cat power
Bologna, Estragon, 07 Maggio 2007
Ho il ginocchio gonfio.
Assistere zoppicante ad un concerto non è esattamente il mio ideale di
serata. Neanche quando l’artista in questione è Cat Power.
Ma stasera è la sera: arrivo all’Estragon e, oltre ad un accesso rapido,
riesco anche a trovare libero un tavolino nei pressi del bar, con sgabello
allegato, ottimo punto di osservazione.
Mi guardo intorno: il pubblico comincia a fluire con calma, riesce a trovare
facilmente una collocazione nel tendone spazioso, forse troppo, per quello
che si rivelerà essere un concerto molto soffuso, malgrado tutto.
Non c’è il pienone del mega-raduno, né ce lo aspettiamo.
Ma c’è varietà.
Così, ormai acclimatati e piuttosto confortevoli nella nostra attesa,
veniamo intrattenuti dai 30 minuti di set del duo/spalla, batteria/chitarra,
altrimenti noto come Dexter Romweber Duo: il paragone con i White
Stripes viene subito all’occhio, considerato che la batterista è una
Lei... ma solo a quello.
Cominciamo ad immergerci in questo mood americano, che farebbe piacere a
Tarantino, ed ammicca a Johnny Cash e al rockabilly: mi aspetto che da un
momento all’altro esca fuori Black Mamba in tuta gialla…
Poi, con i 20 minuti buoni di ritardo di ordinanza, eccoci al dunque: Chan
Marshall in tutto il suo splendore di pantalone-giacca-canotta nera, e
capelli raccolti.
“Ciao Bologna, come stai?”
E si comincia.
Come se salutasse un vecchio amico.
Chan ci fa entrare nel salotto di casa sua, tra i suoni che le sono
congeniali, luci soffuse e nei toni dell’arancione, accoglienti, e prende le
misura della stanza, il palco, passeggiando padrona dello spazio.
E della voce.
Cerca gli angoli, per ascoltarla e divertirsi a scrutare la sua band;
stabilisce piccoli legami con il pubblico, chinandosi a guardarci e a
parlarci, attraverso il suo timbro caldo, che avvolge.
“Could We”, che sfocia in “Satisfaction”, che sfocia in “The Greatest”: e si
è guadagnata l’attenzione.
Canta con il corpo, beve litri di coca-cola e fuma sigarette, mentre
scivoliamo in una parte più intima, in cui troveranno posto “The Moon” e
“Where Is My Love”, particolarmente apprezzate.
Trovo la sua capacità di variare nelle cover particolarmente piacevole e
sorrido mentre riconosco “New York New York” o “Crazy”..eppure…
Faccio mente locale: cosa sto guardando?
Stasera Cat predilige un dialogo prevalentemente musicale, senza troppo
“cabaret”, se non in alcuni passi e balletti; è affiatata con la band, si
diverte... ha messo in scena quello che è il suo “divertissement”, il suo
giocattolo, e ce lo mostra.
Ma ricordavo un’anima un po’..”più rock”, mutuando il commento di un vicino
di tavolo...
A volte, l’atmosfera è così pacata da diventare quasi soporifera...
amplificata dalle dimensioni del locale, a mio parere, troppo grande per un
concerto dall’ambizione tanto discreta.
Certamente, un buon modo per cominciare la settimana e diluire lo stress del
quotidiano... certamente, la musica ideale da ascoltare al buio e in
raccoglimento... ma io, devo ringraziare il tavolino che mi sorregge, in
alcuni momenti, con buona pace dei fans adoranti, che sottolineano e
fruiscono molto rispettosamente e con consapevolezza delle sonorità sfumate.
Dopo un’ora e trenta suonata impeccabilmente, tuttavia, siamo ai saluti: la
band è introdotta, “la più grande voce soul, da Atlanta, Georgia” è
presentata e riconosciuta.
Inchino corale, saluto finale, acclamato da un’audience tutto sommato
riconoscente per quanto si è scambiato con Cat, che prende e trattiene
l’applauso vicino al cuore.
Si accendono le luci, gli amici se ne vanno... musica di sottofondo ad
agevolare la dipartita: Santo Bowie ci ha messo una pezza…
Il tigrotto bianco sull’amplificatore, però, era qualcosa..
voto a cat power: 26/30
voto al
pubblico: 26/30
foto© Daniele MENGACCI
|