KAISER CHIEFS
Rimini, Velvet, 12 Novembre 2005
IL CONCERTO
Il Luogo
L'aspetto “visivo” del concerto dei Kaiser Chiefs sta tutto nel
pubblico, come spesso accade al Velvet, che è da sempre uno degli spazi più
belli per il rock. La band, per intenderci, deve essere dotata di assolute
peculiarità del dressing up o degli “additivi” grafico-coreografici per
cercare di competere con i bellissimi ballatoi-corridoi rialzati, ai lati,
sempre pieni di folla agitata come dentro un Titanic che non affonda e con
la sensazione di essere infilati dentro un tunnel schiacciato. Tipico degli
ex-garage o ex-magazzini diventati sale da concerto negli Ottanta. Aver
visto al Velvet, negli anni, Skunk Anansie, Interpol o Kaiser Chiefs, non
muta il primo ricordo che hai della serata, quasi mai legato alla musica in
sè: l’immagine della gente che si esalta o tace e, in fondo (a me è capitato
di stare quasi sempre alla sinistra del palco), il gruppo. Il luogo, cioè,
batte sempre chi vi suona.
Vai al Velvet, come per lo Slego, il Vidia, l'Aleph, l'Ethos (quando
esistevano) anche per il contorno, quindi per il prima e il dopo, se non
soprattutto per quello: la black-area per i piccoli eventi, il guardaroba
super-rialzato, il bar. è
tutto un gioco di saliscendi, gradini improvvisi, pilastri da capannone
riadattato, sensazione di NEW-WAVE PERENNE.
La Band
Questa volta i bravi ragazzi danzerecci di turno hanno fatto
discretamente il loro dovere, ma non sono stati all'altezza della storia del
locale. Come successe un anno fa con gli Interpol, un'oretta scarsa (55
minuti !!!) non può essere "accettata" dal popolo del rock, specie se
sgancia 15 carte, ovvero 30. Va bene che il nuovo post-punk tutto
cut-and-paste di questi ultimi due/tre anni diventa oggetto di attenzione
planetaria nel giro di una notte e quindi l'idea di "velocità",
stringatezza, pseudo-essenzialità dovrebbe essere coerente col tutto, ma,
santoddio, un set deve durare un'ora e mezza, almeno. E non c'è gruppo di
supporto che tenga, a meno che non siano i Bloc Party per gli stitici
Interpol del 2004.
Forse girls&boys stipati nel Velvet moltiplicheranno l'evento con le foto
prese dal cellulare o con miracolosi mp3-player nascosti chissà dove
(lasciate stare: la qualità è sempre pessima. O vai di Dat, o niente), ma di
sicuro non sembrano così irritati, come dovrebbero, per l'atteggiamento
sintetico della band.
L'immagine del suono, per dirla con SKULL OF ROCK, è ridotta all'osso, con
giochi di luce fin troppo calibrati e le solite giacchette mod-da-ufficio
che irritano.
A parte l'ironico start-up su MONEY FOR NOTHING dei Dire Straits (!), i
brani si susseguono come schioppi di fucile, ben sparati al massimo del
volume, come pallettoni colorati lanciati verso il pubblico.
I K.C. ci mettono quel tot di demenzialità elettronica utile a renderli più
"light" delle guitar-band loro cugine e a far ballare, ma certi borbottii
delle tastiere sono sinceramente orrendi.
è un peccato, perché Rick
Wilson & co. ogni tanto azzeccano segmenti-anthem assai coinvolgenti. MY GOD
è la sintesi perfetta, nel bene e nel male: simil-pianoforte inutile
all'inizio, note isolate di tastiera a metà canzone a fare da contrappunto
al resto, ottimo refrain guitar-oriented ("Oh my god I can't believe it, I've
never been this far away from home"), buon riff disteso verso il finale.
è anche uno dei brani più
amati dal pubblico, che apprezza una versione, per una volta, più lunga di
quella su cd. Stessa accoglienza per il semplice ritornello di MODERN WAY,
con il solito minimalismo posticcio delle keyboards e un testo che è la
risposta a ogni critica ("This is the modern way, takin'it every day, we are
the only ones, is that what we use to say?"), I PREDICT A RIOT,
titolo falso-combattente, ma comunque il brano migliore in assoluto, e
l'inno zompettante EV'RY DAY I LOVE YOU LESS AND LESS. Nessun pezzo viene
fuori perfetto, nemmeno NIGHT, con i suoi coretti glam. Ma questa è la via
moderna di fare le cose. Anche di proporre un'assurda cover di I HEARD IT
THRU' THE GRAPEVINE (Marvin Gaye...).
A parte il solito diving del cantante, i Kaiser si muovono quel che serve
sul palco e svolgono il compito coreografico con fantasia abbastanza
limitata.
OSSERVAZIONI "LATERALI"
Il Dogma-2005 del bravo new-new-waver
KAISER CHIEFS è uno dei nomi maximamente up di questi tempi,
associabilissimi a BLOC PARTY, MAXIMO PARK, FUTUREHEADS (la parte più easy
del neo-post-punk mondiale), insieme a INTERPOL, EDITORS e DEPARTURE , che
però vanno per le nebbie.
L'idea-base della musica di quasi tutti i "rockers" 20-28enni albionici e
oltreoceanici (FRANZ FERDINAND inclusi) è questa:
1. Prendere ritmiche, timbriche chitarristiche e vocalità
lugubro-esistenzialistiche del periodo 1979-1982 (diciamo da UNKNOWN
PLEASURES a PORNOGRAPHY, pescando di volta in volta da Wire, Jam, The Sound,
The Cure, Joy Division, Xtc, Psychedelic Furs, Bauhaus, New Order), con
escursioni speziate verso Pop Group o Gang Of Four per alcuni;
2. Scegliere un gruppo di riferimento dominante che appartenga a
quell'epoca (gli INTERPOL "sono" i JOY DIVISION-Parte Seconda);
3. Fare un taglia-e-incolla selettivo per assemblare brani che non
sforino quasi mai i 2-4 minuti, veloci da ascoltare o downloddare;
4. Rendere danzabile il tutto, o quasi (non ci vediamo impegnati in
un lentone sulla base di NewYorkCares, tanto per intenderci);
5. Curare gli arrangiamenti con la massima attenzione e la dotazione
tecnologica dei Duemila;
6. Sfoggiare look consapevoli, a metà tra riferimenti
tristo-aziendali, mod e vaghi inconsapevoli accenni all'essenzialità del
Bauhaus, ai Kraftwerk scolpiti e a neonazismi da copertina per il taglio dei
capelli, etc.;
7. Scegliere almeno un membro del gruppo che assomigli a Ian Curtis
(o agli Sparks);
8. Averne un altro nella line-up che sia di origini chiaramente non
anglosassoni e abbia esotico cognome;
9. Scegliere il nome della band - e/o di alcuni brani - riferendosi a
immancabili teutonicità o sassonicità presunte gelido-esistenzialtristi ed
evocanti nozioni di "ordine", pulizia, guerra o polizia (FRANZ FERDINAND,
KAISER, INTERPOL o addirittura, come nel caso di "Munich" degli Editors, una
città tedesca a caso, ma esoticamente rigorosa nella pronuncia, senza
considerare che la Berlino-centro-del-mondo di Lou Reed e, in seconda
battuta, di quel copione di Bowie, era un ovvio luogo simbolico, laddove
Monaco è come dire Pomezia o Lecce. Per non dire di WARSZAWA, che ispirò
l'immenso Curtis. A quando un cd intitolato "Dortmund" o una band
autonominatasi WESTFALIA ROOTS o GLAMOUR REICH?);
10. Concedersi mediaticamente in maniera supercontrollata, sfoggiando
vite regolarissime e de-gossippate;
11. Alternare tournées pulite e lunghe, ma fatte di mini-concerti, a
registrazioni di nuovi cd pre-apprezzatissimi dalla critica;
12. Curare copertine e siti ufficiali con cura maniacale e assai
calibrata.
In un certo senso, abbiamo redatto senza volerlo un dodecalogo valido
per tutti costoro. Quello che torna è che abbiamo pile di canzoni
giuste da ascoltare; quello che non va è che l'originalità manca del
tutto, se non la si ritrova almeno nella capacità di alcuni di associare in
maniera bizzarra l'enorme archivio sonoro degli ultimi 25-30 anni,
disponibile sul web come in un self-service asettico.
I ragazzotti si ritovano un'estate in una stanza di famiglia mediamente
non-operaia e cominciano a fare il cut-and-paste di cui si diceva; grazie al
passaparola internettiano case discografiche e critica sono sempre in stato
di allerta e se qualcuno uploada un po' del proprio talento, il gioco è
fatto. In tre ore passi dal nulla alle pagine di NME e su LimeWire.
Basta leggere le interviste su RUMORE o ROCKERILLA o BLOW UP: tutti
raccontano di vite cambiate nel giro di un paio di mesi, di tournée
impossibili da immaginare, di spiagge da sballo e di secondi dischi da
cacciar fuori con la pistola alla tempia e, ma questo lo anticipiamo noi, di
un tranquillo fine carriera, dopo 2-3 anni di sparkling life.
Tutto ciò sa di splendide e democraticissime occasioni uguali per tutti: ma
non esiste un Movimento, un'idea Dominante (non parliamo di ideologie...),
una Sincerità globale che leghi la musica al Mondo Reale.
Un esistenzialismo generico è dominante nei testi e nessuno osa mai
rischiare qualcosa per spingersi oltre.
Internet ha rivoluzionato la creazione e la fruizione della musica,
rendendola atemporale e sganciata da ogni tipo di contesto, spalmabile sull'Ipod
come marmellata sulla fetta di pane.
Al loro confronto di tutte queste band "del Duemila", anche le "vite" degli
Oasis (!) sembrano un turbinìo di eventi molto rock, lungo un decennio di
alti e bassi e gossip continui, comunque analogiche, se non più viniliche, e
comunque reali.
Kurt Cobain, poi, appare come un Cristo passato in terra per comunicare il
Verbo, tutto Sangue & Sofferenza.
Sembra un secolo fa, sono passati appena una dozzina d'anni.
VOTO AL VELVET: 30/30
VOTO AI KAISER: 24/30
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