di Gabriele FRANCIONI

 

KAISER CHIEFS

Rimini, Velvet, 12 Novembre 2005

IL CONCERTO

Il Luogo
L'aspetto “visivo” del concerto dei Kaiser Chiefs sta tutto nel pubblico, come spesso accade al Velvet, che è da sempre uno degli spazi più belli per il rock. La band, per intenderci, deve essere dotata di assolute peculiarità del dressing up o degli “additivi” grafico-coreografici per cercare di competere con i bellissimi ballatoi-corridoi rialzati, ai lati, sempre pieni di folla agitata come dentro un Titanic che non affonda e con la sensazione di essere infilati dentro un tunnel schiacciato. Tipico degli ex-garage o ex-magazzini diventati sale da concerto negli Ottanta. Aver visto al Velvet, negli anni, Skunk Anansie, Interpol o Kaiser Chiefs, non muta il primo ricordo che hai della serata, quasi mai legato alla musica in sè: l’immagine della gente che si esalta o tace e, in fondo (a me è capitato di stare quasi sempre alla sinistra del palco), il gruppo. Il luogo, cioè, batte sempre chi vi suona.
Vai al Velvet, come per lo Slego, il Vidia, l'Aleph, l'Ethos (quando esistevano) anche per il contorno, quindi per il prima e il dopo, se non soprattutto per quello: la black-area per i piccoli eventi, il guardaroba super-rialzato, il bar. è tutto un gioco di saliscendi, gradini improvvisi, pilastri da capannone riadattato, sensazione di NEW-WAVE PERENNE.

La Band
Questa volta i bravi ragazzi danzerecci di turno hanno fatto discretamente il loro dovere, ma non sono stati all'altezza della storia del locale. Come successe un anno fa con gli Interpol, un'oretta scarsa (55 minuti !!!) non può essere "accettata" dal popolo del rock, specie se sgancia 15 carte, ovvero 30. Va bene che il nuovo post-punk tutto cut-and-paste di questi ultimi due/tre anni diventa oggetto di attenzione planetaria nel giro di una notte e quindi l'idea di "velocità", stringatezza, pseudo-essenzialità dovrebbe essere coerente col tutto, ma, santoddio, un set deve durare un'ora e mezza, almeno. E non c'è gruppo di supporto che tenga, a meno che non siano i Bloc Party per gli stitici Interpol del 2004.
Forse girls&boys stipati nel Velvet moltiplicheranno l'evento con le foto prese dal cellulare o con miracolosi mp3-player nascosti chissà dove (lasciate stare: la qualità è sempre pessima. O vai di Dat, o niente), ma di sicuro non sembrano così irritati, come dovrebbero, per l'atteggiamento sintetico della band.
L'immagine del suono, per dirla con SKULL OF ROCK, è ridotta all'osso, con giochi di luce fin troppo calibrati e le solite giacchette mod-da-ufficio che irritano.
A parte l'ironico start-up su MONEY FOR NOTHING dei Dire Straits (!), i brani si susseguono come schioppi di fucile, ben sparati al massimo del volume, come pallettoni colorati lanciati verso il pubblico.
I K.C. ci mettono quel tot di demenzialità elettronica utile a renderli più "light" delle guitar-band loro cugine e a far ballare, ma certi borbottii delle tastiere sono sinceramente orrendi. è un peccato, perché Rick Wilson & co. ogni tanto azzeccano segmenti-anthem assai coinvolgenti. MY GOD è la sintesi perfetta, nel bene e nel male: simil-pianoforte inutile all'inizio, note isolate di tastiera a metà canzone a fare da contrappunto al resto, ottimo refrain guitar-oriented ("Oh my god I can't believe it, I've never been this far away from home"), buon riff disteso verso il finale. è anche uno dei brani più amati dal pubblico, che apprezza una versione, per una volta, più lunga di quella su cd. Stessa accoglienza per il semplice ritornello di MODERN WAY, con il solito minimalismo posticcio delle keyboards e un testo che è la risposta a ogni critica ("This is the modern way, takin'it every day, we are the only ones, is that what we use to say?"), I PREDICT A RIOT, titolo falso-combattente, ma comunque il brano migliore in assoluto, e l'inno zompettante EV'RY DAY I LOVE YOU LESS AND LESS. Nessun pezzo viene fuori perfetto, nemmeno NIGHT, con i suoi coretti glam. Ma questa è la via moderna di fare le cose. Anche di proporre un'assurda cover di I HEARD IT THRU' THE GRAPEVINE (Marvin Gaye...).
A parte il solito diving del cantante, i Kaiser si muovono quel che serve sul palco e svolgono il compito coreografico con fantasia abbastanza limitata.


OSSERVAZIONI "LATERALI"

Il Dogma-2005 del bravo new-new-waver
KAISER CHIEFS è uno dei nomi maximamente up di questi tempi, associabilissimi a BLOC PARTY, MAXIMO PARK, FUTUREHEADS (la parte più easy del neo-post-punk mondiale), insieme a INTERPOL, EDITORS e DEPARTURE , che però vanno per le nebbie.
L'idea-base della musica di quasi tutti i "rockers" 20-28enni albionici e oltreoceanici (FRANZ FERDINAND inclusi) è questa:

1. Prendere ritmiche, timbriche chitarristiche e vocalità lugubro-esistenzialistiche del periodo 1979-1982 (diciamo da UNKNOWN PLEASURES a PORNOGRAPHY, pescando di volta in volta da Wire, Jam, The Sound, The Cure, Joy Division, Xtc, Psychedelic Furs, Bauhaus, New Order), con escursioni speziate verso Pop Group o Gang Of Four per alcuni;

2. Scegliere un gruppo di riferimento dominante che appartenga a quell'epoca (gli INTERPOL "sono" i JOY DIVISION-Parte Seconda);

3. Fare un taglia-e-incolla selettivo per assemblare brani che non sforino quasi mai i 2-4 minuti, veloci da ascoltare o downloddare;

4. Rendere danzabile il tutto, o quasi (non ci vediamo impegnati in un lentone sulla base di NewYorkCares, tanto per intenderci);

5. Curare gli arrangiamenti con la massima attenzione e la dotazione tecnologica dei Duemila;

6. Sfoggiare look consapevoli, a metà tra riferimenti tristo-aziendali, mod e vaghi inconsapevoli accenni all'essenzialità del Bauhaus, ai Kraftwerk scolpiti e a neonazismi da copertina per il taglio dei capelli, etc.;

7. Scegliere almeno un membro del gruppo che assomigli a Ian Curtis (o agli Sparks);

8. Averne un altro nella line-up che sia di origini chiaramente non anglosassoni e abbia esotico cognome;

9. Scegliere il nome della band - e/o di alcuni brani - riferendosi a immancabili teutonicità o sassonicità presunte gelido-esistenzialtristi ed evocanti nozioni di "ordine", pulizia, guerra o polizia (FRANZ FERDINAND, KAISER, INTERPOL o addirittura, come nel caso di "Munich" degli Editors, una città tedesca a caso, ma esoticamente rigorosa nella pronuncia, senza considerare che la Berlino-centro-del-mondo di Lou Reed e, in seconda battuta, di quel copione di Bowie, era un ovvio luogo simbolico, laddove Monaco è come dire Pomezia o Lecce. Per non dire di WARSZAWA, che ispirò l'immenso Curtis. A quando un cd intitolato "Dortmund" o una band autonominatasi WESTFALIA ROOTS o GLAMOUR REICH?);

10. Concedersi mediaticamente in maniera supercontrollata, sfoggiando vite regolarissime e de-gossippate;

11. Alternare tournées pulite e lunghe, ma fatte di mini-concerti, a registrazioni di nuovi cd pre-apprezzatissimi dalla critica;

12. Curare copertine e siti ufficiali con cura maniacale e assai calibrata.

In un certo senso, abbiamo redatto senza volerlo un dodecalogo valido per tutti costoro. Quello che torna è che abbiamo pile di canzoni giuste da ascoltare; quello che non va è che l'originalità manca del tutto, se non la si ritrova almeno nella capacità di alcuni di associare in maniera bizzarra l'enorme archivio sonoro degli ultimi 25-30 anni, disponibile sul web come in un self-service asettico.
I ragazzotti si ritovano un'estate in una stanza di famiglia mediamente non-operaia e cominciano a fare il cut-and-paste di cui si diceva; grazie al passaparola internettiano case discografiche e critica sono sempre in stato di allerta e se qualcuno uploada un po' del proprio talento, il gioco è fatto. In tre ore passi dal nulla alle pagine di NME e su LimeWire.
Basta leggere le interviste su RUMORE o ROCKERILLA o BLOW UP: tutti raccontano di vite cambiate nel giro di un paio di mesi, di tournée impossibili da immaginare, di spiagge da sballo e di secondi dischi da cacciar fuori con la pistola alla tempia e, ma questo lo anticipiamo noi, di un tranquillo fine carriera, dopo 2-3 anni di sparkling life.
Tutto ciò sa di splendide e democraticissime occasioni uguali per tutti: ma non esiste un Movimento, un'idea Dominante (non parliamo di ideologie...), una Sincerità globale che leghi la musica al Mondo Reale.
Un esistenzialismo generico è dominante nei testi e nessuno osa mai rischiare qualcosa per spingersi oltre.
Internet ha rivoluzionato la creazione e la fruizione della musica, rendendola atemporale e sganciata da ogni tipo di contesto, spalmabile sull'Ipod come marmellata sulla fetta di pane.
Al loro confronto di tutte queste band "del Duemila", anche le "vite" degli Oasis (!) sembrano un turbinìo di eventi molto rock, lungo un decennio di alti e bassi e gossip continui, comunque analogiche, se non più viniliche, e comunque reali.
Kurt Cobain, poi, appare come un Cristo passato in terra per comunicare il Verbo, tutto Sangue & Sofferenza.
Sembra un secolo fa, sono passati appena una dozzina d'anni.

VOTO AL VELVET: 30/30

VOTO AI KAISER: 24/30