WHITE STRIPES
Bologna, Paladozza, 21 ottobre 2005
Che piaccia o meno i White Stripes sono la punta di diamante del cosiddetto
"pre-rock", ma a differenza di molte band simili ma salite nel carrozzone
dell'opportunismo, loro (fratello e sorella?.. -ex- marito e moglie?..),
anche in quanto alfieri dal "lontano" 1999 del genere stesso, rimangono
personalmente uno tra i gruppi più credibili - seppure cadendo in qualche
contraddizione di marketing - e talentuosi in circolazione. Certo Meg White
non è un fenomeno alla batteria ma il suo stile scarno ed essenzialmente
dilettantistico si sposa a dovere con la creatività del compare Jack e
soprattutto va a nozze con l'attitudine selvaggia/primitiva della band
stessa. Causa traffico, si giunge al Paladozza con i supporters Greenhornes
già sul palco a tentar di scaldare gli animi dei presenti, proponendo un
appassionato garage-rock riuscendo alla fine nell'intento, a conclusione del
loro set infatti, il pubblico li saluterà in maniera calorosa e soddisfatta.
Appena finita la loro esibizione, ecco comparire i roadie per sistemare gli
strumenti con mise d'ordinanza (verstiti neri, cravattina rossa e bombetta:
parte del già citato marketing, appunto..). Alcuni di questi addetti ai
lavori passerà il tempo a disseminare piante completamente bianche su tutta
la zona della strumentazione, allestendo così una coreografia alquanto
esotica. Dietro al palco, come sfondo, un telone nero in cui giganteggia
l'immagine di una mela. Mezz'ora dopo la fine dei supporters e spente le
luci dell'intero impianto sportivo, un gran boato della folla accoglierà
l'arrivo dei due: Meg s'infilerà subito dietro alla batteria mentre Jack
saluterà il pubblico presentando lui e la sorella. Si parte poi subito in
quarta con il singolo "Blue Orchid" tratto dal loro ultimo e quinto album "Get
Behind Me Satan" e per i circa 90 minuti dello spettacolo non mancherà
all'appello quasi nessuno dei loro cavalli di battaglia (tra gli altri:
"Dead Leaves And The Dirty Ground", "Black Math", "My Doorbell") salvo
qualche eccezione come ad esempio "You're Pretty Good Looking". I due -
Jack, suonando di volta in volta a seconda dell'esigenza della canzone la
chitarra, il pianoforte o lo xilofono e Meg, la batteria, le percussioni o
semplicemente proponendosi come cantante - eseguiranno brani vecchi e nuovi,
propri o cover (ad esempio "Jolene") senza far notare che tutto sommato sul
palco ad eseguirli sono solo una coppia. Infatti i White Stripes fanno parte
della categoria dei grandi animali da palcoscenico e, tra l'altro, loro non
temono il problema del limitato supporto strumentale: il loro suono risulta
comunque corposo, potente come se non fossero solo due a suonare
contemporaneamente sul palco. Di tutta la scaletta proposta qualche pezzo
viene eseguito leggermente diverso, magari più lento come "Fell In Love With
A Girl" o elettrico come "Hotel Yorba" non facendo comunque perdere
l'originale fascino. Tutto scorre via in un attimo e al ritorno per gli
immancabili bis ecco accontentato il pubblico che, nelle precedenti pause
tra un pezzo e l'altro, intonava a gran voce il riff tormentone dell'ormai
classica "Seven Nation Army". Aggiungetevi come epilogo canzoni quali "The
Hardest Buttom To Buttom", "Red Rain" e la conclusiva "De Ballit Of De Boll
Weevil" per chiudere il cerchio da dove era partito ovvero con un gran boato
della folla ma, stavolta, non per l'arrivo ma per la partenza dei due verso
i camerini sperando inutilmente in ulteriori songs. La serata per i White
Stripes è finita ma non per il pubblico. In molti, infatti, si riverseranno
in massa verso il Covo per l'aftershow organizzato appositamente per il dopo
concerto nella speranza, ovviamente vana, di incontrare magari là Jack o Meg
White..
voto al pALADOZZA:
26/30
voto ai WHITE STRIPES: 29/30
voto ai GREENHORNES: 26/30
voto al pubblico: 28/30
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