
LE VERITA' NASCOSTE è un film con un buon ritmo. Sa mantenere la tensione
su livelli di guardia. Il pubblico sobbalza sulle poltrone spesso e -
scommetterei - volentieri. L'atmosfera glissa senza intoppi dalla commedia
(c'e' infatti il tono "leggero", c'e' il buon rapporto coniugale a fare
da sfondo), all'horror del filone "fantasmi e affini".
Michelle Pfeiffer e' convincente nel ruolo della "sensitiva", o strega
o posseduta. Sempre sensuale, come in una scena ai limiti della "citazione"
della Cat Woman di Tim Burton, dimostra ancora una volta di ben destreggiarsi
in ruoli complessi. Un po' meno convincente Harrison Ford, che propone
un'interpretazione un po' piatta e monocorde nei punti piu' drammatici.
E cominciamo percio' a vedere gli elementi che lasciano perplessi, entrando
a viva forza nei dettagli della trama, dove emergono citazioni a piene
mani niente meno che da Alfred Hitchcock.
Non si puo' fare a meno di pensare che Ford, forte della sua lunga carriera
di "buono", debba reggere il confronto con il Cary Grant de IL SOSPETTO
hitchcockiano (1941). Anche la' avevamo un assassino poco credibile, ma
Hitch seppe introdurre la giusta dose di ambiguita' fin dall'inizio. Qui
invece si preferisce lo spiazzante colpo di scena che, di Hitch, attiene
ai telefilm, mentre nei lungometraggi c'era il delicato e complice meccanismo
della "suspense". Ora, se il colpo di scena funziona sempre, di botto,
applicato come sbrigativa soluzione narrativa funziona meno: la trama,
ne LE VERITA' NASCOSTE, appare come divisa in due tra primo e secondo
tempo. Il colpo di scena che svelera' il mistero alla base delle strane
manifestazioni soprannaturali, infatti, non e' stato introdotto da nessun
elemento narrativo. Si sprecano, dicevamo, i rimandi al Maestro del Brivido,
da LA FINESTRA SUL CORTILE (1954, Pfeiffer osserva dalla finestra...),
a PSYCHO (1960, la doccia...), a VERTIGO (1958, la reincarnazione...)
a, appunto, IL SOSPETTO (il marito...). Inoltre la musica e' un palese
omaggio a Bernard Hermann, che firmo' i grandi hitchcockiani.
Il finale che rimacina il topos del genere thriller con inseguimento,
finte morti e resurrezioni a ripetizione, ricorda anche, nel ritmo e nella
musica "alla hitch", lo scorsesiano CAPE FEAR (1991).
Dovendo fare un bilancio, e' un film che si guarda senza riflettere, avidi
di sani colpi al cuore, come uno slasher adolescenziale, ma che rispetto
alla media della produzione horror americana degli ultimi anni, ha uno
stile e un patina decisamente superiori, un certo fascino morboso ed "antico",
senza concessioni alla tecnologia.
Voto: 23/30
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