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MUDHONEY Rimini, Velvet, 14 luglio 2007
Una strana serata al Velvet, il locale rock per eccellenza della riviera romagnola, 18 anni compiuti: accoglie i Mudhoney, 19 anni di carriera, erroneamente spacciati per anticipatori del grunge. D’accordo, al tempo bastava essere di Seattle, ma qui manca tantissimo di quello stile/movimento. I testi, è vero, sono nichilismo puro, ma così schematici e ripetitivi da suonare un po’ falsi col passare del tempo. I Mudhoney, nelle loro canzoni, fanno solo domande (si sprecano gli interrogativi) e non hanno tanta voglia di analizzare, approfondire i motivi della presunta angst giovanile, sia che fosse quella del 1988-92, sia che si tratti di quella attuale, che anagraficamente non possono condividere. Musicalmente siamo totalmente dalle parti degli Stooges e degli MC5 di Detroit, ai limiti del plagio, come nel testo di “1995”, che cita senza mezzi termini l’analogo “1969” di Iggy Pop, o nella struttura dei brani, negli a-solo di Steve Turner e nell’alternanza di brevi brani superdinamici e lunghe cavalcate catatoniche. Al solito, il meraviglioso pubblico velvettiano trasuda passione a prescindere e generosità da veri music lovers a 360 gradi, con tanto di drappello di pogatori che forma vortici al centro delle prime 4-5 file. I quarantenni Mudhoney hanno camicette con vaghi motivi a quadri (…), ma Mark Arm mette in scena una pallida imitazione dei movimenti dell’Iguana, però, anche qui, senza convinzione, senza “l’ispirazione” dello stupido Iggy, come lo definiva Lou Reed. Ecco, il problema è che, oltre a mancare di una propria forte personalità, i Mieledifango imitano solo la pelle dei loro gruppi di riferimento, senza il contenuto, senza trasporto, convinzione e passione. Come dicevamo, il pubblico perdona tutto e ama più di quanto dovrebbe i quattro americani, impegnati in una sufficiente riproposizione del loro repertorio, rock ormai stentoreo e buono solo per un’energetica serata alcolica. Niente feedback, poche distorsioni, niente estremismi, brani proposti in sequenza infinita, senza dialogo col pubblico, senza contatto, ma con discreta professionalità appagata. I Mudhoney, comunque, riescono meglio nei brani secchi e brevi, dove i riff compulsivi di Turner (similissimi fra loro) hanno un senso, per quanto timbricamente identici al sound di Ron Asheton (ci risiamo…). Diciamo pure che il concerto convince solo nello start deciso e potente (“You Got It”, da “Superfuzz Bigmuff” dell’88 e “Suck You Dry” da “Piece of Cake” del ’92), anche se l’improvvisa e immediata intromissione in scaletta di un brano del periodo calante -1992, appunto- suona come un’anomalia e spezza presto il buon ritmo stabilito all’inizio. Molti hits del primo EP e dell’omonimo album dell’89 verranno concentrati in altre parti del concerto, in particolare verso la fine, anche se i Mudhoney sanno perfettamente che alla gente non interessa nulla di ciò che hanno fatto dopo il già citato 1992. Mentre passano “Need”, “No one has”, “Come to mind”, “Touch me I’m sick”, “If I think”, “Hate the police”, “I’m spun”, ci ritroviamo a guardare il pubblico piuttosto che il palco, convinti che, a questo punto, sarebbe stato meglio chiedere i diritti a Iggy Pop e ai fratelli Asheton per poter riproporre le loro cover dal vivo. Adesso, a distanza di tanti anni dai MotherLoveBones e dai Nirvana, non capiamo cosa ci sia di grunge nella musica dei Mudhoney. Amiamo, invece, incondizionatamente l’atteggiamento dei ragazzi accorsi al Velvet, la loro passione infinita, forse dovuta al fatto che pochi superano i 25, il ché giustifica l’atteggiamento deferente-rispettoso-esaltato di fronte a un gruppo il cui presunto mito è stato tramandato dagli anziani (un po’ come i prodotti delle tradizioni orali nel corso dei millenni: “si narra che nell’88 i Mudhoney…”). Chi non vorrebbe passare una serata a dialogare con Dante Alighieri, anche se invece della “Commedia” ti leggesse i versi di Tiziano Ferro o Paolo Meneguzzi (…)? O avere Andy Warhol ospite a “Markette” per parlare di Vallettopoli??? Il problema è che i Mudhoney sono ancora vivi e, most of all, non sono Elvis o Jim-Jimi-Janis-John.
Ennesima dimostrazione della magia che il Velvet riesce a ricreare sempre, ennesima conferma del suo straordinario pubblico, non sempre ripagato da performance di alto livello.
VOTO AI MUDHONEY: 22/30
VOTO AL VELVET: 30++/30
VOTO AL PUBBLICO: 30 ++/30 |
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