“I’m picking up good vibrations/She’s giving me excitations /I’m picking
up good vibrations/ Good good good good vibrations/Gotta keep those loving
good vibrations” cantavano
i
Beach Boys nel lontano 1966. Brian Wilson nella sua autobiografia racconta
così la genesi di quel pezzo: “Da bambino mia madre mi raccontava che i cani
possono percepire le vibrazioni degli esseri umani; quindi un cane abbaia se
avverte che sono "cattive vibrazioni" quelle emanate da chi gli sta vicino”.
“Good vibrations”, realizzato dalla compagnia CANI in occasione del bando
“Ripensando Theremin
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Percorsi di residenze creative per la danza contemporanea”, che invita ogni
anno i coreografi italiani a confrontarsi con figure che hanno avuto una
ricaduta nelle arti grazie alla loro forte tensione alla sperimentazione (e
che quest’anno ha eletto vincitori per l’appunto
i CANI) , prende le mosse da
questo. Ma non solo. Il progetto è un omaggio alla vita del fisico e
musicista sovietico e una reinterpretazione della sua più celebre creatura:
il theremin.
Musicista e danzatore si muovono all’interno del “cerchio magico”, un campo
magnetico disseminato di sensori e di dispositivi. Un microcosmo
elettrificato nel quale le alterazioni provocate dal battito di mani del
musicista-demiurgo animano i movimenti del danzatore, lo mettono in moto per
riflesso condizionato, Oscillazioni corporee e acustiche, in un equilibrio
delicatissimo che per nessun motivo deve essere infranto. Corpi che
producono suoni, suoni che azionano corpi. La respirazione - affannata,
ritmata, a tratti forzata - la fa da padrona, stabilendo i codici del
linguaggio coreografico-sonoro e definendone il ritmo.
Nella performance dei CANI non c’è vibrazione cattiva, perché ogni
vibrazione è funzionale a una scoperta, a un movimento, a un’indagine; alla
messa in azione di un corpo umano fattosi emblema della contaminazione
post-contemporanea. Corpo tecnologico, ibridato, elettrostimolato. Corpo ai
limiti del postumano, eppure vicinissimo al cane di pavloviana memoria.
Il corpo riflette e si riflette sulle pareti a vetri dell’Opificio Telecom,
creando un gioco di sdoppiamenti e sfaccettature. Dicotomie e ambiguità di
un corpo umano diviso tra dolore e stupore, tortura e gioia, libertà e
coercizione. Input e output.
Corpi che agiscono e sono agiti. La
modern dance che confluisce nella
body
art.
La chiamavano (e la chiamano ancora) arte concettuale.
Un’altra interessante nuova apertura sulla strada lastricata di banalità
della creatività contemporanea.27/30 |
DANZA – 50’
Opificio Telecom Italia, 27 Ottobre, ore 19:00
Progetto e realizzazione CANI
Coreografia e Regia Ramona Caia, Jacopo Jenna, Giulia Mureddu
Musica Francesco Casciaro
In scena Jacopo Jenna e Francesco Casciaro
Luci Roland van Ulden
Consulenza drammaturgica Carlo Cuppini
Organizzazione Luisa Zuffo
Produzione CANI, Spazio K_Kinkaleri, Armunia/Festival Inequilibrio, CSC
Centro per la Scena Contemporanea/Casa della Danza di Bassano del Grappa,
Centro Teatro Ateneo, Sapienza,Università di Roma, Fondazione
Romaeuropa/Ente di Promozione Danza, L’arboreto - Teatro Dimora, Il Vivaio
del Malcantone
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