di Gabriele FRANCIONI

HELLACOPTERS

Live in Italy - Ravenna, Bronson

 

Probabilmente gli HELLACOPTERS stanno replicando in tutto e per tutto la vicenda artistica dei loro antenati MC5, punto di riferimento più che esplicito per gli svedesi col passaporto (quasi) italiano.

Ovvero: una massacrante attività concertistica e una vita passata sul palco, a gratificare orde di fans immarcescibili e fedeli, attaccati più all'idea che il "rock'n roll will never die" piuttosto che alle singole canzoni degli Hella o a nuovi capolavori su cd.

Il Bronson, pienissimo, esplode praticamente a ogni intro dei brani, senza eccezioni di sorta e si rivela un luogo ideale per questo tipo di rito collettivo fideistico: pareti non-nere, compagnia affabile, gestione alla mano e comunicativa. Uno student-place senza pose e tic da spazio-di-culto.

Da un punto di vista ambiental-coreografico, per così dire, solo le luci andrebbero abbassate un po' di più durante i set.

L'atmosfera, quindi, è assai piacevole, perché è qui che i simpatici rockers scandinavi si trovano a loro agio, piuttosto che in uno studio di registrazione, asettico e freddo.

Come gli MC5 (immancabile la cover finale di KICK OUT THE JAMS), il loro urlo rock rimarrà il sano e grezzo segno del fatto che questa musica ha radici senza età, puntualmente replicate a scadenze decennali: da una parte i gruppi innovativi e di successo, dall'altra quelli che tramandano onestamente il Verbo.

Al momento, in quest'inizio incerto dell'anno musicale e concertistico, è difficile dire, però, chi siano (se gli HELLA rappresentano gli MC5 del 2006) gli STOOGES di turno...!

Forse non è neanche un caso che questo patrimonio del Verbo Rock Originario venga preservato da nazioni periferiche rispetto al centro dell'Invenzione - Londra, New York, San Francisco, Manchester, Liverpool, Seattle, Newcastle, Detroit, a scalare, naturalmente - perché l'innovazione può esserci solo dove fu posto il seme da cui si è sviluppata questa musica (tutti sanno che il Blues e il Country nacquero nel sud degli U.s.a., matrici nera e bianca di un suono meticcio; ancora più in là, Africa e Irlanda...ma questa è un'altra storia).

Insomma, il resto del mondo può portare contributi momentanei e parziali, ma mai seminali.

In ordine sparso possiamo ricordare band diversissime e di collocazione ambivalente (commerciale/ alternativo) in questi ultimi 35 anni. Non potendo includere nel rock i cosmici tedeschi, ecco allora, citati in ordine sparso, Shocking Blue e Golden Earring (Olanda anni '60/'70), Young Gods (Francia anni '90), Sepultura (Brasile), tanto per farci capire.

Impossibile includere, poi, cose marginal-etereo-ambiental-progressive nell'ormai confuso e multietnico panorama odierno non-rock, che svaria dall'Islanda a Timbuctù... (Bjork, Air, Blonde Redhead etc etc etc).

Nessuno di loro ha cambiato la storia di questo genere.

 

Anyway, la serata è piacevole come poteva esserlo un concerto dei Cramps 10/15 anni fa (mutatis mutandis, ovviamente). 

Anzi, c'è qualcosa nella cover-art degli H., in particolar modo di EP e CD-singoli, che ricorda l'idea di rock'n roll senza tempo e fuori del tempo di Poison Ivy e Lux Interior: le girls addobbate molto 50's, prese di peso da un Russ Meyer d'annata; la grafica fumettistica - tipo il primo album crampsiano per la IRS - con ovvi heavy-items in più, tipo skulls a volontà e un po' di metallica psichedelia. Il logo o i titoli sembrano spesso quelli dei Fuzztones(!).

Insomma, rock primigenio che fa saltare almeno le prime 7 file del pubblico, che però non poga e il cantante non fa stage-diving.

Gli Hella sono in gran auge, in questo periodo, grazie a ROCK'N ROLL IS DEAD, lavoro che li ha tirati fuori dal limbo di dischi altalenanti, di una produzione eccessiva e dalla fama di stage-band.

L'esperienza si fa sentire sul palco, dove la band è più quadrata che in passato e non rischia l'incontinenza di qualche anno fa, anche se qualcuno storce il naso proprio per la ripulita posteriore al successone di ROCK'N ROLL IS DEAD, inaspettatissimo.

Più di mille parole, vale qui riportare quello che scrisse Luca Fusari a proposito delle due (ora sono tre...) vite del gruppo, che ci ha letteralmente sommersi di - troppi - singoli in questi 10 anni abbondanti di attività: "Cito dalla nota biografica pubblicata sul sito ufficiale degli Hellacopters: ‘Osservandoli dall’esterno, [gli Hellacopters] sono riusciti a creare un suono autenticamente rock’n’roll, più di quanto abbia fatto qualsiasi band americana del ventunesimo secolo’.
Non sembra che scherzino, i ragazzi: più avanti il sedicente biografo butta lì come fagiolini parallelismi con la British Invasion degli anni ’60, tira in ballo Jagger e Richards e pure Gesù Cristo, del quale il combo svedese pare avere le stesse capacità salvifiche (si vedano testi "impegnati" e titoli come HAVE MERCY ON THE CHILDREN, EV'RYTHING'S ON TV, DISAPPOINTMENT BLUES, LONG GONE LOSERS, MURDER IN MY MIND etc. N.d. R.). Della gran retorica rock’n’roll, che se fosse riferita al grandioso album del 1997 Payin’ the Dues (addirittura 9 anni fa! quello di HEY, YOU ARE NOTHIN'e WHERE THE ACTION IS, n. D. r.), potrebbe anche filare, ma se pensiamo che è sfornata ad hoc per gli Hellacopters odierni, potremmo ricavarne una bella riflessione. I cinque svedesi sono infatti lanciati a tutta velocità sulla strada del Grande Rock e purtroppo imboccata in pieno con High Visibility: quella di un rock’n’roll che vorrebbe essere da classifica, e non fa altro che ripetersi. Se infatti all’inizio della loro carriera gli Hellacopters recuperavano una tradizione, e lo facevano in un modo e in un momento storico al di là di ogni sospetto , il fatto che i ragazzi si siano dati una ripulita sonora inaudita proprio al momento del passaggio su major dà davvero da pensare. Una cosa è ispirarsi ai Radio Birdman, un’altra diventare la caricatura di se stessi impegnati ad imitarli".

Comunque, il nuovo disco è venuto fuori 3 anni dopo le critiche feroci di Fusari e ora come ora la dimensione live ci restituisce il meglio degli Hellacopters dei Duemila, che non si sono montati così tanto la testa da evitare di tornare in locali di media dimensione, come l'ottimo Bronson.

La serata corre velocissima, senza interruzioni, e mille brani brevissimi ci sommergono: anthems consolidati, hit recenti, cover etc.Non assomiglieranno agli Skid Row, ma il chitarrismo alla Ted Nugent (che con Stooges, Radio Birdman e MC 5 forma un bel quartetto di nomi di riferimento) li inquadra definitivamente come no-time-rock-band, pronta a rinascere a intervalli regolari e, se accade, a entrare in qualche classifica americana specializzata.

Gli anthems del momento, I'M IN THE BAND, EV'RYTHING'S ON TV, PUT OUT THE FIRE, BRING IT ON HOME, si alternano al periodo intermedio - la peraltro splendida BY THE GRACE OF GOD, checché ne dica Fusari - e al resto.

DIRTY WOMEN, 16 WITH A BULLET, BORN BROKE, YOU ARE NOTHING, HEY!, GOTTA GET SOME ACTION: tutti titoli che nel suono e nei testi sembrano presi di peso da quella no man's land temporale degli Stooges post-FUNHOUSE, tipo I GOT A RIGHT (altra classica cover degli H.) e simili.

Sarà "rock generico", ma una band così emozionante dal vivo è difficile trovarla di questi tempi.

 

VOTO AL BRONSON: 28/30

VOTO AGLI HELLA: 25/30

VOTO AL PUBBLICO: 30/30