di Nicoletta APPODIA

BLOC PARTY LIVE

Bologna, Estragon, 12 Maggio 2007

La curiosità per i Bloc Party nasce nel 2005, quando mi imbatto quasi casualmente nel loro primo lavoro “Silent Alarm”, e torno adolescente, riconoscendo anche troppo bene le batterie sincopate, i sedicesimi sul charleston, le chitarre e i bassi sui quali mi tormentavo negli anni ’80, un revival, o dovrei parlare di fenomeno “resuscitativo” (io, e i neologismi...) tanto in voga di questi tempi.
“Sono cresciuti a pane e Cure!”, penso ascoltando la voce di Kele Okereke: Robert Smith che incontra i Living Color, che incontrano i Talking Heads, che occhieggiano ai Clash... insomma, roba mia. Poi, all’inizio dell’anno, “A Weekend In The City”, la super-produzione di Jacknife Lee, testi intimisti e fans divisi.
Uhm.. Piace, non piace?
Sarà che a me gli U2…
Urge un Live.
Quindi, Estragon.


Entrando nella struttura capisco che il pienone pubblicizzato sarà reale: tavolini convenientemente spostati ai lati del tendone; fila che si autoalimenta, pacchetto completo.
Potrei a questo punto digredire nella descrizione del microclima interno, da cui la totale incomprensione del sistema di condizionamento di certe venues, che immagino esista esclusivamente per funzione decorativa: fa industrial, sai com’è… ma, onde evitarvi crescite di peluria diffusa sul viso, che in questa stagione, poco conviene, sceglierò la forma contratta: fa un caldo suino.
Il che significa che la band supporter non dovrà fare troppo sforzo per scaldare il pubblico.
Ore 20.30: i Biffy Clyro cominciano, precisi come un fuso.
Trio chitarra-batteria-basso, capelli un po’ troppo lunghi, poveri loro, ci stupiscono con un rock rumoroso, onesto, energico, che molto ricorda i Bloc, e quindi funge da degna apertura.
Suonano un set completo di circa 9 pezzi, il pubblico risponde, generoso.
Intanto, la marea di gente fuori si è spostata verso l’interno e da una stima rapida, direi che le mille persone le abbiamo raggiunte, e anche superate.
 

Ore 22.10 circa: Here we go!
Kele, Russell, Gordon, Matt, “You know, we’re Bloc Party (ma va?) and you know, we’re going to party!” .
Simpatia, portaci via. è una scommessa sicura.
Apre “Song For Clay” e comincia il movimento vero.
La band ci porta su e giù a prendere i nostri pezzi preferiti, dosando bene il nuovissimo con il passato prossimo.
“Positive Tension”, “Hunting For The Witches”, “Banquet” e il pubblico, se ci fosse stato un minimo dubbio, è tutto dentro, è tutto aperto, suda tanto da far ammettere a Kele che “come band inglese, bè, stiamo soffrendo un po’ il caldo…” (dicevamo, del microclima?)
Ascolto i suoni, è tutto molto più diretto, soprattutto nei pezzi nuovi, la superproduzione che ascoltavo e temevo dall’ultimo cd, viene molto mitigata.
O forse semplicemente riportata alla natura del pezzo, all’origine della strofa-ritornello.
Quella rimane valida, rimane energica.
La voce è più tonda, mantiene un che di melanconia, evidente nelle linee melodiche, per le quali sarò sempre riconoscente alla tradizione britannica.
Si può obiettare che non sia nulla di originale, che è tutto già stato scritto, o sentito. Sono entusiasta, sì, ma non del tutto sorda. è un’osservazione applicabile alla gran parte delle band che il Regno Unito ci sta proponendo, da qualche anno, in una rinnovata British Invasion, e chi ha vissuto la prima magari vorrebbe essere stupito.
Non tutte le citazioni, però, riescono altrettanto bene, in maniera convincente, né trasmettono la sincerità di chi le interpreta.
Forse è questo il segreto di band come i Bloc Party. E la certezza di rivolgersi a un target che, effettivamente, non dispone, nell’immediato, dei termini di paragone. Salvo, in seguito, riscoprire le vecchie glorie.
“The Prayer”,“Where Is Home”; arriviamo a “Eating Glass”, con tanto di microfoni animati di vita propria e prime file in pogo furente.
Non sembra vero: siamo già ai finti-saluti, preludio al bis!
Non che si facciano pregare troppo per concederlo..
Ed ecco “I Still Remember”.


Abbiamo conferma del potere dei canali musicali da certi dettagli, come conoscere a memoria esclusivamente le canzoni con un video in heavy rotation sul detti canali, ad esempio..
Abbiamo conferma di essere in Italia, da situazioni che vorremmo dimenticare, invece, come l’incessante agitarsi delle prime file a discapito di un certo numero di ragazze, che rischiano il collasso, letteralmente, tanto da far fermare l’esecuzione del brano, e spingere Okereke a richiedere un po’ di “rispetto” per le poverine, e sto citando.
Fortunatamente, il pezzo riprende ed anche la festa.
Saranno caciaroni, ma gli italiani sanno farsi perdonare, e coinvolgere, entrano dentro e si fanno contaminare: Kele scende in mezzo al pubblico per metà di “She’s Hearing Voices”.
Ormai, potrebbe fare ciò che vuole: ha libero accesso a tutti i nostri sorrisi.
Cosa può concludere una scaletta così?
“Helicopter”, of course.
Ok, lo ammetto: ero quella in piedi sulla sedia, saltellante e in bilico.
è stato inevitabile..
Questi ragazzi e la loro passione.
Perché fuggire al contagio?


voto a bloc party: 28/30

 

voto al pubblico: 18/30

ammonizione per numerosi falli di pogo

 

foto© Daniele MENGACCI