festival int. del film di roma
Roma Capitale, 28 ott / 05 nov 2010

 

di Mattea Olimpia DI FABIO

 

In principio era la Festa, con tutte le incognite che una nuova esperienza porta con sé, con tutte le contraddizioni che una città come Roma presenta da sempre. Era il desiderio di celebrare il Cinema e ricevere il pubblico pagante nella cittadella dell’Auditorium, nuovo luogo deputato alla convivenza dei diversi linguaggi dell’arte, atteso dai romani e apprezzato da subito. Numerosi gli attori economici: dalle istituzioni pubbliche quali il Comune, la Regione Lazio e la Provincia alle energie private come la Camera di Commercio alla fitta rete di imprese che credono nell’investimento nella Cultura, “un grande volano per la crecita della ricchezza, per l’espansione dell’occupazione, per lo sviluppo del turismo. Più aumenta l’offerta di cultura, più aumenta la domanda di cultura”, ricordava Goffredo Bettini nel 2005 (già nominato nel 1999 presidente della società “Musica per Roma”).

Ora è il Festival, con nuove incognite e contraddizioni ancora più forti. Gli attori economici sono praticamente gli stessi, ma le risorse, o meglio la capacità e la volontà di gestire tali risorse, risultano drasticamente ridotte.

 Allora diventa quasi fisiologico reagire e la protesta “Tutti a casa” da parte degli addetti ai lavori del cinema e del teatro - incisivi gli interventi di Neri Marcoré e di Sergio Castellitto - blocca il red carpet inaugurale facendo sfumare la sfilata delle due protagoniste di LAST NIGHT, Eva Mendes e Keira Knightley, solidali con i manifestanti insieme alla regista Massy Tadjedin. Prima o poi Tremonti&Co dovranno rispondere sulla politica dei tagli indiscriminati che colpiscono più di 200 enti tra cui il Festival dei Due Mondi di Spoleto, la Fondazione lirico-sinfonica Petruzzelli di Bari e il Centro Sperimentale di Cinematografia di Roma.

Fisiologica diventa anche l’assenza dei divi, se si escludono Bruce Springsteen (the boss ha presentato il documentario diretto da Thom Zinny THE PROMISE: THE MAKING OF DARKNESS ON THE EDGE OF TOWN) e Julianne Moore (l’interprete più giovane che, dopo Sean Connery, Sophia Loren, Al Pacino e Meryl Streep, riceve il Marc’Aurelio all’Attore nella rassegna nonché protagonista del fuori concorso THE KIDS ARE ALL RIGHT di Lisa Cholodenko). Riguardo a Nicole Kidman, in concorso con RABBIT HOLE di John Cameron Mitchell, non credo che la sua mancata presenza dipenda dalla volontà di promuovere al meglio l’interpretazione in patria.

La realtà drammatica e semplice è che non ci sono soldi per pagare le star.

Tutto sommato ci si rinfranca con la calamita architettonica dell’Auditorium che attira il romano come il turista, italiano o straniero, mantenendo alta la vocazione primaria del festival “Tutto il cinema per tutti”, tanto cara al presidente Gian Luigi Rondi. E i risultati si vedono: i numeri ufficiali del 2010 registrano una maggiore affluenza di pubblico pagante rispetto all’edizione precedente considerando un totale di 118.000 biglietti emessi con relativo incasso di 460.000 euro (nel 2009 i biglietti emessi sono stati 102.000 e l’incasso di 380.000). Indovinate un pò? La contrazione è solo nel numero del personale occupato: da 278 nel 2009 si passa a 230.

L’agenda del festival è fitta di appuntamenti, non tutti di particolare contenuto, per un pubblico vasto e non necessariamente qualificato. Da festa, appunto, dove sostanza e forma si mescolano incessantemente. La quinta edizione vanta 146 tra lungometraggi e documentari, gli omaggi a Ugo Tognazzi, Suso Checchi d’Amico, Akira Kurosawa e Satoshi Kon, il tributo a Corso Salani, la retrospettiva Studio Ghibli con la proiezione dei capolavori d’animazione del geniale Miyazaki Hayao, la mostra di Mika Ninagawa, l’incontro con i famigliari di Benazir Bhutto in occasione della proiezione del documentario BHUTTO di Duane Baughman e Johnny O’Hara, il balletto indiano alla Bollywood per MY NAME IS KHAN di Karan Johar, erede della famosa Dharma Production.

Tra i 16 film in concorso nessun riconoscimento ai quattro titoli italiani: LA SCUOLA E’ FINITA di Valerio Jalongo, GANGOR di Italo Spinelli, IO SONO CON TE di Guido Chiesa e UNA VITA TRANQUILLA di Claudio Cupellini, ma Toni Servillo risulta il miglior attore così pure l’intero cast femminile del messicano LAS BUENAS HIERBAS di Maria Novaro.

La giuria internazionale, presieduta da Sergio Castellitto e composta da Natalia Aspesi, Ulu Grosbard, Patrick McGrath, Edgar Reitz e Olga Sviblova decreta vincitore il caustico KILL ME PLEASE del belga Olias Barco. HAEVEN - IN A BETTER WORLD della danese Susanne Bier si aggiudica sia il Gran Premio della giuria sia quello deciso dal pubblico per il miglior film. Il Premio Speciale va a THE POLL DIARIES di Chris Kraus mentre DOG SWEAT di Hossein Keshavarz merita la Targa Speciale del Presidente della Repubblica Italiana.

Silenzio sul raffinato ORANGES AND SUNSHINE di Jim Loach. Il miglior documentario è invece DE REGENMAKERS, uno sguardo attento sulla biodiversità dell’olandese Floris-Jan Van Luyn. Successo meritato per l’esordiente HOLD OM MIG di Kaspar Munk e, nella sezione “Alice nella Città”, per lo spagnolo I WANT TO BE A SOLDIER di Christian Molina (con l’apprezzabile e coraggiosa co-produzione di Valeria Marini nonostante la sua, diciamo, originale interpretazione) e per ADEM di Hans Van Nuffel, ancora un belga.

L’International Rome Film Festival non si fa mancare proprio niente ed è forse per questo, nella confusione generale, nell’atmosfera glamour della capitale, che dovrebbe tornare ad essere festa. Ritroverebbe la sua vera identità.

SITO UFFICIALE

 

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