
IL TRIONFO DELL'AMORE è leggero e spensierato nei modi e nei contenuti.
La sequenza iniziale denuncia da subito il regime di finzione nel quale
stiamo entrando: le due protagoniste in carrozza - la principessa e la
cortigiana ma anche Mira Sorvino e Rachael Stirling - si stanno calando
nei panni di due personaggi che reciteranno diversi ruoli al fine di far
emergere "la verità", cioè l’amore. Tutti si innamorano
di Aspasia/Fozio, animata da buone intenzioni ma soprattutto intenzionata,
non disdegnando arditezze quando la posta in gioco richiede coraggio,
a vivere il suo amore per Agis e a svelare che in fondo l’odio e il razionalismo
delle virtù nascondono soltanto la paura d’amare di chi li coltiva.
Il film è tutto permeato dunque di dialoghi scontati, soluzioni
prevedibili e di qualche estetismo nella fotografia e nelle inquadrature
d’esterno - dove l’architettura e la natura inglese fanno da soli la metà
del lavoro – che dovrebbe salvare il film dalla banalità. Il finale
felice toglie anche quel po’ di amaro da melo che la regista avrebbe potuto
regalarci offrendoci, ed evitando di portarle a buon fine, le tresche
della protagonista come il vero divertimento di quel gioco amoroso il
cui valore stava proprio nel volerlo giocare e non nel vincerlo. Ma Clare
Peploe ha ben pensato invece di stemperare questo trionfo amoroso, che
altrimenti sarebbe stato veramente "incredibile", con un finale
"più vero" in cui gli interpreti della pièce vengono
avanti sulla ribalta, con vestiti contemporanei di fronte ad un pubblico
che, ora lo capiamo, avevamo visto baluginare in qualche breve fotogramma
durante il film sotto gli occhi sbalorditi dei personaggi che vivevano,
pienamente immedesimati, nel loro XVIII° secolo. Insomma una sovrapposizione
di teatro, cinema e vita in cui nessuno ci guadagna e tutti hanno da perdere
Voto: 19/30
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