di Diego GRASSEDONIO

V Fest

Centennial Park, Sydney, 31 Marzo 2007

In quest’estate australiana, letteralmente invasa da music festival, approda a Sydney il V Fest, affermato festival inglese alla sua edizione inaugurale qui downunder.
Il V Fest è un ideale punto d’incontro tra sonorità rock indie marcatamente live rappresentate da artisti come Beck, Pixies, Ny Dolls e performance in cui l’inclinazione elettro è predominante senza però rinunciare alla presenza live on stage come insegnano The Rapture e Soulwax. Nel mezzo, anello di congiunzione, un palco in cui si ricerca l’equilibrio tra il live e l’elettronica, il cui arduo compito spetta a Gnarls Barkley e Groove Armada.
Sono previste 30.000 persone in questo solegiato sabato pomeriggio di fine estate a Centennial Park; a giudicare dalle code letteralmente infinite alle toilette ed ai bar ritengo che i pronostici di affluenza di pubblico sono stati ampiamente superati!!!
Unica nota poco positiva: acusticamente la vicinanza di due palchi in cui si esibivano contemporaneamente diversi artisti creava una zona di ascolto con un curioso quanto fastidioso effetto stereofonico; orecchio destro Groove Armada, orecchio sinistro Beck.


Accedo al V Fest mentre I PHOENIX stanno suoando “If I ever feel better”, hit che ha reso famosa questa band francese. Il cantante Thomas Mars, visibilmente entusiasta, precisa che questa è la prima esibizione dei Phoenix in Australia ed è sinceramente soddisfatto del caloroso benvenuto riservato loro dal numeroso pubblico. Poi, improvvisamente, decide di lanciarsi tra la folla, senza assistenza della security, per condividere il suo microfono e cantare a squarciagola insieme alle migliaia di giovani venuti ad assistere al suo show. Mi piace questo sound indie in cui sono però presenti tracce di elettronica e venature guitar pop. Molto emozionale, in tutte le sue accezioni, dai momenti più spensierati a quelli più malinconici, a tratti ricordano i compatrioti Air. La loro scaletta include molti brani dell’ultimo album "It’s never been like that" ed il risultato è una performance live che supera le mie aspettative e mi sorprende. Voto: 27/30


Seguono i NEW YORK DOLLS band che ha coniato il punk rock prima ancora esistesse una definizione per esso. Creatori negli anni ’70 di un hard rock che includeva i presagi del punk e del metal; famosi per le tragiche vicissitudini legate al mondo della droga che hanno segnato momenti drammatici, i NY Dolls si sono riunti nel 2004. Della formazione originaria sono rimasti soltanto Johansen (voce) e SylSylvain (chitarra). Qualcuno potrebbe essere scettico su una tale reunion dopo oltre trent’anni. Tuttavia il loro ultimo album "One day it will please us to remember even this" (2006) emana ancora quell’energia incontrollabile e rabbiosa tipica del loro approccio alla musica. Ispiratori di intere generazioni di musicisti, la loro performance dal vivo è tutt'oggi una scarica di adrenalina. Buon feeling con il pubblico considerato che anche per loro si trattava della prima esibizione in Australia. Memorabile la versione di “Piece of my heart “ di Janis Joplin.

Voto: 28/30
 

Mi accorgo che i GNARLS BARKLEY stanno per suonare dagli spostamenti migratori della folla verso il palco adiacente. Formazione composta da Cee-lo Green, frontman e songwriter, e Danger Mouse, musicista e produttore ricercato. Appaiono on stage con un ensemble di 12 elementi in cui trova spazio addirittura un quartetto d’archi e un organo Hammond. Imprevedibili anche nel look: sono tutti vestiti da tennisti con divise vintage ’70 e occhiali a specchio. Cee-lo Green ha in mano una racchetta da tennis con la quale non esita a tirare al publico alcune palline. Fondamentalmente complicato definire la loro musica: vi è un’attitudine soul pop ma non mancano metriche piu’ hip hop, sfumature funk alla Sly & the Family Stone e chitarre distorte. "St. Elsewhere", il loro album edito nel 2006, racchiude in sé tutto questo microcosmo musicale. Su “Crazy”, hit planetaria, e sul nuovo singolo “Who Cares?” vi è un boato tra il pubblico ed ovazioni per la dinamica performance dei Gnarls Barkley, al loro battesimo in terra d’Australia. Voto: 28/30

Seguendo una corrente ascensionale mi ritrovo all’Other Stage mentre i THE RAPTURE stanno suonando.
Nonostante un loro brano si intitoli “People don’t dance no more” devo ammettere che I The Rapture sanno come istigare il dancefloor, come far ballare chi li ascolta. La loro musica è un’escursione tra il garage ed il funk marcatamente elettronca. Inoltre il quartetto in alcuni brani come “Whoo!Alright, yeah… Uh huh” e “ House of jealous lovers” fa un uso quasi ossessivo del campanaccio rendendo ipnotico il loro sound. Anch’essi alla loro prima esibizione nel continente australe, reduci dall’album "Pieces of the people we love" (2006) sfoggiano maestria nel suonare dell’elettronca dal vivo… marcando una nuova linea di confine. Voto: 27/30


Ormai al tramonto si esibiscono i GROOVE ARMADA. Il duo inglese composto da Andy Cato e Tom Findlay nell’ultimo decennio ha ricercato sempre nuove e fresche soluzioni musicali. Ed infatti sono accompagnati da una vera e propria band, quasi a riconciliare la musica dal vivo e la dance. Ogni traccia suonata è una bolla di sapone, fluttua nell’aria e improvvisamente esplode, scompare, lasciando spazio alla prossima song…Immancabili alcuni classici come “Purple Haze”, “I see you baby” e “At the river” . Ottima la presenza on stage della frontwoman vocalist 100% black, suono pulito e compatto… hit come “ Superstylin’” e “My friend” mandano letteralmente in estasi il pubblico ed il sottoscritto. Voto: 28/30


Abbandono lo show dei Groove Armada quando mi accorgo che, in concomitanza, sta suonando BECK. Sono curioso di vedere dal vivo quest’eclettico genialoide postmoderno. Si muove in un kaleoidoscopio di influenze: pop, folk, psychedelia, hip-hop, country, blues, R&B, funk, indie rock, noise rock, experimental rock, jazz, lounge… I suoi testi surreali, libere associazioni di pensieri tenute insieme dal sense of humor, si amalgamano perfettamente i suoi avventurosi viaggi musicali. Raccoglie perle da Mellow Gold, Odelay e Midnite Vultures quali “Devils Haircut” e “SexxLaws”. La folla lo adora nonostante la sua performance vocale, specialmente su “Loser”, non ritengo sia stata delle migliori. Innovativo l’uso del video: una telecamera riprendeva dal vivo delle marionette raffiguranti I membri della band. I pupazzi erano animati da professionisti che erano in grado di emulare in tempo reale quanto stava avvenendo sul palco creando un continuo richiamo tra il reale e l’onirico. Sempre un passo avanti. Voto: 29/30
 

Quando guingo all’Other Stage mi accorgo che lo show dei SOULWAX è già finito. Bloody Hell! Un po’ deluso, mi rasserena l’idea che il loro alter ego musicale ovvero 2 MANY DJ’S sta per iniziare. I fratelli Dewaele, David e Stephen, sono le menti che stanno dietro ad entrambe i progetti, quasi fossero due facce della stessa medaglia, lo ying e lo yang. I soulwax sono la parte in cui predominano gli strumenti suonati dal vivo, seppur con un feeling dance. 2 Many DJ’s sono la loro reincarnazione elettronica, fatta di quella decostruzione molecolare denominata mash up inventata quasi per gioco proprio dai fratelli Dewaele.
Tornano in Australia dopo la performance al Big Day Out 2006. Il loro dj set è strabiliante, miscelano praticamente ogni frammento di storia della musica: Jackson 5, Madonna, James Brown, Cerrone, Rolling Stones, Sonic Youth, Clash passando attraverso bootleg dei Nirvana e approdando a “You shook me all night long” in tributo agli australiani AC/DC. Nonostante la critica abbia cercato di etichettarli è evidente la loro continua ricerca di nuovi linguaggi che trascendono il concetto stesso di mash up dal quale provengono. Voto: 28/30
 

Conservo le ultime energie rimaste per lo show dei PIXIES.
La band americana sin dalla fine anni ’80 ha profondamente influenzato l’alternative rock, con le loro chitarre distorte, le loro dinamiche dettate dalle linee di basso e dalla voce femminile di Kim Deal. Dopo la reunion nel 2004 i Pixies appaiono on stage davvero affiatati e riescono a trasmettere un atmosfera di intimità e calore. Il pubblico, una marea di gente, canta praticamente all’unisono brani storici di Doolittle quali "Monkey Gone to Heaven" and "Here Comes Your Man", “Debaser”. Non mancano brani quali “Bone Machine” e “Gigantic” tratti da "Surfer Rosa" primo loro album capolavoro prodotto da Steve Albini nel lontano 1988. Infine “La La love you” e “Where is my mind”, ideale colonna sonora a conclusione del V Fest. Praticamente perfetti. Voto: 29/30
 

Nonostante si trattase della sua edizione inaugurale il V Fest ha saputo regalare preziosi momenti di ottima musica, e gli sguardi raggianti della folla lo testimoniano…
 

Where is my mind???
 

voto complessivo al festival: 28/30

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