel lontanissimo 1982) e l’appassionato, competente scavo di alcune cinematografie nazionali - la portoghese in primis - cui si è dedicato Roberto Turigliatto.

Trieste, dopo il golpe romano/piemontese di 12 mesi fa, eredita lo spirito dellacasiano più sperimentatore e irriverente (la riabilitazione del cinema “di genere”, celebrato e promosso definitivamente in serie “A”) e la visionarietà di Muller, riuscendo a mettere insieme Joe Dante e Moebius in un’unica, memorabile edizione.

 

Due nomi soli per battere, con un decimo degli sponsor torinesi, l’altra decaduta rassegna.

 

I ragazzi de La Cappella Underground”, che hanno avuto il merito di riportare in vita il Festival di Fantascienza di Trieste sotto la denominazione “SciencePlusFiction”, arrivato all’edizione “07”, hanno all’incirca l’età dei fondatori del Torino Giovani 25 anni fa: questo conta, conta moltissimo.

Al SPF si respira un’aria di festa (con la “f” minuscola, sia ben chiaro), di gioiosa celebrazione di riti collettivi “senza padrone”, dove i Grandi Personaggi non vengono innalzati su scranni di sorta o srotolati su inutili red carpet, ma posti ad altezza d’uomo, dialoganti e privi d’inutile “corte” al seguito.

Le scelte sempre illuminate dei selezionatori verso opere e autori segnati dal tratto comune di un ‘indipendenza produttiva nobilissima –rientra nel gruppo anche il Gilliam dell’edizione 2006- rappresentano in un certo senso il “doppio” creativo (essendone l’incarnazione estetica) della caratteristica essenziale del “SciencePlusFiction”: essere un festival nato e cresciuto in una Regione a statuto autonomo, quindi indipendente da Roma, e testimone di un’avanguardia apartitica che interpreta il federalismo in chiave paradossalmente centrifuga.

 

Trieste (come Udine e Pordenone) ribalta il senso centripeto del decentramento nella gestione dei fondi per la cultura: SPF, Alpe Adria Cinema, NodoDoc, Maremetraggio e CineLatinoAmericano, insieme al FarEastFestival e al SilentMovie, dimostrano come la politica (puro accaparramento di fondi da NON reinvestire, o solo in minima parte) diventi federalista per difendere interessi di quartiere e logiche secessioniste, mentre la cultura “federalista” usa i soldi a disposizione per costruire ponti verso il mondo (Asia, SudAmerica, Stati Uniti, Europa “altra”, etc), invece di chiudersi in un’esclusiva iper-narrazione del proprio hortus conclusus.

 

Qualcuno a Torino dovrebbe arrossire, di fronte a tale “scandalo” (etimologicamente inteso): un piccolo festival in una Regione Autonoma riflette con “due lire” il senso dialogante di una globalità realmente internazionale, da Stati Uniti d’Europa (o del Mondo!), dove però il Friuli e la Venezia Giulia rivendicano la loro indipendenza di Stati della Cultura, mentre la tronfia capitale “savoiarda” - buttando al vento gli sforzi di un ventennio, giunto sino alla formazione di una importante Film Commission (e Steve Della Casa deve continuare a lavorare in indipendenza, se può) - si fa colonizzare da Roma in epoca di ritirate politiche strategiche che, dalla fine del 2006, sanno di impossibile coalizione.

 

I festival di cinema in Italia godono di una vitalità insperata per l’epoca in cui viviamo, ma se la loro proliferazione eccessiva rischia di nascondere i più piccoli o quelli con identità imprecisata, al lato opposto bisogna contrastare i tentativi di accorpare forze e finanziamenti (ancora: Torino e Roma) solo per conquistare una ribalta generica sulle tv, inutile e transitoria, poiché queste rassegne non potranno mai avere il ritorno d’immagine di Venezia o Cannes.

 

Fanno solo l’interesse della Confcommercio e della Confesercenti, col massimo rispetto parlando.

 

La stampa internettiana ha il ruolo di OSCURARE questi eventi, perché è molto poco interessata ai red carpet o alla promozione di un cinema italiano masochista, asfittico, debole e privo di storie, in stile SacherFilm, ComenciniFigli etc da una parte e, dall’altra, Soldini o Calopresti (*)(un fantasma che al Lido andava ripetendo “sono qui per farmi vedere, così non pensano che sia morto” e al quale dedicheremo presto un articolo intitolato “andare in pensione non ti costa niente”) e ha massimo interesse, al contrario, a dare grande risonanza a eventi come il SciencePlusFiction.

 

Sia Cannes che Venezia, peraltro, nell’arco di soli 12 mesi hanno potuto felicemente verificare quanto insensato fosse il timore di perdere posizioni a favore delle altre due kermesse: le edizioni 2007 dei due maggiori festival mondiali sono state le migliori degli ultimi anni.

 

Venezia, per altri quattro anni nelle salde mani dell’infallibile Marco Muller (la vera, grande notizia che attendevamo trepidanti), ha oltretutto un ruolo trainante per tutto il Triveneto: pur saldamente statale – essendo parte dell’Ente o Fondazione “Biennale” - è stata sganciata grazie a Muller da ogni identificazione partitica ed è invece stata agganciata da questi sia a realtà radicate nel territorio “indipendente” (come il CEC di Udine), sia alla lontanissima galassia del cinema del Lontano Oriente.

 

Come dire che Venezia/Muller e Trieste/SPF, in definitiva, percorrono analoghi territori (gli unici possibili) nell’era avanzatissima del melting pot culturale: intrecciare indissolubilmente LOCALE e GLOBALE.

 

 

(*) Il povero ex-ragazzo di Calabria, l’ex-documentarista torinese, l’ex-giovane ingrigito e invecchiato, abbandonato persino da starlettes anch’esse alla deriva, ci fa particolarmente tristezza perché, come chi lo ha lanciato, riassume in sè tutti i difetti di un universo basato sull’infinita autoindulgenza ed entro il quale dichiarazioni-comportamenti-atti estetici e non, tra loro opposti a seconda delle epoche, si giustificavano per il solo fatto di appartenere (un tempo) allo schieramento ritenuto più “corretto”.

 

Ora che due presunti leader politici si stanno fondendo (loro stessi, come “corpi” e facce, nei tg, nelle copertine dei settimanali: li potremmo quasi chiamare Walvio Vellusconi & Silter Bertroni…) in un unico, orribile mix rispetto al quale il cattocomunismo d’antan doveva apparire come perfettamente legittimo, non esistono più alibi per ex-comunisti di estrazione borghese.

 

I nannimoretti e i mimmocalopresti (nanni, mimmo: come Fufi o Fido, il vezzo borghese del nomignolo) sono a un passo dal doversi schierare con i silvioberlusconi un tempo combattuti.

 

Troveranno, vedrete, un qualche escamotage che li affosserà per sempre.

 

“DITE O FATE QUALCOSA DI SINISTRA”, se ne avete la forza morale o intellettuale, se ne avete il coraggio!