
Il regista di
Segreti e bugie ritorna al
cinema con una nuova storia di gente comune. Mike Leigh racconta questa
volta la storia di un condominio della periferia inglese in cui tra
disoccupazione e lavoro precario, le vite di alcune famiglie scorrono sempre
uguali alla ricerca di una dignità che viene loro negata. Phil, interpretato
dall’attore Timothy Spall, che col regista ha già lavorato in
Topsy Torvy,
Segreti e bugie e
Dolce è la vita, è un
tassista privato, che noleggia la sua radio per il taxi da un giovane
imprenditore di colore. Penny, interpretata da Lesley Manville, è la
convivente di Phil che lavora al supermercato insieme alla sua vicina di
casa Maureen. La figlia di Maureen, Donna, è una bella ragazza fissata con
le diete. Il tempo che le rimane dopo il suo lavoro di cameriera in un bar,
Donna lo passa col suo ragazzo, un giovane soprannominato Scarface a causa
della sua vistosa cicatrice sulla guancia destra. Il regista ci racconta
diverse storie comuni ambientate in casa, in auto, nel cortile del
condominio, sul posto di lavoro e nei pub. Colpisce molto per la precisione
del movimento, la panoramica verticale che scopre una serie di alloggi tutti
identici che sembrano non finire mai. La lentezza è la cifra stilistica
della citata inquadratura come della maggior parte dei dialoghi e delle
musiche. Una lentezza che serve al regista per darci il tempo di osservare
una realtà che ci riguarda molto da vicino ma che spesso ci sfugge. Una
lentezza che è lo stile della comprensione, il frutto della meditazione
riguardante l’oggetto e che ci viene regalata proprio perché chi l’ha
raggiunta attraverso una dolorosa presa di coscienza, vuole che abbandoniamo
per qualche decina di minuti i ritmi televisivi e cominciamo a capire la
realtà. Ma è sempre attraverso questa lentezza consapevole che Leigh
comunica anche una sorta di ironia riguardante i personaggi, i quali,
scostandosi così grandemente dai nostri ritmi divengono per alcuni istanti
oggetto di scherno. Uno strano meccanismo bipolare si impadronisce di noi e
non sappiamo se amare Phil per la sua povertà-ingenuità o schernirlo proprio
per questo. Il conflitto così si sposta dal protagonista allo spettatore, il
quale diviene il vero campo di battaglia delle emozioni filmiche e,
costretto a prendere le parti di qualcuno, decide o di prendere quelle del
protagonista o le proprie. Torniamo ora allo stile del film. Ugualmente
efficace è il commento sonoro anche se tende fin troppo a sottolineare la
già forte atmosfera di cupa tristezza che aleggia nel condominio. I dialoghi
sono curati in maniera maniacale in modo tale da risultare più che
realistici: la madre che invita il figlio alla compostezza, i racconti della
giornata lavorativa che Leigh porta a cavallo tra demenza e saggezza
popolare, le brevi battute del vecchio che lavora nella casa di cura con la
figlia di Phil, i battibecchi tra Maureen e Donna riguardo la sua strana
dieta a base di patatine fritte, tutto ciò che viene detto nel film è reale
quanto le cose che ascoltiamo nella vita di tutti i giorni. Resosi conto
della monotonia cui arriva un meccanismo del genere, il regista aggiunge una
“riunione” finale di stampo buonista in cui il livello linguistico si
modifica quel tanto che basta per portarci nel mondo della finzione. Così i
personaggi iniziano a parlare d’amore e non amore, di matrimonio e non
matrimonio. In breve si inizia a parlare come nei film. E’ in questo doppio
utilizzo del dialogo che denotiamo una certa contraddizione nella scelta
stilistica del regista. Una volontà, da una parte, di dire la realtà come
essa è, e dall’altra, di regalare la più classica delle solfe
lieto-finaliste. Resta il fatto che i nostri protagonisti, pur essendo
cresciuti, rimangono nel loro bell’alveare con un figlio formato famiglia
che non hanno saputo educare a nulla, una figlia che di li a poco si ridurrà
come il fratello e con dei vicini dei quali nessuno avrebbe mai voluto
sentir parlare. E’ per questo che Leigh si merita di essere annoverato
comunque, nonostante la scivolata “cinematografica” finale, tra i registi
contro, ovvero tra coloro (sempre più numerosi) che cercano di mettere in
evidenza il malessere di questa società al posto dell’ostentazione
hollywoodiana del benessere. Molto importanti per Mike Leigh sono gli
attori, i quali non hanno nulla degli stereotipi dei belli hollywoodiani. Il
protagonista Timothy Spall, che ha lavorato con maestri quali Bernardo
Bertolucci, Clint Eastwood e Kenneth Branagh, ha il viso di un uomo
qualsiasi ma recita in maniera straordinaria, tanto che la Regina Elisabetta
lo ha nominato Ufficiale dell’Ordine dell’Impero Britannico per il suo
contributo alle arti. Un cast di attori straordinari mette in scena, in
un’atmosfera cruda ma poetica, un film che solo Mike Leigh è in grado di
girare.
Link:
http://www.bacfilms.com/tout/
Voto:27/30
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