LE VERITA' NASCOSTE
di Robert Zemeckis
con Harrison Ford, Michelle Pfeiffer e Elliot Goretsky



LE VERITA' NASCOSTE è un film con un buon ritmo. Sa mantenere la tensione su livelli di guardia. Il pubblico sobbalza sulle poltrone spesso e - scommetterei - volentieri. L'atmosfera glissa senza intoppi dalla commedia (c'e' infatti il tono "leggero", c'e' il buon rapporto coniugale a fare da sfondo), all'horror del filone "fantasmi e affini".
Michelle Pfeiffer e' convincente nel ruolo della "sensitiva", o strega o posseduta. Sempre sensuale, come in una scena ai limiti della "citazione" della Cat Woman di Tim Burton, dimostra ancora una volta di ben destreggiarsi in ruoli complessi. Un po' meno convincente Harrison Ford, che propone un'interpretazione un po' piatta e monocorde nei punti piu' drammatici. E cominciamo percio' a vedere gli elementi che lasciano perplessi, entrando a viva forza nei dettagli della trama, dove emergono citazioni a piene mani niente meno che da Alfred Hitchcock.
Non si puo' fare a meno di pensare che Ford, forte della sua lunga carriera di "buono", debba reggere il confronto con il Cary Grant de IL SOSPETTO hitchcockiano (1941). Anche la' avevamo un assassino poco credibile, ma Hitch seppe introdurre la giusta dose di ambiguita' fin dall'inizio. Qui invece si preferisce lo spiazzante colpo di scena che, di Hitch, attiene ai telefilm, mentre nei lungometraggi c'era il delicato e complice meccanismo della "suspense". Ora, se il colpo di scena funziona sempre, di botto, applicato come sbrigativa soluzione narrativa funziona meno: la trama, ne LE VERITA' NASCOSTE, appare come divisa in due tra primo e secondo tempo. Il colpo di scena che svelera' il mistero alla base delle strane manifestazioni soprannaturali, infatti, non e' stato introdotto da nessun elemento narrativo. Si sprecano, dicevamo, i rimandi al Maestro del Brivido, da LA FINESTRA SUL CORTILE (1954, Pfeiffer osserva dalla finestra...), a PSYCHO (1960, la doccia...), a VERTIGO (1958, la reincarnazione...) a, appunto, IL SOSPETTO (il marito...). Inoltre la musica e' un palese omaggio a Bernard Hermann, che firmo' i grandi hitchcockiani.
Il finale che rimacina il topos del genere thriller con inseguimento, finte morti e resurrezioni a ripetizione, ricorda anche, nel ritmo e nella musica "alla hitch", lo scorsesiano CAPE FEAR (1991).
Dovendo fare un bilancio, e' un film che si guarda senza riflettere, avidi di sani colpi al cuore, come uno slasher adolescenziale, ma che rispetto alla media della produzione horror americana degli ultimi anni, ha uno stile e un patina decisamente superiori, un certo fascino morboso ed "antico", senza concessioni alla tecnologia.

Voto: 23/30

Roberto RICCO'
23 - 08 - 01


::: altre recensioni :::