
Con l'ultimo bagliore di quella forza che aveva messo sottosopra il mondo,
agonizzante nel tramonto di un esilio troppo stretto e stanco di nascondersi
tra le pieghe dei propri pensieri, Napoleone combatte il suo ultimo nemico:
il destino dell'oblio. Alan Taylor, già intelligente autore di
Palookaville, tira con ironica ed arguta verosimiglianza le fila della
sua ipotesi sulla morte del piccolo corso giocando, tra storia e leggenda,
con gli incroci del caso. Il regista, rispondendo ad un interrogativo
che è poco più di un caso di scuola: "e se Napoleone
non fosse davvero morto a Sant'Elena?" mette insieme una tutt'altro
che assurda piega degli eventi che è al tempo stesso fallimento
di un'ideale di grandezza e vittoria della vita semplice sugli squilli
di tromba. La finezza intellettuale della ricostruzione fantastorica di
quella primavera del 1821 non può non colpire per l'ardita parabola
che affronta il nodo narrativo assecondando la legge di gravità.
Si tratta, infatti, dell'ultima chance di chi ha già fallito. Lo
schema geometrico della narrazione si sviluppa dalla caduta rovinosa e
grave che segue l'ascesa maestosa: il talento dell'eroe-tiranno, così
come l'ha reso immortale, ne ha al contempo fatto un reietto, un diverso,
relegato su di un'isola che è poco più di uno scoglio sperso
nell'Atlantico. Lo ha condotto alle più alte vette della gloria
ma lo ha reso consapevole della pesantezza della materia, lo ha lasciato
solo con la sua ambizione, la sua ispirazione ed il suo tormento in una
condizione di patologica esclusione a dimostrazione che ciò che
più in alto sale più gravemente si schianta. La pellicola,
rinunciando a rinverdire gli antichi fasti dell'Impero più e più
volte portati sullo schermo, si sofferma con pietoso sguardo indagatore
su colui che ha squassato il mondo col trionfo della sua energia vitale
nel momento in cui, prigioniero e disperato, passato indenne tra le auree
scintille della morte, non riesce più a guardare in faccia la vita.
Lo stratega e condottiero geniale è solo colui che dal genio viene
emarginato, colui che opprimendo il suo stesso talento con l'ansia smisurata
di travalicare il limite, rimane isolato come un bacino privo di affluenti.
Il destino, manipolato dall'invenzione di Alan Taylor, finalmente insinua
nella noia di un eremo coatto uno spiraglio di vita: un sosia, un individuo
anonimo che accetta di vestire i panni dell'Imperatore assumendo su di
sé il carico di un destino segnato per vivere, pur nell'onta dell'esilio,
l'aura dell'autorevolezza di quello che fu l'uomo più grande. Napoleone,
dunque, servito da un pugno di fedelissimi, raggiunge in gran segreto
l'Europa ed il racconto si focalizza sul risveglio alla vita di chi, nella
furia di assurgere ad icona del XIX secolo, scende sempre più in
basso prima di ritrovare se stesso. Svelatosi, Napoleone non viene creduto..
i sogni di un ritorno trionfale si spezzano, abbattuti dal suo stesso
mito. Alla stregua di tutti quei folli che millantano la sua identità
e spendono il suo titolo, egli non è più che il riflesso
di un nome, la carne separata dal corpo dell'eroe che, irraggiungibile
nella sua dimensione di leggenda, è più freddo e scivoloso
della pelle di un cadavere. Così colui che fu padrone del mondo,
colui che ancora tutto respinge perché tutto disprezza si apre
all'incontro con la realtà: il condottiero si specchia negli occhi
della gente e si vede per la prima volta uomo attraverso gli occhi di
coloro che, in qualunque altro momento, non avrebbero avuto accesso, proprio
perché "altri", perché "diversi" e,
per definizione, incapaci di comprendere e condividere la Musa della sua
ambizione. Il suo sosia, dopo settimane di gravi sofferenze, muore per
una malattia di stomaco ed il destino intrappola per sempre il vero corso
nell'alveo di una vita qualunque. Mai più Napoleone, mai più
Imperatore, mai più Eroe o Tiranno.. solo un uomo e la sua vita
comune. Il fondo, dunque, è raggiunto.. la stella è caduta,
il marchio di fuoco si è spento in una pozza d'acqua.. il re è
nudo e pronto ad indossare vestiti nuovi. Superare la malinconia, il rancore
e la desolazione: la nuova sfida.. lasciarsi salvare da un fato più
benevolo che beffardo: il nuovo inizio. Per un'inattesa alchimia la più
grande delle tragedie si trasformerà nella migliore delle sorti:
la frustrazione del fallimento del suo progetto più ardito diventerà
la forza motrice di una seconda vita fatta di felicità al di là
delle apparenze, della scoperta estatica delle gioie piccole e dense della
vita e dell'amore vero nel caldo abbraccio di una donna del popolo pronta
a spazzare via, con una promessa di serenità, la polvere dai suoi
affetti. Toni da commedia ed introspezione si fondono, dunque, in un seducente
aroma da lasciar decantare in un cantuccio della memoria mentre l'interpretazione
preziosissima di Ian Holm, che riesce nell'impresa epica di dare volto
umano ad una delle figure più complesse della storia, aiuta un
soggetto di insolita finezza. Taylor rinuncia a dare l'ardua sentenza
delegata da Manzoni ai posteri per lasciare tutti d'accordo nell'affermare
che oltre, all'impronta segnata nella storia dalle sue leggi, le sue istituzioni
e la sua cultura valeva la pena dare un'occhiata anche al cuore di Napoleone..
duro per le mille battaglie, caldo per divertimento di un regista..
Voto: 27/30
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