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l'ultimo dominatore dell'aria di M. Night Shyamalan con Cliff Curtis, Dev Patel |
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10/30
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La necessità che Occidente ed Oriente si incontrino (o si scontrino) è diventata di recente sempre più urgente e sempre meno trascurabili sono i ruoli che i nuovi imperi di Cielo e Terra, Acqua e Fuoco rivestono nel delicati equilibri del planisfe-risiko futuro. Guarda che caso l'impero dominante è di colore azzurro, l'elemento più potente, l'Aria, è destinato a vedere la nascita del dominatore dei 4 elementi fra le sue molteplici fila di reincarnazioni dalai-lamiche con tanto di tatuaggio annesso e connesso test di riconoscimento oggetti delle vite precedenti. A contrastarlo, il focoso Sud, dove occhi scuri allungano bramosi sguardi di conquista sui (2)4 territori e, in automatico, diventano i nemici solitari (di tutti gli altri). C'è da dire che le alleanze così subdole non sarebbero da permettersi in un gioco ideale, mentre (noia) il puro Nord è sempre dalla parte dei Buoni e dei Giusti, forse in quanto bianco o in quanto neve o in quanto patria di Babbo Natale. Peccato, perché anche in un cartone animato è sempre più interessante dire le cose come stanno davvero, e cioè che non esistono i buoni e i cattivi - perlomeno per come qui li si intende - e che gialli, neri, rossi o blu, il mondo lo vorrebbero tutti di un solo colore: il loro. Più intrigante del film è il dietro le quinte della genesi dello script, che vede Mr. Shymalan seduto sul divano del sabato mattina guardare il mondo attraverso gli occhi dell'infanzia (dei suoi figli) e cadere rapito dalla saga di cartoni animati da cui il film trae ispirazione (Avatar - La leggenda di Aang). Lo scontro è tutto cin-diano, in un realistico spostamento dell'asse centrale del mappamondo verso Est, cosa che il nostro buon Matteo Ricci aveva suggerito giusto qualche secolo fa - correva l'anno 1602 ed erano i tempi gloriosi dei grandi pensatori italiani (dimenticati). Provare a viaggiare su un autobus pubblico fra Zenghzouh e la sacra scuola shaolin, può allora spiegare in larga parte la discontinuità di racconto che caratterizza tutte le B-saghe di kung-fu movies a volume altissimo che spopolano nel quotidiano d'oltremuraglia e che si ritrovano ampiamente in questo Ultimo dominatore dell'aria, al punto che si potrebbe quasi arrivare a parlare di un'incomprensione di fondo della critica (in larga parte americana) che in questo film non è riuscita a ritrovarsi (anche perché l'America in questo film non c'è proprio). Tutto vero, Mr. Shyamalan, non fosse che la stessa pellicola è stata girata grazie al contributo di 150.000.000 di verdoni sonanti della Paramount (spesi malino direi, persino nel 3D e negli effetti speciali, neanche tanto speciali), e che il film mirava ad essere il nuovo Avatar 2 per rivolgersi ad un pubblico fondamentalmente americano. E' qui che il piccolo Aang non si avvicina nemmeno alle vette magistrali del maestro di Kill Bill o all'intramontabile poetica di Primavera, Estate, Autunno, Inverno.. e ancora Primavera. Ne risultano dunque una regia a singhiozzo, una storia sconnessa che in molti punti è faticosa da seguire e dei personaggi assai poco convincenti, mentre l'intreccio filosofico a cui si vuole fare riferimento non è che un pallido guizzo del pesce rosso di Zhuāngzǐ.
'Sii prudente, non vagare a casaccio qua e là sul goban.' (Otake Hideo, 9° dan)
16:10:2010 |
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the last
airbender
DUI: 24
settembre 2010 |
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