“Nel momento in cui seppi come era morto McAra avrei dovuto
alzare i tacchi e andarmene. Solo ora me ne rendo conto”.
è il pensiero del protagonista de “Il Ghost Writer”
(Mondadori 2007) di Robert Harris, noto editorialista del Sunday Times
divenuto famoso nel 1992 con “Fatherland” che lo consacrò come uno dei più
famosi ed apprezzati autori di fiction politica.
Ewan McGregor interpreta il Ghostwriter, l’uomo nell’ombra che riceve
l’incarico di terminare la scottante biografia del Primo Ministro Britannico
uscente Adam Lang, cominciata dal suo predecessore, lo scrittore Mike McAra
, deceduto in circostanze evidentemente sospette. Per seguire il progetto il
Ghostwriter è costretto a trasferirsi in una villa su un’isola con Lang
(Pierce Brosnan), la moglie Ruth (Olivia Williams) e la stretta cerchia di
fedeli collaboratori tra cui la supersegretaria Amelia (Kim Cattrall). Qui
ha inizio l’inevitabile discesa negli intricati meandri del potere politico
che risucchierà il Ghostwriter in una spirale di mistero e morte.
La sceneggiatura affronta la tematica del potere da un duplice punto di
vista: l’ambiguità dei rapporti umani e l’isolamento del leader politico. Lo
stesso Harris osserva: “All’apice della Seconda Guerra Mondiale Winston
Churchill camminava dal 10 di Downing Street al Parlamento con un solo
poliziotto dietro di lui e salutava con il cappello i passanti … Sono
assolutamente affascinato dal modo in cui i nostri leader sono diventati una
cosa separata dal resto di noi, perché questo non era mai accaduto in
passato”.
La regia di Roman Polanski marca stretto il protagonista affidando ai suoi
occhi il punto di vista dello spettatore che scopre le carte in tavola mano
a mano che il Ghostwriter compone il puzzle a partire dal mistero della
morte di McAra. La scelta di eliminare la voce fuori campo, inizialmente
prevista, contribuisce a calare lo spettatore nei panni dello scrittore e ad
alimentare la tensione, il mistero che aleggia sui personaggi.
L’ambientazione cupa e il grigiore della pioggia sono elementi scenici
fondamentali, non può esserci luce in un mondo fatto di sotterfugi, tiri
mancini e false identità.
La villa è un mondo a sé, rinchiusa sull’isola che la ospita, rinchiusa a
sua volta nello stato di New York; Gli Stati Uniti sono il paese amico di
Lang, l’Inghilterra quello ostile ma è anche la casa del Ghostwriter che
all’inizio della pellicola dice che vorrebbe scrivere il libro da Londra.
Gli ambienti sono come una scatola cinese, la villa è la scatola più
piccola, cupa e claustrofobica, il Ghotwriter si muove al loro interno come
in un labirinto senza uscita. Il racconto cinematografico è lento ma
inesorabile, non scade mai nella concitazione, è sempre pacato ed elegante,
conforme allo stile British che caratterizza lo humor dei personaggi (gli
stessi attori sono quasi tutti inglesi). Dice la Cattrall di Polanski: “Lui
ti conduce lentamente ma deliberatamente in una trappola e tu, come i
personaggi della pellicola, provi lo stesso effetto di climax”.
Polanski torna ai fasti del suo cinema più inquietante grazie alla sapienza
con cui la sua macchina da presa calamita i personaggi nel lato oscuro delle
vicende umane.
10:02:2009
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