di Diego GRASSEDONIO

A BIG DAY OUT
Melbourne, 28 gennaio 2007

“Ehi mate it’s gonna be a big day out!!” sentenzia sorridente un addetto alla sicurezza con quell’incomprensibile inglese masticato tipico degli australiani. Mi trovo al Prince South Park di Melbourne dove oggi, in concomitanza con la finale degli Australian Open di tennis, tiene il BIG DAY OUT, un festival itinerante giunto alla sua quindicesima edizione. Dò un occhiata al programma e un brivido di mi corre lungo la schiena… la line up è impressionante: Violent Femmes, Tool, Kasabian, The Killers, Muse, Jet e decine di altri artisti si alterneranno sugli otto palchi del big day out in una lunga maratona rock indie. Necessariamente alcuni show si terranno in concomitanza e pertanto, maledicendo il fatto di non possedere il dono dell’ubiquità, mi ritrovo obbligato fare delle scelte. Unica certezza: l’esibizione dei Violent Femmes, headliner al green stage alle ore 21.30.

Oh yes, it’s gonna be a big day out, penso tra me e me.

Nonostante Melbourne sia famosa per i repentini cambi climatici (gli australiani la chiamano “la città delle quattro stagioni in un giorno”!) una tersa giornata di sole accoglie la folla variegata ed eterogenea nella quale io mi immergo: teenager ansiosi ed eccitati di vedere i loro idoli dal vivo per la prima volta, freaks dai costumi coloratissimi e roadies instancabili.

Nel primo pomeriggio l’atmosfera si incendia con lo show dei KASABIAN sul green stage. La band inglese appare in gran forma, miscela sapientemente le sonorità distorte e l’elettronica che la caratterizzano ed il risultato è una performance coinvolgente. Il pubblico entusiasta inizia a saltare quando Tom Meighan canta “L.S.F. (Lost Soul Forever)” e “Processed Beat”, hits del loro primo album omonimo. “The Last trip”, “By my sides”  e “The Doberman” sono una scarica di energia pura ed i fans letteralmente impazziscono quando i Kasabian attaccano la maestosa “Empire” brano da cui è tratto  il titolo del loro ultimo lavoro in studio. Memorabili i folti baffi alla Charles Bronson di Tim Meighan, il suo look impeccabile e la sua presenza sul palco. Voto: 28/30

 

Poco dopo è JOHN BUTLER ad attirare la mia attenzione: australiano, chitarrista fingerpicking dalla voce blues, accompagnato da batteria e contrabbasso che rendono la sezione ritmica incredibilmente funky. “Treat yo mama”, “Soulful” sono brani da cui immediatamente traspare la passione e la dedizione amorevole di John Butler per la musica. Il suo fervore ed impegno politico non tardano a manifestarsi quando  cantando “Earthbound child” inneggia a una free nuclear Australia. Il pubblico applaude. Voto: 27/30, colpo di fulmine e mi riprometto di acquistare Sunrise over the sea l’ultimo album di John Butler Trio.

 

Capisco quanto fossero attesi i THE KILLERS a Melbourne dal boato che oltre 50.000 persone emettono all unisono quando Brandon Flowes sale sul palco addobbato con margherite ed inizia a cantare “Somebody told me” hit dell’albun Hot Fuss con la quale i Killers sono entrati prepotentemente a far parte della scena Rock Indie. Molto marcate le contaminazioni di Smiths e New Order nel loro stile comunque caratterizzato da venature glam. Il pubblico canta a memoria “Jenny was a friend of mine” e non mancano  hit dell’ultimo album Sam’s Town quail “Bones” (imperdibile il video di Tim Burton) e “When you were young”. Al pianoforte piano Brandon Flowers regala momenti da brivido. Voto: 26/30

 

Inizia a calare il sole, il cielo sembra incendiarsi di rosso e, su consiglio di alcuni local, decido di non dedicare troppa attenzione allo show di Muse e Jet (entrambi comunque acclamatissimi) e di concentrarmi piuttosto su YOU AM I, band australiana che dal 1992 è letteralmente adorata, ha ottenuto consensi da Soundgarden e Sonic Youth, ha suonato con The Who e con The Rolling Stones, ha ispirato band del calibro di Silverchair, Jet e Wolfmother.

Ciò che mi colpisce è l’energia on stage di Tim Rogers, voce e chitarra, un sound rock dalle venature quasi punk. Anche il coinvolgimento del pubblico in brani come “Friends like you” e “It ain’t funny how we don’t talk any more” tratti dal loro ultimo album Convicts mi entusiasma. Attimi di intimità quando viene intonata “Happy birthday to you…” dedicata al batterista in occasione del suo compleanno. Voto: 26/30

 

Al calare delle tenebre  i TOOL  salgono sul main stage. Il quartetto californiano torna in tournee in Australia dopo cinque anni ed immediatamente ci si ritrova coinvolti in uno spettacolo multisensoriale, in cui la musica si amalgama perfettamente con le immagini a dir poco allucinanti  che vengono proiettate. Adam Jones, chitarrista, fa un uso della distorsione quasi ipnotico, mentre si sussegono cambi ritmici ed acrobazie vocali. Cerco di etichettarli…rock, art, metal, prog…non ci riesco! “10,000 days” , brano che da il titolo al loro ultimo album, manda praticamente in trance la folla . Grandiosi. Voto: 29/30

Purtroppo devo abbandonare prima della fine della loro esibizione i Tool perchè in concomitanza iniziano a suonare i Violent Femmes sul green stage.

La sala è piena all’inverosimile. Tuttavia un religioso silenzio fluttua nell’aria. Tutte le loro esibizioni dell’attuale  tournee Australiana sono sold out  già da mesi. La band di Milwakee  tornano a calcare il palco del Big Day Out dopo quindici anni, dopo quell’esibizione del 1992 in cui i VIOLENT FEMMES condivisero il palco con una band allora semisconosciuta chiamata Nirvana. Da sempre underground, ai bordi delle luci della riblta, ma comunque adorati da  una generazione, i Violent Femmes appaiono in grandissima forma. Il loro melodic folk punk, il loro atteggiamento quasi da busker, la loro dinamicità sono ricordi memorabili di questo concerto. La formazione si modella a seconda delle necessità, passando dal  trio  Ritchie, De Lorenzo ,Gano a  una formazione di otto elementi con il supporto di John Sparrow come perccussionista aggiuntivo al cajon (strumento sudamericano) e degli Horns of Dilemma alla sezione fiati (tromba/tenor sax/trombone). Poi Gordon Gano al violino a scoprire le radici della musica americana. Immancabili i classici “Blister in the Sun”, “Add it up”, “Kiss off”. Brian Ritchie regala indimenticabili performance come polistrumentista suonando un flauto della Tasmania (dove on stage dichiara di vivere da qualche tempo…). Ovazioni. Poi ancora “American music” e “Gone daddy gone”. Si crea un feeling tra pubblico e artisti davvero accogliente, come ad una festa tra amici che troppo velocemente si conclude. Nessun sospirato bis ma sull’espressioni della gente leggo ugualmente soddisfazione e felicità. Voto: 30/30

Tutta quella concentrazione di persone in un solo posto, fenomeno così raro in quella terra sconfinata che è l’Australia, si sparpaglia  rapidamente con facce stravolte.

è stato davvero un Big Day Out!!

Stay tuned….keep on rockin’…

voto complessivo al festival: 29/30

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