INTERVISTA A JOe Dante
Lido di Venezia, 01
settembre 2004 |
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La prima volta che abbiamo incontrato Joe Dante fu nel 1999, a Locarno, in occasione della stupenda retrospettiva dedicata a lui e alla NEW WORLD di Roger Corman. Come a riprendere quel filo interrotto, chiediamo a Dante se concorda sul fatto che, in tempo di guerra (dopo il 1945, quando nasceva; durante il Vietnam, cioè all’inizio della sua carriera e, naturalmente, oggi) si registra sempre un aumento di produzione di pellicole “horror”, quasi che la gente abbia bisogno di un tramite per veicolare la rabbia tipica dei periodi di “crisi”…
JOE DANTE: Penso che ciò sia sostanzialmente vero…Ricorderete come negli anni Trenta, il grande “boom” dei film horror iniziò durante la Depressione, a causa della quale la gente era molto “arrabbiata”. Adesso, vedete, i registi sono sempre stati quel tipo di persone che pensano di riuscire a cambiare il mondo e non riesco ad immaginare un periodo in cui questo sarebbe più necessario di quanto non lo sia oggi! Solitamente, una volta, le minacce venivano dai paesi oltreoceano, mentre purtroppo adesso c’è una vera e propria aggressione che proviene dall’interno del mio paese e io ritengo che molti filmaker sentano di dover incanalare il loro malcontento verso la Casa Bianca girando film dell’orrore. Io credo che questi stiano diventando un po’ troppo esplicitamente “politici” rispetto al passato, ma purtroppo i film non possono cambiare il mondo, perché, altrimenti, IL DOTTOR STRANAMORE avrebbe cambiato ogni cosa: ma non fu così! E così noi ci limitiamo ad esprimere noi stessi, tentando di valorizzare le nostre idee e di influenzare, attraverso esse, il pubblico che va a vedere nostri lavori. Ma è tutto un po’ oltre le nostre possibilità di controllo… KINEMATRIX: Sembra un po’ più pessimista rispetto alla prima volta che l’ho intervistata... JOE DANTE: Beh, non c’era ancora George W. Bush come presidente! KMX: è un grande problema, in questo senso, il fatto di essere in tempo di elezioni... JD: Beh, vedi, gli Stati Uniti sono spaccati a metà e onestamente mi sorprende molto che sia così, dal momento che, almeno per quanto mi riguarda, è fin troppo evidente che le persone che ci governano sono incompetenti, avide e non hanno alcun interesse verso la gente “normale”, ma moltissimi votano contro il proprio interesse e molti di loro hanno subito il lavaggio del cervello dei media. Una volta c’era il mito dei media americani “liberal”, ma le cose ora sono cambiate. Le Società possiedono i media, i media ora sono orientati a destra, la Disney ha persino una radio a New York che non fa altro che “sputare” odio, proprio loro che non hanno distribuito FARENHEIT 9/ 11 perché non volevano essere troppo politicamente esposti…! Penso che ciò ci dica qualcosa: è difficilissimo che, al momento, la Verità venga fuori in America… Reagan se ne venne fuori con questa legge chiamata “ LA DOTTRINA DELL’IMPARZIALITA’“, in base alla quale se c’era qualcuno alla radio o in tv che esponeva il proprio punto di vista politico, in qualche modo anche l’opposto punto di vista doveva essere rappresentato ! Adesso abbiamo solo un tipo di propaganda di destra, che non trova alcun tipo di opposizione e la cosa funziona. Infangare il nemico politico è un metodo che funziona, così come la tecnica di dire falsità, e molta gente non ha alcuna intenzione di preoccuparsi dei punti di vista di chiunque sia. Beh, dicono, lui è il Presidente e dovremmo fare quello che dice! Non avrei mai potuto immaginare quanto grande avrebbe potuto essere un simile gruppo di persone, ma è comunque enorme. KMX: Quindi ritiene, ad esempio, che ora come ora il massimo che la gente può sperare di avere, in America, sono i Democratici alla Casa Bianca? JD: La cosa migliore che si possa fare oggi in America è sbarazzarsi della gente che la governa! Non importa chi li rimpiazzerà. Questi personaggi non sono Veri Repubblicani, oppure “onesti conservatori”, il Partito Repubblicano è stato preso in ostaggio da un gruppo di arroganti, oserei dire “fascisti”, la cui mira principale è, come amano dire, quella di diffondere il loro nuovo tipo di “Libertà” in tutto il mondo, che sia accettato o meno. Costoro hanno preparato per anni il loro piano: rovesciare tutti i regimi politici a loro non graditi. Fate come diciamo noi o v’invaderemo! KMX: E i giovani? La cultura “No global”, molto tempo dopo il “no future“ del Punk, sempre impegnata sull’“altro” fronte, quello giusto, a combattere il Nuovo Ordine Mondiale, anche in senso culturale? Pensa che loro possano cogliere il sottotesto quando vedono film come MATINEE, SMALL SOLDIERS, THE SECOND CIVIL WAR o anche LOONEY TUNES BACK IN ACTION? JD: Dipende da quanti sono e da quanto sono veramente attivisti. Il motivo del perché abbiamo questo tipo di governo in America, dipende dal fatto che la maggioranza dei cittadini non va a votare. Sono disinteressati rispetto al problema. Gli “attivisti” e i No-Global stanno agendo costantemente in modo da cercare di convincere la gente che solitamente non va a votare. è un problema di massima rilevanza. Mi spiego: vivere in un paese dove puoi essere determinante nella scelta di chi ti guiderà e non approfittarne, è assolutamente tragico e l’unica spiegazione possibile è che la gente sia stata “viziata” da anni di abbondanza e ricchezza, al punto che l’idea che adesso si fanno della questione si limita a “E allora? Chi se ne importa! C’interessa solo il nostro privato…”. Patiscono una totale mancanza d’interesse verso ciò che accade nel resto del mondo. Il presidente stesso è carente in termini di “curiosità intellettuale”, al punto che non vuol far altro che tornarsene al ranch a pulire scope! Stanno accadendo talmente tante cose nel mondo, che non sentirsi coinvolti nei problemi degli altri Paesi è un errore enorme. Di solito la gente prendeva ad esempio gli Stati Uniti e diceva “beh, hanno i loro alti e bassi, ma li ammiriamo…”: adesso non ci ammirano più! Voglio dire, stiamo usando la metà delle risorse mondiali e diamo niente in cambio ! è un fatto assolutamente imbarazzante per quelli come me e vorremmo cambiare le cose, ma non ho idea se riusciremo a farlo… KMX: Quanto è difficile lavorare, per lei e per tutti quei registi che riescono a fare un film ogni due o tre anni? In cosa consiste in “grande problema degli Studios”? JD: Il business è cambiato. Si fanno meno film e ci sono più registi che li vogliono girare. La competizione per accaparrarseli è molto ampia, il business è ora nelle mani di enormi Società delle quali gli Studios posseggono solo parti limitatissime e si tende a porre la questione in questi termini: come possiamo produrre un film “tentpole”, dal quale poterne trarre altri venti durante i prossimi venti anni? Cioè, non si vuol fare un singolo film “piccolo”, ma si vuole essere in grado di produrre delle “serie”, dei franchise-film , qualcosa tipo SPIDERMAN 5, 6, 7, 8, 9, 10. Ma il problema non sono i film in serie, bensì il fatto che non esista un reale interesse per il Cinema, oggi come oggi, all’interno degli Studios. Credo che sia tutto riconducibile ad una faccenda di business. Si tratta solo di “che cosa ci farà vendere di più”, di “come far andare i ragazzini a vedere gente che si scopa delle torte (“watch people fuck pies”)”, o qualunque altra cosa si veda in quei film. Facendo un paragone con gli Anni Sessanta o anche i Settanta, quando si facevano film “di contenuto”, che trattavano veri “argomenti” e la gente era stimolata dalle mille possibilità del mezzo filmico, quello che invece vedo ora è che chi tiene i cordoni della borsa, rinuncia in partenza a sfruttare tali possibilità. Gli “indipendenti” sono ancora interessati a parlare di “idee”, ma adesso anche loro appartengono agli Studios. Insomma, è una pessima situazione dal punto di vista creativo. è stato assai difficile. ad esempio, per Jonathan Demme riuscire a girare THE MANCHURIAN CANDIDATE per la Paramount, uno dei maggiori Studios! è una specie di miracolo, anche se poi il film non è andato benissimo al botteghino in America e la prossima volta che arriverà qualcuno a proporre un film “politico”, diranno “beh, vedi, pensiamo di fare un altro di quei film d’azione, con Morgan Freeman e Ashley Judd, con qualche omicidio…”. KMX: Abbiamo intervistato Jonathan Demme, qualche giorno fa, e il suo addetto stampa americano, della Paramount, gironzolava da quelle parti, ascoltando le nostre domande e le critiche implicite alla gestione Bush... JD: Esattamente! Non vogliono sembrare controversi, perché rischiano che qualcuno non vada a vedere il film. è solo una faccenda di come riuscire a far andare il maggior numero di persone in sala. Beh, questo è poi il caso particolare di MANCHURIAN CANDIDATE: speravano di poter avere un’audience grandissima per il film, ma credo che il pubblico l’abbia percepito come troppo serio, troppo politico e anche il titolo, francamente, non è molto azzeccato… Non penso che i più giovani possano conoscere la pellicola di John Frankenheimer (THE MANCHURIAN CANDIDATE, 1962, con Frank Sinatra), che ritengo sia un lavoro decisamente più riuscito, perché non tentava in tutti i modi di porsi come l’unico film politico del momento, cosa che è toccata a Demme, costretto a rappresentare, col suo lavoro, tutti quei prodotti, come THE PARALLAX VIEW (Alan J. Pakula, 1974, con Warren Beatty) o THE CANDIDATE ( Michael Ritchie, 1972, con Robert Redford), che si facevano una volta in America e adesso non più. ècome se tutti stessero guardando a Jonathan e al suo film come qualcosa che deve funzionare per forza: è un bel peso da sopportare… Vorrei che le cose andassero diversamente, ma non vedo cambiamenti all’orizzonte… KMX: Tornando ai Kings of the Bs, pensa ci possano essere punti di contatto tra il suo lavoro, quello di Demme e la New World da una parte, insieme a Tarantino, e Bava, Fulci, Martino, Lenzi dall’altra? JD: Quentin è un link vivente tra questi periodi, perché ha visto tutti i film possibili e li “abbraccia” insieme col suo cinema. Le influenze cambiano e, in America, non abbiamo mai avuto molto altro, oltre ai maggiori film “d’Arte”, degli sporadici prodotti di De Laurentis, con Kirk Douglas come star americana, ad esempio, o l’ERCOLE di Pietro Francisci con Steve Reeves, che fu un enorme successo. Dopo quel film i cancelli si aprirono e arrivò un’ondata di film nei cinema di periferia e questi film di genere influenzarono Roger Corman, la produzione della Hammer, la Hammer ebbe influenza su di essi. Voglio dire, tutti prendevano da tutti e io penso che quel periodo, dalla fine dei ‘60s alla metà dei ‘70s, era un momento di creatività internazionale, perché nessun film era strettamente italiano o spagnolo o altro. Erano coproduzioni con attori da paesi differenti, venduti poi in diverse zone. C’era un “feeling” di cinema internazionale, per cui tutto il mondo era Hollywood e adesso tutto ciò si è perso, perché il pubblico americano ha smesso di accettare il doppiaggio e di conseguenza hanno smesso di usarlo. D’un tratto non si potevano più vendere quei film in America, così finivano direttamente in televisione e poi non c’era più spazio neanche lì e nessun mercato. Si è perso un modo di fare film che non rivedremo più. Ho perso il senso di che cosa o chi siano gli attori “caratteristi” italiani, tedeschi, francesi o spagnoli, perché pochissimi film riescono a passare attraverso il “collo di bottiglia” e arrivare nei cinema di serie “A”. Non ci sono film commerciali. Hanno tentato di doppiare PINOCCHIO di Benigni con attori di fama, ma non è stato accettato neanche quello. E non si possono vendere film con sottotitoli perché è un film per famiglie, e il risultato è che non si vede più un film europeo, fatta eccezione per gli art-movies approvati dalla critica. E, come sapete, questi film di genere, a Venezia non sarebbero mai stati accettati comunque… Se in America li si recensiva, era per categorizzarli come film da drive-in. Nessuno pensava fosse importante recensirli. Le Major non li prendevano sul serio e ora siamo imbarcati in una riscoperta, per cui dobbiamo riscattare questi film anche perché il restauro dei film fatto in Italia non è all’avanguardia e di essi spesso si vedono solo copie in video. Nessuno sa dove siano i negativi e per alcuni è ormai troppo tardi. Eppure sono film degli anni Settanta, non vecchissimi, eppure non si trovano i negativi, come per DANZA MACABRA. KMX: Provate a chiedere aiuto a Martin Scorsese! JD: No, Marty ha le mani già piene di materiale! Ha a che fare con tutto il cinema italiano. Quando ha preparato VIAGGIO IN ITALIA, non c’era proprio spazio per i film di genere. Ma non possono certo scomparire o essere dimenticati. Devi conoscere l’impatto che un film ebbe 20 anni prima, di cosa trattava, che cosa ti diceva di quei tempi. La storia del cinema si può dire ricca solo se puoi vedere tutti i film che sono stati girati. La cosa buona dei DVD è l’incentivo che danno alla gente di restaurarli almeno in video e consentirne la visione a un pubblico allargato. KMX: Cosa ci può dire di MOVIE ORGY? JD: Non lo si può vedere! Un tizio mi ha detto che in Grecia era stato proiettato nei cinema: probabilmente era una copia illegale del nastro che portai a Locarno nel 1999. Deve essere in giro da qualche parte, ma io non ho i diritti sul film, che è composto di migliaia di clip prese da altre pellicole. A suo tempo era un film illegale e chiunque ci avrebbe potuto sparare! “Ehi, quello è il mio film! Dovete pagarmi!” . Noi volavamo col radar, per così dire, in quel periodo! Alcune delle clips originali non so nemmeno da che film le presi e delle altre non ho idea di chi detenga i loro diritti… Per cui, se non l’hai visto a Locarno…Lo hai perso?
KMX: Purtroppo sì…. JD: Grave errore !!! KMX: Pensa che, analogamente a quanto sta succedendo per il cinema di genere italiano, esista nella storia del cinema statunitense un periodo, un genere o una cerchia di registi che meritano una riscoperta? JD: Saresti sorpreso di sapere quanto siano accurate certe case di distribuzione di video americane nell'operazione di riscoperta di film sconosciuti. Ce n'è una chamata "Something Weird" che distribuisce strani film di sexploitation, horror, film di gangster o film prodotti in Texas o Florida che non hanno mai lasciato lo stato nel quale sono stati girati. Distribuiscono qualsiasi cosa riescano a trovare. C'è moltissimo materiale in giro che non è mai stato disponibile prima, film che non si erano mai visti fuori dalle grindhouses. Esistono archivi di pellicole gestiti dalle grandi multinazionali, come quello della United Artists o della AIP. La Time Warner al momento possiede la metà di tutti i film mai prodotti. Hanno una sola divisione video e controllano migliaia di film dagli anni '20 in avanti. Quanti di quei film pensi potranno diventare un DVD quando ci sono Codice Swordfish o Batman prima? KMX: Li possiedono e li lasciano morire... JD: Li possiedono, li restaurano, spendono dei soldi per mantenerli in buone condizioni perchè sanno che è importante conservarli, ma se ne stanno seduti sopra lo scrigno e non lasciano che questi film possano essere scoperti. Sono film ufficialmente scomparsi, a meno che il proprietario non decida di siglare un accordo con qualcuno che li vuole distribuire. La "Anchor Bay" ad esempio (che, per altro, ha ristampato moltissimi titoli italiani “di genere” in tempi non sospetti, NdA) per qualche tempo ha acquistato film da altre compagnie che non avevano intenzione di pubblicarli; un'ottima cosa. Ma per lo più le Major preferiscono non essere infastidite da queste operazioni, semplicemente dicono: “Scordatevelo, andatevene. Non ci interessa quel film e nessuno vuole vederlo”. Danno per scontato che se loro non conoscono il film, allora non lo conosce nessuno. Hanno decine di film degli anni '50 e '60 che reputo molto interessanti e che posso garantirti che nessuno vedrà mai legalmente. A volte li danno alle televisioni via cavo, che li acquistano e li trasmettono, e se si è fortunati ed intelligenti è possibile registrarli, ma per buona parte di questi film, la distribuzione è molto scarsa, particolarmente per quelli degli anni '30. KMX: Pensa che negli Stati Uniti esista un interesse da parte del pubblico per questo cinema “dimenticato”? JD: Non penso. In America non esiste questo genere di interesse “filologico” per il cinema. Nelle grandi città come New York, Chicago o Los Angeles esiste la possibilità di mantenere viva una cineteca, ma in posti come il Kansas si accontentano di Blockbuster; la Tv via satellite è un'alternativa, ma a parte Turner Classic Movies, l'unico canale che riscopre certe pellicole, non programma molti film in bianco e nero; la Universal, la Columbia ed altre grandi major non sono interessate a fare nulla di simile ed i film meno conosciuti scompaiono. E' un peccato, queste pellicole sarebbero da riscoprire. KMX: A questo punto ci viene da chiederle cosa pensa del download illegale di film... JD: Michael Moore ha detto che per lui va bene se la gente scarica i suoi film senza rivenderli. Trovo che al momento il download di interi film sia piuttosto difficoltoso; ci vuole molto tempo e la qualità non è delle migliori, ma non escludo che la situazione possa cambiare. Non credo che guardare un film al computer sia come guardarlo al cinema, ma è sicuramente meglio di niente... KMX: Quindi in qualche modo approva il download di film che non possono essere visti in altro modo... JD: Certo. Il problema è la pirateria? Dovrei disapprovarla perchè gli studios perdono denaro in questo modo? La disapprovo? Non mi interessa. KMX: Anche perchè per molti film non esiste un possessore che possa guadagnare da un eventuale commercializzazione... JD: Esistono dei film di “dominio pubblico” in America. Sono pellicole per le quali nessuno detiene i diritti e chiunque ne abbia una copia può distribuirla. C'è una compagnia chiamata "Alpha" che si è specializzata nella distribuzione di questi film, ma sfortunatamente alcuni di questi sono in copie rovinate, o riversamenti da 16mm, sono pieni di fruscii e difficili da apprezzare. A volte rubano un buon laser disc, ma per lo più sono copie tremende. Nonostante ciò, a volte questo è l'unico modo di vedere certe pellicole. L'unica cosa da fare è sedersi e cercare di capire qualcosa decifrando i fruscii della traccia audio. A quel punto ti dici. “Ok, l'ho visto”. Ma l'hai visto davvero? La maggior parte delle volte, comunque, è meglio di niente... KMX: In questo momento esiste una generazione di americani che oggi ha vent'anni che sembra aver dimenticato la storia del cinema... JD: In realtà non l'hanno mai conosciuta. Non amano il cinema in bianco e nero perchè nessuno gliel'ha mai presentato come una forma d'arte Non sanno chi siano Humphrey Bogart o James Cagney o addirittura non conoscono Kirk Douglas o Burt Lancaster. Se non conoscono gli attori, come possono essere interessati ai film? KMX: Quentin Tarantino appartiene ad una generazione che ha visto quei film, che li ha studiati guardandoli decine di volte in videocassetta... JD: Era motivato. Se sei motivato, il materiale c'è, lo puoi trovare. Puoi diventare un autodidatta in storia del cinema, ma devi essere interessato. Ci sono dei registi molto giovani che conosco che risalgono al massimo a Kubrick nelle loro ricerche, o a Quarto Potere solo perchè sono film troppo importanti per essere ignorati, ma non conoscono Raoul Walsh, Howard Hawks, Anthony Mann o Michael Curtiz. Li ritengono irrilevanti perchè sono vecchi. Conoscono meglio American Pie di Casablanca e non sanno chi fosse Sam Peckinpah. KMX: Penso che ci sia una responsabilità che proviene dalle università... JD: Le Università insegnano Storia del Cinema, ma i ragazzi non seguono le lezioni. Vogliono produrre film e non guardarli. Ci sono persone che vogliono essere studiosi, ricercatori o critici, e che frequentano i corsi, ma ai ragazzi che sognano di diventare registi non interessano queste cose; vogliono una telecamera per fare i propri film, non vogliono sapere chi ha fatto cosa trentacinque anni fa. Mi sta bene; ci sono persone che fanno film a Beiruth senza aver mai visto una produzione di Hollywood, ma penso che ci sia molto da imparare dai vecchi film e che se scegli di non studiarli, neghi a te stesso un vantaggio. KMX: Sono stato alla biblioteca di UCLA ed ho sfogliato qualche libro di testo usato nelle lezioni di cinema; mi ha colpito il fatto che tutti i testi spiegassero come fare un film “di successo”... JD: Quando sono andato ad UCLA per cercare delle vecchie recensioni, ho trovato libri e giornali con le pagine strappate, tagliate, rese illeggibili. C'è parecchio vandalismo ad UCLA. Trai le tue conclusioni... KMX: Non pensa che i giovani potrebbero trovare un punto di incontro come era stato per voi la New World di Roger Corman? JD: Quel periodo è finito. Allora c'era un mercato per quel genere di proposta; c'erano le double features (serate nelle quali venivano proiettati due film, uno “di richiamo” ed uno di genere Nda), le grindhouses ed un buon mercato estero. Ora non è più così, anche Roger Corman è andato in pensione. Dove pensi che possa imparare il mestiere un giovane? Di solito gira un videoclip, poi viene assunto da una Major per fare un film, gli studios lo rigirano a loro piacimento ed il giovane viene rispedito al mittente. Lavorando con Corman ad ognuno era possibile fare almeno quattro film di women in prison che nessuno avrebbe mai visto per imparare il mestiere. Oggi non è più possibile. KMX: Pensa che il digitale e la possibilità di girare film a budget zero possa rappresentare in qualche modo una via d'uscita da questo momento di ristagno? JD: Il digitale è grandioso, ma deve essere associato ad un contenuto. A nessuno interessa un film che non sia almeno decente. Non puoi girare un film se non hai un punto di vista, qualcosa di cui parlare. Oggi è più semplice fare un film ma estremamente difficile riuscire a far sì che qualcuno lo veda. Puoi fare il tuo film, montarlo, farne un DVD e darlo in giro a gente che ha decine di altri film da valutare; perchè dovrebbero essere colpiti proprio dal tuo? La distribuzione in questo senso è ancora un fattore positivo: porti il film ad un festival, fai in modo che la gente si sieda a guardarelo ed a costruire una propria opinione su di esso, questo significa “essere interessati”. Avere una pila di venti DVD e guardare cinque minuti di ciascuno è ben altra cosa. è dura, è più facile ma è dura. KMX: Inoltre negli Stati Uniti non esiste un festival che si possa definire tale; un tempo il Sundance sembrava una grande promessa, ma direi che non è stata mantenuta... JD: C'è il New York Festival, ma ammetto che non è particolarmente interessante. C'era un festival a Los Angeles negli anni '70 chiamato FILMEX che ma purtroppo è sparito. C'erto, c'è il Sundance, ma tutto ciò che si fa lì è vendere film, a nessuno interessa guardarli, parlarne, farsi un'opinione. Non è questa la ragione per cui si va al cinema? KMX: Registi come lei o Jonathan Demme e buona parte dei registi della “Scuola Corman” sono ancora in attività, mentre lo stesso non si può dire dei vostri colleghi italiani. Esiste una generazione di registi italiani “di genere” che ha sofferto terribilmente dell'emarginazione mediatica che ha dovuto subire ed ha dovuto abbandonare il cinema o “convertirsi” a forme espressive maggiormente commerciali. Pensa che la sua condizione sia la più auspicabile in questo senso? JD: L'obbiettivo è quello di rimanere nel business. Sergio Martino fa televisione, lavora. In qualche modo deve portare il pane in tavola... KMX: Mi riferivo al fatto che lei è riuscito a conservare una sua poetica anche nei lavori “su commissione”, come Small Soldiers, che reputo un grande film... JD: Occasioni come quella di Small Soldiers non capitano spesso. Ricevo molte sceneggiature, non sono un emarginato, ma spesso rifiuto perchè non mi piacciono. Ci sono film che non voglio fare, altri che non andrei mai a vedere, altri ancora che penso potrebbero essere più adatti a qualcun altro. Generalmente non giro un film se non sono sicuro che andrei a vederlo. Se ricevo la sceneggiatura di un film che non andrei a vedere al cinema, anche se è un'ottima sceneggiatura, rifiuto, rispondo: “trovate qualcuno che sia un appassionato di questo genere di cose, io non sono la persona giusta”. Voglio poter dire: “Sono la persona adatta per fare questo film, sarà il mio film”. Ma non ci sono molte possibilità. KMX: Quanto è difficile per lei esprimere ciò che vuole comunicare avendo a che fare con le grandi major del cinema e con i produttori che, dal momento che impegnano un capitale, sono autorizzati ad avanzare pretese sulla realizzazione di un film... JD: In effetti il film è loro, dei produttori che pagano. Spesso si entra in conflitto con chi paga ed è necessario discutere, il che rende la realizzazione di un film non proprio rilassante. Ci sono stati casi nella mia carriera ultimamente in cui ho dovuto scontrarmi con questo tipo di situazioni; a volte è stato molto spiacevole e faticoso riuscire a far prevalere la mia visione del film. Sei circondato da decine di persone che ti dicono cosa fare e che spesso non hanno nemmeno letto la sceneggiatura. E' difficile far trasparire la tua personalità in un film, perchè la personalità è qualcosa che difficilmente va a genio ai produttori. I produttori adorano i registi senza personalità, perchè fanno film “generici”, ma questo non è il tipo di cinema che amo. I film sono un'estensione di me stesso.. Anche il mio ultimo lavoro, Looney Tunes Back In Action, è stato travagliato, ma lo sento comunque come un film “mio”; forse qualitativamente non è ai livelli di altri miei lavori, ma trovo che mi rappresenti. Quando non sarà più così, mi ritirerò. KMX: Ci vuole parlare di qualche progetto che ha scartato negli ultimi anni? JD: i Flinstones, ad esempio. Me l'hanno proposto, ma io non ho mai amato la serie animata. A quel punto ho detto ai produttori: “Io posso fare questo film, ma è meglio se trovate qualcuno che ama veramente i Flinstones”. Io ho fatto un film sui Looney Tunes perchè ne sono fan, ad esempio. Loro hanno trovato un tale che aveva tutti i gadget dei Flinstones, ed era la persona giusta per fare il miglior film sui Flinstones possibile... KMX: Quindi per lei il cinema è arte, espressione... JD: Espressione, certo. Se non ti esprimi, perchè fai cinema? Bisogna alzarsi presto, litigare con le persone, lavorare molto, ma il risultato deve essere l'espressione, altrimenti è meglio rimanere a casa. KMX: Cos'ha in progetto per il futuro? JD: Ancora non lo so. Ho per le mani una sceneggiatura che tratta della realizzazione di The Trip di Roger Corman che sto cercando di farmi finanziare, ma non è facile trovare i soldi per realizzarla, ma ci sto lavorando. A qualcuno va di investire?
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