vendicami di Johnnie To
con Johnny Hallyday,
Anthony Wong Chau-Sang |
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28/30
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Dopo che un gruppo di sicari effettua una strage nei sobborghi di Macao, il padre di una delle vittime (sopravvissuta ma in stato quasi catatonico) decide di trovare i colpevoli e vendicare la figlia. Per fare questo assolda un gruppo di killer professionisti e insieme a loro si aggira alla ricerca dei colpevoli.. Trovo che Johnnie To sia uno dei registi più interessanti degli ultimi anni. Guardare i suoi film fa lo stesso effetto che guardarne uno di Tarantino, si ha come l'impressione di riscoprire il cinema, di vederlo di nuovo con occhi densi di sorpresa e allegria. Virtuosismi tecnici che fioccano dappertutto, ma sempre funzionali alla storia, legati alla narrazione in maniera affettiva e sentimentale. Gli elementi su cui ruota il film sono la ricerca della propria identità e le relazione umane che ne scaturiscono. Tutto ciò viene raccontato attraverso il senso della vendetta (che non è un percorso verso il nemico, ma un percorso verso la nostra identità) e la cucina (che crea, alimenta e chiarifica i rapporti umani). La cucina soprattutto acquista in questo film un significato straordinario e per me, che vengo da una famiglia meridionale, profondo. è attraverso il cibo, attraverso la scelta di cucinare che si trasmettono gli affetti e si chiarificano i rapporti. In questo film solo i cattivi mangiano da soli, gli altri a tavola trovano il senso delle loro relazioni. Vendetta e cucina condita da sparatorie funamboliche. Chi ama il cinema non può che trovare elementi di cui innamorarsi. Altra scelta interessante è quella di scegliere un attore straniero per il ruolo principale. Si tratta di Johnny Hallyday (nella parte di Costello), celebre cantante e attore francese che restituisce al film in questione qualcosa di molto specifico. Uno straniamento fisico, in cui l'attore non nasconde il fatto di non capire il cantonese e di essersi messo a recitare senza capire quasi nulla né del dialogo con i suoi colleghi, né probabilmente trovando qualcuno alla fine della giornata di lavoro con cui parlare. Uno straniero in terra straniera che rende la solitudine e lo spaesamento elementi fisici, carichi di tenerezza. Come potrebbero gli scagnozzi da lui assoldati non innamorarsi di un cuoco francese con un passato da killer che non capisce una parola di cinese e che in più è affetto da un problema neurologico in cui perde la memoria? Il resto del cast è affidato ad un gruppo di attori facili da trovare nei film del regista cinese. Si tratta di Anthony Wong, Sugna Lam e Simon Yam che si rivelano non solo facce perfette per il loro ruolo, ma che restituiscono la chiara idea di cosa voglia dire professionalità e senso etico del lavoro. Probabilmente questa è l'infiltrazione della cultura occidentale dentro il grande drago Cina, in cui gli equilibri del potere sono intoccabili e in cui il padrone lo si rispetta in quanto padrone. L'idea di poter scegliere su basi di altra natura fa riflettere sulla permeabilità di Hong Kong. Un film che ragiona su una storia che ha la trama di una tragedia ma che funziona come un giocattolo caleidoscopico, esattamente quello che secondo me è senso del cinema, non il racconto della realtà, ma il racconto di come la realtà potrebbe essere. Un film per per gente che ama i duri, la cucina e che fa della cinefilia il suo lato oscuro. Non andate a vederlo a stomaco pieno. Fatevi prendere dalla quolina in bocca fra una scarica di piombo e l'altra e ricordate l'Italia e la Cina condividono due cose: una cucina straordinaria e una criminalità organizzata che sfocia nella mitologia. Da vedere.
07:05:2010 |
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Vengeance Hong Kong/Francia 2009, 108'
DUI: 30
aprile 2010 |
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