di Gabriele FRANCIONI

JULIETTE LEWIS and The Licks

Bologna, Estragon, 07 Dicembre 2005

Concerto poco visuale e molto muscle-oriented. Juliette Licks, yeah, ma non all’Estragon, ohibò! Il cinema è lasciato a casa e tutto è portato al grado zero, non in senso dispregiativo, delle potenzialità immaginifiche del rock. Semplicità del dressing-up, assenza di make-up, movimenti sul palco stringati ed essenziali. è il locale a farla da padrone: una cave prismatico-rettangolare che comprime al punto giusto i corpi degli adoranti. C’è chi spera in una Lewis Dea Che Strippa, come in certe immagini apparse un po’ ovunque: ma erano festival estivi e altre temperature esterne e forse interne. Sul palco si esibisce un gruppo di persone in palestra, molto motivate e concentrate: noi non possiamo far altro che adeguarci, felici di farlo. E vai con i brani di YOU’RE SPEAKING MY LANGUAGE e LIKE A BOLT OF LIGHTNING, perfettamente brevi, secchi, assestati allo stomaco (palestrato).
Quello che colpisce di più, durante la pogata continua all’Estragon, è la conoscenza dei brani e dei testi da parte del pubblico.
Forse c’immaginavamo tanti cinefili svagati o nipotini di Mr. Iggy innamorati di un rock generico post-Stoogesiano ed energetico.
L’energia c’è, ma in quantità industriali del tutto impreviste!
Veniamo sballottati per oltre un’ora e, pur a tre metri dalla selvaggia Faith di STRANGE DAYS, non riusciamo a metterla a fuoco. Noi continuiamo a vederla con l’occhio della macchina da presa, ma qui è come avere una videocamera digitale superadattata ai flutti dei corpi, con le sospensioni adatte per affrontare le buche del percorso. Senza la visuale auspicabile di Ralph Fiennes dotato di squid a Venice Beach.
Prima calma piatta, poi, mentre appare in fuseaux neri a strisce gialle (idem l’attillato top-shirt, molto sporty), il delirio.
Non che pensassimo alle alternanze di rabbia e rallentamenti alla PJHarvey di I CAN’T HARDLY WAIT (che flash, lei e la Bigelow e il paillettatissimo vestito del film), ma certo non immaginavamo un pump-up continuo, tutto tenuto su ritmi alti e un chitarrismo d’annata. Quando si chiamava “hard-rock”, e tutto era semplice, dicono. Questo è un concerto semplice, veloce, utile per fare movimento fisico e relax mentale, divertendosi come in una versione senza sputi del punk. Punk candeggiato, pogate lineari ed educate, spintoni, cellulari persi (ma ritrovati da ragazze gentili, never stoned). Niente di male, ma Juliette non produrrà capolavori, anche perché i Licks sono solo simpatici e onesti e lei non domina molte ottave. La ragazzina di CAPE FEAR “usa” concerto e musica per sciacquare il liquido mentale un attimo stagnante, per fare jogging, per dimenticare di essere anche una star con varie zone buie da cui è più o meno uscita (certo che soffrire per la fine della storia con Pitt è un “meno 10” assegnatole in partenza, senza sconti).
Eppure spara una mitragliata simpatica di dodici/quindici brani senza soste, chiedendo continuamente una risposta dal pubblico, che arriva sempre puntuale, generosissima.
Che dire, i Licks sembrano i Free, i secondi e terzi Stooges, i Ramones a seconda dei casi, forse con una costruzione armonica dei brani troppo elementare e sonorità volutamente elementari, basate su strumentazione da a-b-c della musica. Ecco: sembra anche di essere sul set di SCHOOL OF ROCK. Jack Black era sicuramente dietro il palco, all’Estragon.
Però la soddisfazione è stata massima, proprio perché tanta fisicità tutta in una volta fa bene.
GOT LOVE TO KILL accelera l’andatura e i movimenti, ci fa cadere quello che avevamo in mano, poi è la volta di AMERICAN BOY, e la trance si fa totale, prima che arrivi SO AMAZING, nel sudato delirio collettivo.
SEARCH AND DESTROY (l’Iguana ai tempi di RAW POWER) chiude, o quasi, il tributo idolatrante a Juliette, qui trasformatasi in una cat people pompatissima tutta campi medi e niente primi piani, unlucky us !
Però merita il nostro secondo posto davanti ai Kaiser Chiefs, perché più maleducata e sfrontatamente generosa nello spendersi su e giù per il palco. Visivamente essenziale, come un bel documentario. Niente filth, parecchia fury.

VOTO ALLA PERFORMANCE: 27/30
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