
Thomas ha 32 anni, da 8 non esce di casa: è agorafobico, grave, teme gli
spazi grandi e ogni contatto umano, tanto che non solo non lascia mai
il suo appartamento, ma non permette a nessuno di entrarvi. E' attraverso
il suo computer che comunica con la madre, lo psicologo, l'agenzia d'assicurazione
- la cui denominazione, Globale, è tutto un programma - che gestisce la
sua vita da quando si è rinchiuso in casa, e infine il sito del sesso,
dove Clara, la patner da lui stesso assemblata (voce sensuale alla Marilyn
Monroe, corpo generoso e scattante alla Lara Croft), lo aspetta per offrirgli
sempre nuove situazioni introduttive agli incontri sessuali, che consuma
munito di tuta cybersex. Neppure il sesso infatti riesce a tirarlo fuori
di casa o a far sì che qualcuno vi acceda, per quanto l'orgasmo on line
alla fine l'annoi.
L'apertura del film, che ci proietta immediatamente in una navigazione
cybersex, nello specifico un rapporto in assenza di gravità, è un inizio
forte, una bella mossa strategica per accattivare lo spettatore, che in
più si avvale di una buona animazione digitale; curiose poi le modalità
di svolgimento dell'amplesso, attraverso una voce fuori campo che segnala
il raggiungimento delle varie tappe, regalando un piacevole senso del
ridicolo che fa sorridere.
Segue una caduta di ritmo narrativo, in cui però si dipanano gli elementi
fondamentali della fabula e lo spettatore ne è così messo a conoscenza.
Si noti che per tutto il film il volto del protagonista non è mai visibile,
il suo sguardo infatti coincide con il nostro, in una soggettiva totale
e in un lunghissimo piano sequenza su di un piano fisso, che se non altro
è particolare.
Si entra così nella narrazione. Attraverso lo psicologo e l'assicurazione,
Thomas entra in contatto mediatico con delle donne. Alcune hanno aderito
come lui (benché forzatamente, poiché iscritto dallo psicologo) al club
degli incontri, altre sono prostitute di una casa di appuntamenti on line.
Diffidente di entrambi i siti, di cui teme invasioni nel suo mondo protetto,
Thomas resta tuttavia alquanto turbato quando incontra donne che mostrano
una certa sensibilità, quella sensibilità che lui ha sotterrato da anni.
Prima è rapito, anche se non subito, da una ragazza del club, Melodie,
che gli parla con sincerità e dolcezza, poi resta del tutto impietrito
dalle lacrime di una delle prostitute, Eva. Sarà costei a provocare un
cambiamento nell'essere di Thomas, a risvegliare la sua umanità.
I passaggi dal punto di vista narrativo sono un po' troppo repentini,
quasi da cortometraggio, il che lascia lo spettatore a tratti incredulo,
vista la lentezza con cui il testo si sviluppa. La stasi, infatti, la
caduta di tono è il rischio di quest'opera. Vengono in soccorso le incursioni
nel cybersex e la scenografia colorata, vagamente futuristica, che ricorda
le ambientazioni dei videoclip - non in senso spregiativo s'intende, forse
solo si potevano cercare stimoli cinematografici di maggiore incisività.
Ad un primo livello d'analisi quest'opera appare una condanna, un monito,
o solo paura per un'esistenza totalmente mediatica, tuttavia il film spinge
anche ad una riflessione inversa, per quanto probabilmente non nelle intenzioni
dell'autore: la comunicazione mediatica è poi così terribile? Senza di
essa come sarebbe la vita di chi non può, o anche non vuole, uscire di
casa? La riflessione va nei due sensi.
Un film con pochissimi elementi d'intreccio, giocato sui dialoghi, sul
dire e non dire - e qui lo spettatore è chiamato in causa. Ci sono pochissime
azioni, di cui solo due sono poi rilevanti (la causa del cambiamento ed
il cambiamento stesso), tutto si concentra in parole e immagini, è l'invasione
dello sguardo, il dominio dell'icona, mentre la realtà e le azioni restano
fuori. Renders suggerisce soltanto, lascia agire il fuori campo; ciò che
mostra è l'artificiosità - tema di fondo e light-motive che si esplicita
in una proliferazione di elementi concreti - artificiosità del cybersex,
di computer e web cam, di tatuaggi che decorano e mascherano i volti:
identità che non si rivelano, filtrate come sono dal trucco estetico e
dalla tecnologia, approcci tutelati, premesse di incontri calcolati che
acquistano umanità solo, eventualmente, in un secondo momento.
Non è solo un film sulla tecnologia, ma anche sull'interiorità, sulle
paure e sui desideri, sulla voglia di comunicare, piuttosto anche attraverso
un monitor (è questo forse il risvolto positivo dell'informatica?) se
nella realtà è così difficile. E a provocare Thomas non è un banale desiderio
di sesso - che accessibile a comando grazie alla tuta cybersex, finisce
comunque per annoiare - ma di un contatto umano più profondo, magari anche
doloroso, come le lacrime di Eva, ma vero, e non vero solo perché non-mediatico.
La cosa interessante di THOMAS IN LOVE è che apre un dibattito su argomenti
sempre più attuali per un numero molto esteso di persone e suggerisce
riflessioni diverse: sul web, sui rapporti umani, sul cinema.
Voto: 25/30
|