La vita è un miracolo

di Emir Kusturica
Con: Aleksandar Bercek, Slavko Stimac

di Marco AGUSTONI

 

Chiassoso ed esuberante come ogni balcanico che si rispetti, La vita è un miracolo si inserisce pienamente nella ormai consolidata cifra stilistica dei film di Kusturica: in perenne sospensione fra dramma e slapstick comedy (anche se forse in quest’ultimo lavoro lo chef ha amalgamato gli ingredienti con minore coesione), indeciso fra Amore e Guerra, immerso in atmosfere e situazioni surreali ma non troppo.
La Guerra è quella che ha lacerato la Jugoslavia nella prima metà degli anni Novanta, e il suo spettro è continuamente esorcizzato dall’ingenuo ottimismo dell’ingeniere Luka, un serbo ritiratosi sulle montagne per fuggire alla confusione di Belgrado, con in testa solamente la sperduta tratta ferroviaria di sua competenza e, prima ancora, la sua famiglia: l’affezionato figlio Milos, scontento della nuova sistemazione e con in testa il sogno di un ingaggio per il Partizan Belgrado, e la moglie Jadranka, un ex cantante lirica di successo oramai uscita di testa.
“E’ gente ragionevole, non succederà niente”, continua a ripetere Luka a tutti quelli che gli dicono che la guerra è alle porte (pare che una simile negazione della realtà fosse piuttosto comune fra gli jugoslavi, alle porte della tragedia), e a svegliarlo dal suo torpore non basteranno né la chiamata alle armi di Milos, scambiata dal padre per un semplice servizio di leva, né la fuga della moglie assieme ad un discutibile musicista ungherese, né i colpi d’artiglieria bosniaca sopra i tetti del paese.
Solo la notizia della cattura del figlio da parte dei musulmani riuscirà a fare aprire gli occhi all’ingegnere ferroviario, e per volontà del destino i suoi occhi si apriranno sull’ingenuo sorriso di Sebaha, giovane infermiera bosniaca consegnatagli come prigioniera in vista di uno scambio di ostaggi.
E siamo arrivati quindi all’Amore, perché è ovvio sin dal primo momento che la passione interetnica è destinata a scoppiare. Il riferimento a Giulietta e Romeo è evidente, solo che al posto di Montecchi e Capuleti abbiamo serbi ortodossi e bosniaci musulmani. Ma i toni rimangono quelli più cari a Kusturica della commedia, piuttosto che quelli della tragedia, e l’alone folle e grottesco che avvolge il film, animato da sbronze rumorose, popolato da asine in crisi sentimentale e gatti famelici, contribuisce ad alleggerire il tutto.
Questo, ovviamente, ha l’effetto da una parte di esorcizzare, ma dall’altro anche di addomesticare lo spettro della tragedia ancora recente della guerra in Jugoslavia. Nel corso di tutto il film Kusturica evita accuratamente di dire: “E’ colpa di questa nazione, oppure è colpa di quest’altra”, e tenta di dimostrare come la gente comune fosse in totale balìa della guerra e non avesse alcun potere su di essa. Le cause, semmai, sono da ricercare negli interessi di pochi che portano alla rovina di molti. La stessa figura del capitano Aleksic (interpretato dal figlio Stribor Kusturica) serve a mostrarci come molti dei soldati e degli ufficiali coinvolti nella guerra fossero in fondo brave persone.
Un fondo di verità in questo ci dev’essere. Tuttavia in questo caso i tornaconti individuali non sembrano sufficienti a motivare un dramma di tali dimensioni, in cui ad essere coinvolte sono state intere popolazioni, percorse da un odio reciproco (e latente, fino alla morte di Tito) che affonda le proprie radici in secoli passati.
Kusturica non riserva certo un grande riguardo nei confronti dei media (lui stesso ha dichiarato nel corso di un’intervista: “[La guerra] non ha avuto nulla a che vedere con quello che si è visto in tv, così superficiale e manipolato”), e ne sono dimostrazione la fucilata di Luka al televisore di casa che racconta del conflitto in corso e il magistrale rutto di Milos, appena liberato, nel microfono di una cronista inglese a caccia di audience.
Sebbene la concisione non sia certo la dote principale di Kusturica (vedi il già citato Underground), le due ore e mezza di film non annoiano: il ritmo rimane sempre piuttosto sostenuto e le molte trovate originali insaporiscono una trama dopotutto scontata, soprattutto per quanto riguarda la vicenda d’amore. I problemi insorgono piuttosto quando viene calcata la mano sullo humor grottesco, e qui la caratura macchiettistica di alcuni personaggi non aiuta, e quando il regista decide di inserire qualche scena decisamente di troppo, come ad esempio la sequenza gratuita con Luka e Sebaha sotto la cascata.
La regia è comunque sapiente e la fotografia notevole: i paesaggi montani jugoslavi sono di grande impatto estetico ed emotivo. Purtroppo però non tutti gli attori sono altrettanto espressivi, in particolar modo Slavko Stimac - che pure ha già interpretato per Kusturica Ti ricordi di Dolly Bell? e Underground - nel ruolo del protagonista.
Nei suoi pregi e nei suoi difetti, La vita è un miracolo risulta in conclusione un film godibile, sebbene non il migliore del regista (Gatto nero gatto bianco è ben lontano), confusionario, emotivo e vitale come il cinema di Kusturica e come i Balcani stessi.
Un’ultima nota: la colonna sonora è curata dallo stesso Emir Kusturica assieme a Dejan Sparavalo e Nelle Karaljic, quest’ultimo leader della No Smoking Orchestra di cui lo stesso Kusturica - assieme al figlio Stribor - fa parte.
 

Voto: 25/30

02:03:2005

La vita è un miracolo

Titolo Originale: Kad je zivot bio cudo
Regia: Emir Kusturica
Anno: 2004
Nazione: Francia
Data uscita in Italia: 04:03:2005
Genere: Drammatico