di Elisabetta FILIPPINI

 

ANDY WHITE - RADOSLAV LORKOVIC
Brescia, La Nave di Harlock, 27 novembre 2006

Andy White nasce a Belfast nel 1962 da padre editorialista politico e madre pianista. L’ambiente familiare e la scena punk di Belfast lo convincono ad imbracciare la chitarra e a mettere in musica le sue poesie, che iniziò a scrivere fin dalla tenera età di nove anni.

Oggi uno dei cantautori più interessanti del panorama folk-rock irlandese, White rimane lontano dal mondo del music business, ma vanta alle spalle collaborazioni come Va Morrison, Peter Gabriel e Neil Finn dei Crowed House.
Il suo singolo di debutto “Religious persuasion”, pubblicato nel 1985 sotto Stiff Records, attirò l’attenzione di Peter Jenner, che in passato aveva scoperto i Pink Floyd ed era la figura portante dell’ascesa dei Clash, oggi ricordato per la collaborazione con Billy Bragg.
Artista a 360 gradi, White è appartato e schivo, è dotato di grande sensibilità e veste uno stile pacato, ma è a tutti gli effetti uno dei migliori autori irlandesi dei nostri tempi.

Radoslav Lorkovic nasce a Zagabria nel 1958 e a sei anni emigra negli Stati Uniti, dove il panorama blues lo fa session-man di una delle band più significative del R&B, gli Sliders.
Grande artista e pianista capace di ricostruire ambienti soft-blues di grande intensità con uso di pause e silenzi, Lorkovic “ruba” il suo stile pianistico da nomi come Albert Ammons, Pete Johnson e Freddy Slack, fino a quelli più blues di Muddy Waters, Otis Spann e Pinetop Perkins.

Ore 22,00: nel locale tintinnano i bicchieri e si respirano i profumi delle cene appena consumate, l’ambiente è soft e caldo, non mancano le risate ma le voci coprono a malapena il silenzio. Una figura alta e snella si aggira sul palco, capelli brizzolati e occhi di ghiaccio, ma un grande sorriso sul volto. Eccolo Andy, che con molta pazienza accorda la sua “Maton” 12 corde.
Pochi istanti e viene presentato insieme al suo “guest” Radoslav Lorkovic, pianista di Zagabria.
Numerose parole in Italiano per parlare di sé e poi subito il folk si fa padrone del palco.
White ha da sempre un rapporto molto intimo con “l’Irlanda col sole” (così definisce l’Italia).
Nel 1986 il mensile “Buscadero” parlò di lui con l’esordio di “Rave on Andy White” e nel 1998 a Dublino incontrò Edoardo Bennato, con il quale scrisse una canzone presente sull’album in uscita, senza dimenticare che White è da tempo legato al WOMAD di Peter Gabriel a Palermo, dove suonò la sua “Religious persuasion” con dei percussionisti iraniani.
I suoni sono incantevoli, le note creano un’atmosfera morbida e pacata, una serata acustica fuori dal tempo e lontano dal mondo.
Il profilo di Andy risulta sobrio ma coinvolgente, non trascura il suo pubblico e si sforza di raccontare la sua musica anche in Italiano. Ma sono chitarra, piano e fisarmonica i veri interlocutori della notte, si mischiano e si fondono in un’unica voce.
Dolci le melodie e impegnati, anche politicamente, i testi. Si denota una persona ricca con una notevole dose di sensibilità, umanità e sentimento per il lato artistico della vita.
Scatto delle fotografie e riesco ad immortalare la passionalità del momento, gli occhi azzurri d’oltremanica e il sorriso di chi tiene profonde sensazioni sulle mani che scorrono sul manico della chitarra, davvero suonata con entusiasmo e incredibile precisione.
L’atmosfera ruvida e al contempo carica di emozioni sa fondere tutti gli aspetti musicali che Andy sa muovere con estrema agibilità, si spazia dal celtico più eloquente fino all’attitude-rock, senza dimenticare la spiritualità gospel e il folk irlandese più puro.
Personaggio dotato di grande introspezione analitica e di carica travolgente, White è riuscito a trasformare un semplice lunedì sera in un locale bresciano in una realtà parallela in cui ha superato se stesso.
 

voto a white: 28/30

 

voto al pubblico: 24/30

 

 

foto ©Elisabetta FILIPPINI