vincere

di Marco Bellocchio

con Filippo Timi, Giovanna Mezzogiorno

di Ilaria ABATE

 

28/30

 

Si intitola VINCERE l’ultimo lungometraggio di Marco Bellocchio, presentato in concorso al Festival di Cannes e distribuito nelle sale italiane a partire dal 20 maggio. Si tratta di una “ricostruzione storica” della tragica vicenda di una donna tradita, la ricostruzione fallita dell’identità persa di Ida Dasler (Giovanna Mezzogiorno), lo scandalo insabbiato della vita di Mussolini, una moglie nascosta e cancellata della quale sia il regime che la Chiesa contribuirono a distruggere definitivamente le prove dell’esistenza. La sua storia non è nota, infatti, neanche nell’immaginario collettivo attuale del nostro paese: lo stesso Bellocchio ha dichiarato di esserne venuto a conoscenza dalla visione del documentario televisivo “Il segreto di Mussolini”, realizzato qualche anno fa da Fabrizio Laurenti e Gianfranco Norelli e di essere rimasto folgorato dalla straordinaria potenza di una donna tenace e determinata, una donna che rifiuta il compromesso e qualsiasi forma di negazione del vero anche a scapito della sua stessa vita, che preferì morire in manicomio dopo undici anni di prigionia e milioni di lettere scritte invano al Papa e alle autorità, una donna che diede realmente alla luce il primogenito del Duce, Benito Albino Mussolini. Al bambino, che fu in un primo momento riconosciuto e poi rinnegato, toccò la stessa sorte di sua madre: i loro corpi furono gettati nelle fosse comuni, di queste due persone non esiste oggi neanche una tomba.

Se quella di Ida è una mancata ricostruzione di sé, quella di Bellocchio è una completa ricostruzione dei fatti: il regista sceglie giustamente di affidare il ruolo di Mussolini ad un personaggio-attore (che ha il volto di Filippo Timi), che scomparirà dalla scena lasciando posto alle immagini di repertorio del volto del vero Duce, per ottenere le quali è stata naturalmente necessaria una stretta collaborazione con l’Istituto Luce: non è un caso che questa sostituzione sia netta e coincidente col momento in cui Benito sparisce dalla vita di Ida, a partire dal ‘1922. In punto di vista è, infatti, fin dall’inizio quello di lei: sue sono le mani insanguinate riprese in dettaglio subito dopo il primo incontro a Trento nel periodo in cui il giovane è ancora un agitatore di folle socialista direttore dell’ “Avanti”, suo è lo sguardo inebetito e incantato che osserva il suo unico amore sfidare Dio in persona davanti a un gruppo di redattori, sua è perfino la decisione di vendere tutto il proprio matrimonio per sostenere finanziariamente la futura testata fascista “Il Popolo d’Italia” (sacrificio del quale non sarà ovviamente mai ripagata né ringraziata). Mentre per la prima parte del film si riescono a seguire facilmente tutti i passaggi chiave delle vicende sia personali che storiche e vengono forniti molteplici elementi di “semina” atti a motivare le ragioni della “follia” di Ida come per esempio il suo primo tentativo di riavvicinamento a Mussolini dopo l’abbandono e lo scontro con l’isterica figura della moglie riconosciuta Rachele Guidi (Michela Cescon), nella seconda metà il lungometraggio diventa un omaggio all’arte del cinema e al mezzo di rappresentazione, quasi a voler sottolineare che in quegli anni questo mezzo di comunicazione si diffuse largamente accanto alla radio.

Sono quindi svariati i riferimenti a tutti i meccanismi spettacolari a livello implicito ed esplicito, tra cui l’evidente commozione di Ida suggerita dalle lacrime che brillano nel buio sul riflesso di un megaschermo che proietta The kid di Charlie Chaplin: ecco come l’impotenza e la nostalgia per il distacco forzato dal suo bambino diventano sentimenti affidati sia alla recitazione dell’attrice che alla potenza dell’arte del cinema in quanto tale.

Nonostante non sia facile accettare le ragioni che hanno spinto il regista a tralasciare particolari importanti come la resa degli anni che passano sui volti dei personaggi (il cognato di Ida interpretato da Fausto Russo Alesi non cambia di una virgola nell’arco di venti anni) o non si riesca a comprendere davvero cosa abbia nascosto Ida all’interno di un’aquila impagliata neanche all’arrivo dei titoli di coda, questa co-produzione italo francese risulta nell’insieme un film più che discreto, sebbene non entusiasmante, un film per il quale la fotografia resta senza dubbio uno dei punti forti.                                       

 

22:05:2009

vincere
Regia Marco Bellocchio

Italia 2009, 128'
DUI: 20 maggio 2009

01 Distribution

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