
Xiao Ji e Bin Bin sono due amici senza lavoro nè talento che passano
le loro giornate, nella desolazione di una cittadina della provincia cinese
ai confini con la Mongolia, tra sale da fumo, corse in motorino, biliardo
e locali di terz'ordine. Il tempo è l'unico bene di cui dispongono
a piene mani ma del suo valore non hanno percezione alcuna, deambulando
come automi nell'attesa inerte che un'altro giorno finisca in tramonto.
Nessuno dei due crede che il futuro esista: Xiao Ji è innamorato
di Qiao Qiao, una modella che, scesa a compromessi con le sue ambizioni,
danza su palcoscenici improvvisati delle periferie più degradate,
in un tour a bordo di un furgoncino per promuovere il Mongolian King Liquor.
Il ragazzo di Qiao Qiao, oltre che suo agente, è un boss di mezza
tacca invischiato nel malaffare che impregna di lezzo maleolente l'aria
dell'agglomerato suburbano, scena degli eventi, e sfoga la sua prepotenza
brutalizzando chiunque incroci il suo passo. Stranamente Xiao Ji, al di
là dell'indifferenza per le cose che lo svilisce ed al suo intollerabile
modus vivendi più simile ad un galleggiamento privo di volontà
che al controllo attivo delle proprie azioni, non si lascia scoraggiare
dalle difficoltà che incontra e segue, percorre con lo sguardo,
adora da lontano quella ragazza che sembra troppo, pur nel suo fallimento,
per uno che non ha mai tentato di ottenere nulla. D'altro canto Bin Bin
percorre un cammino parallelo a quello dell'amico in una disarmante affinità
di vedute che mira, sembrerebbe, a far assurge a valore condiviso dalla
"new new generation" cinese l'apatia e l'atarassia. Bin Bin
è sottoposto a moltissimi impulsi esterni che, però, non
riescono affatto a scuoterlo: la fidanzata andrà all'Università
di Beijing per una laurea in economia, abbandonando, forse, definitivamente,
il mondo che li avvicina, e la madre lo spinge ad ad arruolarsi nell'esercito
per affrancarsi da un presente umiliante e spaventosamente vuoto. Bin
Bin non fa nulla per interagire con le persone che lo circondano e lascerà
partire la sua ragazza mentre asseconderà la madre forse solo per
evitare lo sforzo di contraddirla e si presenterà all'arruolamento
probabilmente perchè consapevole del fallimento della prova. E'
il 2001 ed i due amici hanno solo 19 anni.. è un anno per la Cina
in cui la realtà supera l'immaginazione teatrale o filmica.. un
anno di eventi sconvolgenti e fortissimi che i media amplificano fino
a renderli parte della memoria stessa di un popolo risvegliato al nazionalismo
e paradossalmente inserito, nello stesso momento, in un contesto di relazioni
sovra nazionali generato dall'entrata nella Word Trade Organization. Un
momento di esaltazione ed incongruenza, dunque, quello scelto da Jia Zhangke
per ambientare il suo quadro sgranato della realtà. Un momento
di fermento a fatica trattenuto che, però, può essere lo
stesso identico momento in cui due giovani senza ideali nè ambizioni
si lasciano scivolare via incuranti di tutto. Il titolo del film si riallaccia
alla tradizione della filosofia Taoista con particolare riferimento agli
scritti del pensatore Zhuangzi in cui veniva suggerito di godere i piaceri
della vita nella ricerca della suprema libertà. Il modo in cui
il regista cerca di comunicare il suo messaggio, però, anzichè
coinvolgere e disarmare, dapprima spiazza quindi infastidisce ed infine
annega qualsiasi buon intento nella pesantezza di infiniti silenzi tanto
freddi quanto inespressivi. Siamo i primi sostenitori di certe scelte
coraggiose che, con la potenza dell'immagine e la parola della sostanza,
rendono il non detto suprema poesia per lo spettatore ma, in questo caso,
il gioco sfugge davvero di mano al regista che sembra compiacersi in un
esercizio di stile da "maestro" che deve, per volontà
ferma e chiarissima, rimanere impenetrabile e probabilmente senza senso
alcuno agli occhi di chi guarda che, pertanto, diventa vittima cui imporre,
con la violenza di una pretesa intellettuale ingiustificata, 113 minuti
di sofferenza.
Voto: 21/30
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