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vincere di Marco Bellocchio con Filippo Timi, Giovanna Mezzogiorno |
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28/30
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Apologia di una distanza, il film Vincere di Marco Bellocchio, unico italiano a sfilare sulla croisette di Cannes, attraverso tratti marcatamente fisici racconta l’insanabilità di un rapporto amoroso (di una passione?) unilaterale. Racconta l’intervallo emotivo, il black-out fisiologico tra due individui votati a essere l’uno l’oggetto privilegiato del desiderio (scopico) dell’altro. Divo e spettatore. Mussolini e la Dalser. Ispirato al documentario del 2005 di Laurenti e Novelli “Il segreto del Duce”, Bellocchio ripropone, in chiave assolutamente autoriale, l’episodio poco conosciuto di Ida Dalser, amante e moglie (?) di un giovane Benito Mussolini, già direttore dell’Avanti e del figlio Benito Albino, entrambi disconosciuti e rinnegati dal Duce ed entrambi tristemente designati alla follia. Elemento rituale, leitmotiv di molti lavori di Bellocchio, la follia torna presuntuosamente in Vincere, oggettivando l’infelicità e la sofferenza di una donna innamorata (ossessionata?) di un uomo per natura inarrivabile, poiché da subito icona di se stesso. La prima parte del film, la più interessante, è dominata dai significativi e carichi silenzi della Dalser interpretata da una lucida e sorprendente Giovanna Mezzogiorno e dalla fisicità stavolta muta e marmorea di Mussolini, un ottimo Filippo Timi (straordinaria la somiglianza con il Duce); è governata dal loro rapporto corporeo, oltre che carnale. Brillante l’idea di Bellocchio di insinuarsi nell’intimità iniziale dei due insistendo sulla forza dell’elemento sessuale, offerto quasi prepotentemente a volere ridurre la distanza emotiva tra loro. Ma è un rapporto sensuale anche quello dettato dagli sguardi della Dalser rivolti al suo uomo: i suoi occhi sono sorpresi spesso a spiare l’amato, a cercarlo e così possederlo. Mussolini è divo, attore, protagonista, mai solamente uomo. è, nel film, l’oggetto scopico di una visione. E la Dalser incarna l’istanza dello sguardo, che ama, gode, soffre e impazzisce. La seconda parte del film riporta lo strazio e la follia verso cui viene condotta la donna rinchiusa in ospedale psichiatrico e allontanata dal figlio, la cui verità viene forzatamente e irrimediabilmente occultata e rifiutata, nonostante i suoi tentativi di resistere opponendo la razionalità all’ineluttabilità della censura da parte del potere. La dissociazione e l’intervallo tra i due amanti ( e quindi, tra i due termini della visione), diviene adesso ancora più evidente . Mussolini viene infatti evocato, da qui in poi, solo attraverso immagini di repertorio: al Mussolini personaggio e al Timi attore, si sostuisce il vero Mussolini, l’inarrivabile icona, i suoi simboli, i manifesti, i suoi discorsi, le statue. Vincere quindi, oltre che melodramma rivisitato in forma contemporanea, come si potrebbe leggere in un’ottica esclusivamente diegetica, è qualcosa di più che una storia d’amore senza lieto fine. è un chiaro e appassionato omaggio al Cinema. Le lacrime della Mezzogiorno-Dalser di fronte alle sequenze del film di Chaplin o la fragilità dell’uomo-Mussolini esaltata dalla proiezione, nell’ospedale da campo, del Christus di Antamoro del 1916, amplificano la portata artistica di un film sottovalutato, ahimè, in patria, ma accolto con pieno entusiasmo dalla stampa straniera e dal pubblico di Cannes (che comunque non l’ha premiato). Un film che procede a strappi, ma che funziona ottimamente. Grazie alle musiche di Crivelli e l’abilità pittorica del direttore della fotografia Daniele Ciprì, i contorni del film si fanno quasi plastici, materia malleabile e dinamica. Alternando una prima parte decisamente narrativa ad una più contemplativa ma emotivamente sofferta e partecipata, il film non si propone semplicemente come uno scontato riassunto di una vicenda complessa e delicata, situata in un contesto storico ancora più intricato e difficile. Di fatto, evitando il piglio cronologico di molti film biografici (Vincere è tutt’altro che questo), Bellocchio rinuncia anche alla dimensione politica, per indagare ancora una volta, come ci dimostra la sua filmografia, la complessità e la cruda fragilità dell’animo umano.
09:07:2009 |
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vincere
Italia 2009, 128' 01 Distribution Storico |
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