A VENEZIA LA CULTURA, A ROMA L'HAUTE COUTURE
Innocue riflessioni sulla differenza tra Festival e Festa. Necessità del
Mercato nella Capitale.
1/ IL PROBLEMA DELLE USCITE AUTUNNALI
Siamo proprio sicuri che esista un problema di contrapposizione tra
Mostra del Cinema e Festa di Roma? La nostra personale convinzione è
che sia solo una questione di date troppo ravvicinate e di conseguente
rischio d'impasse nella politica promozionale dei maggiori titoli a ridosso
delle uscite pre-autunnali (la prima valanga arriva nei 3 weekend
post-Venezia) e autunnali, cioè da ottobre sino a Natale.
I grandi competitors nazionali (Rai/01 e Mediaset/Medusa) e le maggiori
distribuzioni dei film internazionali, infatti, sanno di dover pianificare
con grande oculatezza il tipo di esposizione da garantire alle varie
categorie di film (festival colto, rassegna commerciale, uscita diretta in
sala), in funzione di:
1)
scadenze stagionali obbligate, che legano, ad esempio, cartoon e uscita
natalizia, pasquale o estiva;
2)
sempre minore tenitura di qualunque pellicola da parte degli esercenti
(massimo 4 settimane), causata dal numero irragionevolmente alto delle
uscite complessive;
3)
tempi d'uscita di Dvd, Hd-Dvd, Blu Ray;
4)
imponderabilità della collocazione presso gli altri canali di sfruttamento,
vedi Pay-Tv, Video On Demand, film sui cellulari;
5)
difesa dal downoading su Internet.
Solo
ultima, ahinoi, la volontà del regista di poter optare per una rassegna
piuttosto che per un'altra. Due più generali categorie costituenti
"famiglie" di film contrapposti, ben più importanti nella propria
definizione di campo rispetto alle pur fondamentali problematiche appena
elencate, identificano invece FILM ITALIANI e PRODUZIONE INTERNAZIONALE,
sulla differente forza d'urto dei quali rispetto al mercato non è il caso
ora di soffermarsi.
Stiamo, infatti, argomentando dei prodotti finiti e non di ciò che dovrebbe
essere fatto prima (si vedano, al proposito, i "commenti" ai Premi
della 63.ma Mostra del Cinema, su Kinematrix).
All'interno di tale logica è abbastanza ovvio convenire che le guerre di
religione non abbiano senso, mentre una sana e fattiva collaborazione
aiuterebbe ogni categoria e sottocategoria di film e garantirebbe visibilità
e identificabilità, all'estero, delle rassegne sopra citate.
2/ ROMA NON POTRà MAI
ESSERE VENEZIA
a) per vocazione campanilistica, specchio di una difesa a oltranza di
ciò che rimane dell'industria che fu;
b)
per un'endemica tendenza a vivere sul poco e sul presente, più che a
progettare - il che comporta fatica, sudore - nuovi orizzonti e prospettive:
insomma, per la pigrizia del sistema, cui un diffuso decentramento
produttivo servirebbe e servirà, considerata la sempre crescente importanza
delle Film Commission regionali, a rimboccarsi le maniche;
c)
per il montante, deleterio populismo della stampa locale e dei fruitori -
non tutti cinefili veri e propri - che avvicina pericolosamente la sinistra,
stufa del profilo alto tenuto da Venezia, alle posizioni di Mediaset in
termini di abbassamento del livello medio della proposta cine-televisisva
(Medusa è pesantemente e invasivamente presente a Roma);
d)
per la vaga tendenza a spostare sul piano della Dolce Vita capitolina
e dell'importanza delle star e del glamour il discorso sui contenuti,
attorno ai quali sembra proibito argomentare, a Roma, quasi fosse materia
esclusiva per i polverosi critici filo-veneziani;
e)
perché Walter Veltroni e Giorgio Gosetti non potranno mai essere Massimo
Cacciari e Marco Muller .
3/ LA CINA è VICINA
Siamo d'accordo sul fatto che la stampa cartacea continuerà a
interessarsi solo del blockbuster americano, fino a che dietro ci saranno
esclusivamente le produzioni statunitensi. Provate, però, a fare uno sforzo
d'immaginazione e a vedere uno scenario nuovo e stimolante, dove a
investire in Italia saranno capitali, ad esempio, cinesi e i meravigliosi
film del Lontano Oriente domineranno la scena?
O dobbiamo ancora pensare che la "coscienza" dei critici e degli addetti ai
lavori sia "sintonizzata" per sempre sugli accordi cinquantennali
(1947-1997-20...?) stipulati con gli USA in materia di percentuali di
presenza nelle nostre sale? Veltroni ne sa forse qualcosa?
4/ LA STAMPA FILO-ROMANA
Poiché le cose, col tempo, sono destinate a cambiare, lasciamo da parte
il becero qualunquismo e la profonda, sconcertante ignoranza di personaggi
che qualche direttore buontempone autorizza (o istruisce) a scrivere,
pro-Roma, perle come quella che riportiamo di seguito, tratta da una
rivistina distribuita durante i giorni della Mostra:
"(...)Da quest'anno a Venezia chi viene pescato in fragrante (non è un
refuso, N.d.R.) con la bocca a culo di gallina verrà rinchiuso nella sala
Perla a vedere HEIMAT in versione integrale (...)". Braccia rubate
all'agricoltura, evidentemente, e con il massimo rispetto per gli
agricoltori. Questo è solo uno dei cento possibili estratti dalla
rassegna stampa de noantri che in queste settimane ha spinto come un
rozzo carrarmato la causa di Roma, allargando il solco culturale che la
divide già ora, e sempre più la dividerà, da Venezia. Non capiscono, nella
capitale, che così fanno il gioco della Serenissima, sdoganando i propri
atteggiamenti da pressapochismo coatto, da volemose bene rivolto, a
prescindere dalla qualità, alla grande famiglia dei registi italiani esclusi
da Venezia e al mare magnum dell'indistinto pubblico crialesiano,
quello che a furor di popolo voleva buttare a mare (mare di latte...) un
Leone d'Oro per il miglior film.
5/ MARCO MULLER, UOMO DI CULTURA
Benedetto sia, al proposito, il genio di Marco Muller, che regala il
secondo splendido Leone a un regista cinese (Jia Zhang-Ke, dopo Ang Lee) ed
è riuscito a mettere in piedi un'edizione memorabile quanto le due
precedenti: fondamentali le Retrospettive sui Cinema Segreti - italiano,
cinese, russo - la presenza di Tarantino, la consacrazione di Kim Ki-Duk e
Park Chan-Wook, la riscoperta di Kato Tai e Fukasaku Kinji, la vitalissima
selezione delle Giornate e della Settimana della Critica e la scelta di una
miriade di titoli che, oltre a rimanere nella memoria come i migliori delle
seguenti stagioni in sala, hanno ottenuto un'incredibile esposizione anche
ai Golden Globe e agli Oscar.
Riguardo a Muller, infine, si sfati la vulgata della sua ossessione
filo-orientale: Venezia ha premiato Hou siao-sien nel 1989, Tsai Ming-Liang
nel 1994 e Kitano Takeshi nel 1997...
6/ SINISTRA E DESTRA SEPARATE (ANCHE IN CASA)/ ROMA FUTURA
Veltroni sta rischiosamente avvicinando il populismo della sinistra
all'ignoranza della destra dei reality show: non vorremmo mai che a Roma si
realizzasse l'incontro tra due culture che, ebbene sì, ogni tanto devono
rimanere contrapposte e ideologicamente distanti.
Ciò che si è letto su fogli e carta straccia dell'opposizione
berlusconiana (dove tutti i film colti, orientali o dotati di profondità
diventavano mattoni) assomiglia, purtroppo, alla sciatteria
salottiera di certi daily che, in mancanza d'argomenti,ironizzavano
su Muller.
Cosa dobbiamo aspettarci da Roma? retrospettive sui Manetti Bros.? cataloghi
su Archibugi - Virzì - Monicelli - Comencini Dinasty - Risi Family, su quel
genio di Michele Placido (che in assenza di sceneggiatori di vaglia farebbe
un altro mestiere), su Violante & Asia, incontri sull'importanza del
nepotismo nel consolidare una tradizione ed eterni convegni sui peraltro
importantissimi Sordi-Manfredi?
E, tocco finale, un'edizione futura della Festa interamente dedicata a
Moretti Nanni, con tanto di visite guidate in Vespa per i colli romani,
degustazioni di Nutella, partite di pallanuoto tra gli addetti ai lavori e
adorazione di simulacri del Vate disposti in vari punti della città?
Qualcuno tra gli organizzatori della Festa (i più intelligenti e avveduti)
ha evitato di farsi vedere al Lido, mentre in giro sono state notate facce
tirate di altri co-direttori, alla ricerca vana di importanti colleghi
impegnati a disertare una determinata serata danzante.
7/ I RUOLI DEI DUE FESTIVAL E DELLA KERMESSE
Roma non è Venezia, non è Cannes e non è nemmeno Torino, futura capitale del
cinema italiano.
Stabilito tutto ciò, la capitale deve far tesoro delle proprie invariabili
peculiarità, rinunciando a mettersi sul piano dei veri e propri "festival" e
marcando ancora di più, per le future edizioni (se ci saranno...), la
propria natura di gioiosa e festosa kermesse commerciale.
Le differenze, insomma, tra le due rassegne italiane, potrebbero aprire un
nuovo interessantissimo scenario, al quale parteciperebbe la stessa Torino
in una posizione di totale saldatura nei confronti di Venezia stessa.
Venezia e Torino, seguendo la propria vocazione, si occuperebbero de:
a) il CINEMA INTERNAZIONALE o a VOCAZIONE INTERNAZIONALE;
b) il CINEMA DI "ALTO", DI CONTENUTI E VISIVAMENTE INNOVATIVO;
c) il RUOLO ESSENZIALE DELLA CRITICA CINEMATOGRAFICA;
mentre Roma, complementare a questo quadro, sarebbe la kermesse incentrata
su:
a) il CINEMA ITALIANO;
b) il CINEMA PIù COMMERCIALE
ADATTO A UN PUBBLICO VARIEGATO ED ESTESO;
c) il RUOLO CENTRALE DEL PUBBLICO, che assegnerebbe i suoi premi;
D) IL MARCHè, il mercato,
destinato a soppiantare il defunto Mifed e ad affrontare la concorrenza
di Pusan, Berlino, Cannes.
Riteniamo che quest'ultimo punto, grazie alla ricettività alberghiera di
Roma, sia fondamentale e vada seriamente preso sul serio per dare alla Festa
il ruolo che le compete. In particolar modo cinema italiano e, appunto,
Mercato, dovrebbero costituire l'anima della rassegna romana, che deve
dimostrare di voler cercare per sè un ruolo utile e non di vana
giustapposizione nel panorama italiano.Consapevole che quasi nessun
regista di fama mondiale (Scorsese è un'eccezione giustificata da profondi
legami d'amicizia con i vertici della Festa) sceglierà Roma a dispetto di
Venezia.
A conferma di ciò, si leggano i titoli passati al Lido quest'anno e l'elenco
scarno e poco esaltante di ciò che è atteso nella capitale.
Auguri sinceri, ad ogni modo, alla Festa romana!
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